SUPERMAN
Partono a Goteborg i mondiali di atletica: dopo dodici anni di dominio, Cari Lewis non è più la stella Partono a Goteborg i mondiali di atletica: dopo dodici anni di dominio, Cari Lewis non è più la stella Ma ricerca di SUPERMAN Da Christie l'ultimo acuto? GOTEBORG DAL NOSTRO INVIATO C'era una volta un re. Si chiamava Cari Lewis. Dalla prima edizione dei Mondiali, nel 1983 a Helsinki, le vigilie dei grandi appuntamenti sono vissute ipotizzando quante medaglie avrebbe conquistato, quali imprese avrebbe regalato alla storia dell'atletica. In pratica si è dovuto tornare in Scandinavia, dodici anni dopo, per accorgersi che siamo davvero tutti più vecchi, anche il re. Infortunio a parte (è difficile che Lewis partecipi alla gara di salto in lungo, l'unica cui è iscritto), The King non è più il personaggio n° 1 dei Mondiali e deve essersene brutalmente accorto ieri alla conferenza stampa in cui la Nike presentava i campioni che sponsorizza. A catturare l'interesse generale è stato soprattutto Michael Johnson, l'uomo che tenta la doppietta 200-400 mai riuscita a nessuno nelle grandi manifestazioni e che aspira a essere il nuovo, ideale, incontrastato leader dell'atletica mondiale. Mai come ieri siamo stati vicini a Cari Lewis, campione neppure troppo simpatico, ricordando un episodio di 14 anni fa a Firenze. Era una delle prime volte che il ragazzo dell'Alabama varcava l'Oceano per gareggiare in Europa, la sua disponibilità e cortesia erano genuine. Intorno a lui si era una dozzina di giornalisti. Ad un tratto ecco comparire Sebastian Coe e subito buona parte degli intervistatori cambiare obiettivo. «Ecco - sorrise a denti stretti Cari - voglio diventare qualcuno anch'io, così la gente, quando mi vede, mi riconosca subito». Ha mantenuto la promessa. Oggi deve essere difficile per lui rientrare nei ranghi. Cari, cosa ne pensi dei 100? «Ma io i 100 non li corro». Cari, che ci dici di Pedroso? «E' bravo, ma io nel salto in lungo difficilmente gareggio». Cari, perché sei venuto a Goteborg se non gareggi? «Perché sono Cari Lewis». Ecco, in poche battute la fotografia della situazione. Ma, è ovvio, l'atletica non si ferma e cerca il suo nuovo vate. Sarà Michael Johnson oppure l'astista Bubka, che sempre ha vinto da quando si assegna il titolo iridato? Sarà Morceli che nel mezzofondo ha già cancellato il mito di Aouita oppure Kiptanui o Gebresilasie, nuovi eroi della corsa prolungata? Sarà il fenicottero Sotomayor oppure il decatleta O'Brien? Sarà invece un «nuovo» come l'ottocentista Kipketer o il lunghista Pedroso o il triplista Edwards? La risposta verrà dai nove giorni di gare, anche se fin da ora si vede come tra i papabili manchi un rappresentante dello sprint puro, capace di regalare sensazioni violente. E' un momento di cambio generazionale. Fredericks non appare al meglio, Mitchell e Marsh non convincono appieno. Bailey, la novità, ha 28 anni, non è quindi un bambino. E nonno Christie è al passo d'addio. Lo ribadisce senza mezzi termini: «La mia decisione l'ho presa da tempo, anche se c'è chi continua a non volermi credere. Le gare di Atlanta le guarderò alla tivù». Di più il britannico non spiega. Indubbiamente non c'è gran feeling tra lui e la sua federazione, con la quale è in piena rotta anche Colin Jackson. Ma questo non basta a chiarire, né Linford ha voglia di farlo. Accetta invece di parlare della gara che lo vedrà subito impegnato, i 100. «Il canadese Bailey, che quest'anno ha corso in 9"91, è l'avversario più pericoloso e sarà una bella battaglia. Io ho avuto qualche problema ma adesso è superato. E poi i grandi atleti danno sempre qualcosa di più nei momenti importanti. Le motivazioni non mancano: basta pensare al podio, a quando suonano le note dell'inno, alla gente che si alza felice per applaudire. No, chi crede che esistano soltanto i soldi sbaglia di grosso». I 100 come favorito, poi i 200 e la staffetta? «Favorito? - replica Christie - In fondo è vero, lo dicono i tempi anche se mi basta un ruolo di outsider. Sulla distanza doppia invece è una sfida che mi eccita ma che neppure io so come andrà a finire. Poi c'è la staffetta: peccato manchi Colui Jackson, ma possiamo ottenere egualmente un buon risultato». Se vince una medaglia, sarà il primo «nonno» sul podio iridato dell'atletica... «Cosa? Io sono qui per fare atletica. Le mie storie sono fatti miei e ne parlo con chi voglio» è la risposta secca, con cui si chiude il discoreo dei suoi famigliari. Christie non parla d'altro: che aspiri anche lui a cancellare il mito di Lewis e diventare il nuovo punto di riferimento dell'atletica? Potrebbe essere la chiave per fargli cambiare idea e ritrovarlo in pista ad Atlanta, a difendere il titolo vinto sui 100 a Barcellona. Giorgio Barberis f[l PRIMI 8 PI SEMPRE SUI 100 M 9"86 9"85 'Presenti a questi campionati BEKmSI Christie, tre stelle dell'atletica mondiale; quando l'inglese si ritirerà, l'ucraino diventerà il candidato più autorevole al trono di «re Cari»
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