Le strade della memoria la speranza di casa Contrada

La Serbia i massacri e i Papi lettere AL GIORNALE Le strade della memoria; la speranza di casa Contrada La piazza Nenni e le abitudini I signori Bertaccini, Bertoni e Magnani bollano, su la Stampa del 2 agosto, come «assolutamente scorretto» (ohibò) il mio intervento su Piazza Nenni a Faenza e riprendono l'argomentazione che «il nome di piazza Nenni non è assolutamente entrato nell'uso corrente dei cittadini»: un'argomentazione, questa sì, «assolutamente scorretta». E' ovvio che quando si cambia il nome di una strada o di una piazza, ci vuole tempo perché il nuovo nome entri «nell'uso corrente dei cittadini». A Roma, una giunta di sinistra ha intitolato la vecchia Via del Mare a Luigi Petroselli, compianto sindaco comunista della città. Anche il nome di quella centralissima strada non è «entrata nell'uso corrente dei cittadini» romani. Facciamo l'ipotesi che una giunta di centro-sinistra, ad esempio quella guidata dal socialista Carraro, avesse usato l'argomento dei miei critici per cancellare via Petroselli: non credono i signori Bertaccini, Bertoni e Magnani che i comunisti avrebbero fatto le barricate? I miei feroci critici del resto hanno scritto su La Stampa per difendere la decisione della giunta di Faenza la quale invece li ha smentiti: ci ha «ripensato», come titola la notizia l'Unità, ed ha saggiamente lasciato le cose come stanno. Giuseppe Tamburrano Presidente della Fondazione Pietro Nenni, Roma Una «via crucis» per prendere l'aereo Questa mattina ho accompagnato in macchina mio figlio da Torino a Malpensa per un volo a N.Y. Per raggiungere Malpensa ho percorso l'autostrada GenovaGravellona con deviazione per Milano uscita Vergiate. In proposito desidero evidenziare: 1) All'uscita di Vergiate la segnalazione Aeroporto di Malpen- sa è totalmente coperta da altra segnalazione stradale e perciò invisibile. 2) Le successive segnalazioni fino all'aeroporto sono rare e, contrariamente ad altre segnalazioni sicuramente di minore interesse, minutissime. 3) Il vigile urbano addetto al servizio anziché adoperarsi per aiutare gli utenti alla sosta per l'accesso alla stazione dei familiari, neonati e bagagli compresi, era soprattutto intento a insultare e a dare multe. 4) Il parcheggio a servizio dell'aerostazione è costoso, lontanissimo e scomodissimo. Ciò detto gradirei conoscere la motivazione che esclude TorinoCaselle dai voli diretti a N.Y. tenuto conto che Caselle è ottimamente attrezzata. Carlo Fenoglio, Torino Federalismo e gabbie sociali Siamo sicuri che il federalismo sia la panacea contro tutti i nostri mali? In merito mi permetto avanzare qualche riserva e, a tal proposito, per brevità, mi limito a sottolineare soltanto i seguenti particolari. Il miracolo economico, durante il quale Catania fu definita la piccola Milano del sud, lo realizzammo quando l'Italia era veramente uno Stato unitario e non erano ancora state costituite tutte le regioni. Le gabbie salariali, che preferisco definire zone salariali, esistevano in tutta Italia, circa 30 anni fa, addirittura nell'ambito di una stessa provincia tra grandi città e piccoli comuni. Se, per un certo periodo, si ripristinassero le zone salariali, il sud, grazie al conseguente afflusso di capitali nazionali ed esteri, si libererebbe dall'attuale galera salariale (altro che gabbia!) che l'opprime con la delinquenza, la disoccupazione, l'assistenzialismo ed il lavoro in nero, probabilmente molto diffuso. Checché se ne dica, il costo del lavoro incide sui prezzi di vendi- ta. Ne consegue che le zone salariali non ridurrebbero il potere d'acquisto dei lavoratori meridionali perché le merci, prodotte in loco, costerebbero di meno. L'alternativa alle zone salariali è l'assistenzialismo fallimentare, finanziato anche con le imposte pagate dai meridionali che lavorano al sud ed al nord. che alimenta la corruzione e favorisce le. industrie del nord grazie all'acquisto d'impianti e di beni di consumo destinati al mezzogiorno. Lo sviluppo della Val Padana è avvenuto anche grazie alle rimesse degl'italiani del sud emigrati all'estero, con le quali i parenti rimasti in patria acquistavano merci prodot¬ te in massima parte al nord. L'unità nazionale, nostro bene prezioso, è un formidabile baluardo a difesa della nostra indipendenza e delle nostre libertà, compresa quella di scherzare con l'Italia; infatti la nostra patria, quando era divisa in tanti staterelli formato francobollo, per non parlare del lombardo-veneto sotto il dominio straniero, contava come il due di coppe con briscola a spade ed era continuamente soggetta alle scorribande delle soldataglie straniere. 1 motivi per il mantenimento dello Stato unitario sono di gran lunga più numerosi di quelli per realizzare lo Stato federale. Anzi, non vedo alcun valido motivo. Per far quadrare i conti non c'è alcuna necessità di ricorrere al federalismo. In un momento storico delicatissimo, come quello che l'Europa sta attraversando, un'Italia seria, economicamente forte e ben unita è una garanzia per la pace, per gli equilibri del nostro Continente e per l'unico federalismo auspicabile: quello europeo, preferibilmente dall'Atlantico agli Urali e, possibilmente, sino al Pacifico. Armando Pupella, Palermo Carcere, giustizia e opinione pubblica In questo momento particolare non posso non rendervi partecipe della mia gioia, sperando che presto a mio marito Bruno venga anche riconosciuto di essere stato e di essere un fedele Servitore dello Stato. Nel ringraziarvi vivamente, vi prego di continuare a sostenere battaglie per la Giustizia e per il Diritto a favore di tutti quei cittadini che ancora vivono quel dramma dal quale noi, grazie anche all'attenzione dell'informazione e dell'opinione pubblica, siamo finalmente venuti fuori. Grazie! Adriana Contrada, Palermo Cambio automatico e testa di uomo Rispondendo alla lettera del 23 luglio nella quale il Sig. Manfredi suggerisce di convertire tutto il parco auto degli italiani passando a vetture con cambio automatico, mi viene da chiedere se l'autore della lettera una macchina con cambio automatico l'abbia mai guidata veramente. Io purtroppo si, negli Stati Uniti. Devo ammettere che tornato all'aeroporto di Caselle non sono mai stato così felice di poter guidare nuovamente la mia con cambio tradizionale. Il lettore sostiene di aver sentito alcuni ragazzi che, affermando di non essere handicappati, sostenevano di non aver bisogno di una macchina a cambio automatico. Sappia allora che in Usa sono veramente pochi coloro che sono in grado di usare una macchina con cambio manuale e che se si chiede invano di poterne affittare una, si viene considerati come un genio del volante, vista l'enorme difficolta di guida richiesta. Ricordo ancora la frase «You must be a very good driver for...» (devi essere un guidatore molto capace per...). C'è anche il problema della sicurezza. A scuola guida, se ricordo bene, ricordo di aver appreso che non si deve mai cambiare mentre si sta conducendo una curva. E' proprio quello che a me è successo negli Usa in uscita da un'autostrada, in piena curva quell'infernale meccanismo ha deciso di cambiare. Fortuna che la velocità era moderata e che il fondo stradale era pulito. Rilassatezza nella guida? Il problema del cambio automatico non sta solo nel fatto che è lui a decidere quando cambiare, decide anche come sfrizionare. E' quindi comune vivere con il patema d'animo tutte le volte che c'è da inserirsi nel flusso del traffico, non potendo mai prevedere la ripresa della propria auto in relazione agli spazi disponibili. Non è quindi il caso di scomodare gli africani per capire che gli italiani vogliono guidare la propria macchina e non essere guidati da essa e che mai io, essere pensante e dotato di una seppur minima intelligenza, affiderò la mia incolumità ad un aggeggio meccanico la cui capacità decisionale è di poco superiore a quella di una melanzana. Andrea Bucci, Torino