«Aguzzini, vi vorrei picchiare»

«Aguzzini, vi vorrei picchiare» «Aguzzini, vi vorrei picchiare» La rabbia di uno dei gay aggredito a Roma ROMA. «Quella che abbiamo vissuto è una violenza come tante altre. Abbiamo avuto paura. Poteva andare anche peggio. Siamo vivi. E continueramo a credere in una società migliore e senza discriminazioni». Andrea Gaudenzi, uno dei due giovani gay violentati mercoledì notte da un gruppo di immigrati rumeni, è forte e lucido. Capelli corti, atteggiamento per nulla effeminato, ha ancora voglia di parlare della terribile esperienza. Più fragile e provato Leonardo che da quella notte non riesce più a dormire. C'è paura nelle parole dei due, ma anche soddisfazione per l'arresto di cinque responsabili e speranza che la loro testimonianza serva alle vittime di violenze che restano nell'ombra per paura o per vergogna. «Mi auguro - dice Andrea - che la nostra denuncia ser¬ va a spezzare il silenzio di tutti quelli - donne, omosessuali, deboli - che vengono violentati o maltrattati». Ma soprattutto nei ragazzi c'è il desiderio di dimenticare, di lasciarsi alle spalle quella che chiamano «la storiacela». Una terribile avventura che Andrea e Leonardo hanno dovuto ricordare ieri davanti al sostituto procuratore Nicola Maiorano. Al magistrato hanno confermato la ricostruzione dei fatti: il sequestro a piazza Lodi, le botte, lo stupro in un casolare abbandonato in vicolo del Mandrionc, la fuga. Sull'episodio prosegono le indagini della polizia per rintracciare altri due immigrati rumeni che i ragazzi hanno indicato come responsabili della violenza: il presunto capo del gruppo, un uomo di 40 anni basso e baffuto, che si chiamerebbe Dani, e un giovano alto e biondo. Sarebbero stati infatti sette e non quindici a partecipare materialmente allo stupro. Un gruppo di immigrati tutti privi di permesso di soggiorno che vivacchiava racimolando mance come lava-vetri. «Quando ci hanno convocato in Questura per riconoscerli - dice Andrea - avrei voluto ammazzarli di botte, ma gli agenti mi hanno trattenuto». Sono le uniche parole di rabbia che gli escono dalla bocca. Per il resto c'è solo il desiderio di vivere nella normalità. «Gli eterosessuali - continua quelli che la società considera normali, avvicinano sempre il termine omosessualità al sesso, all'erotismo, alla dissolutezza. Non è cosi. Noi con i nostri amici siamo abituati a ben altro. La sera, quando ci si incontra, si parla di cinema, di arte, di letteratura, delle nostre passioni insomma, della nostra vita». Una coppia circondata dall'affetto di parenti e amici: nella grande casa che dividono con altri studenti fuori sede, il telefono non smette di squillare: «Dopo quello che è successo dice Andrea - tranquillizzare i genitori è stato difficile: ho poco più di venti anni: per loro sono un ragazzo indifeso. Ma li ho educati bene. Sono contenti di me e fieri del coraggio che abbiamo mostrato denunciando l'aggressione». Nessuna intenzione di lasciare Roma, dove si sono trasferiti Leonardo da due aiuti, Andrea da uno. Una città che Franco Grillini, presidente dell'Arcigay ha definito «a rischio». Ma i due ragazzi non vogliono usare toni di allarme: «Roma non è una città a rischio. Semmai è una metropoli che ha conservato il provincialismo e il bigottismo dei piccoli centri. Sono queste le uniche cose che, come omosessuali ma soprattutto come individui, ci hanno sempre dato fastidio». Grillini ha scritto una lettera aperta al ministro dell'Interno Coronas in cui dice che gli episodi di violenza denunciati «sono solo la punta di un iceberg». I due gay aggrediti a Roma

Persone citate: Andrea Gaudenzi, Coronas, Franco Grillini, Grillini, Nicola Maiorano

Luoghi citati: Roma