Il silenzio dei fratelli slavi

Eltsin ammonisce le «potenze alleate di Tudjman» e resta in attesa Eltsin ammonisce le «potenze alleate di Tudjman» e resta in attesa Il silenzio dei fratelli slavi Da Mosca e Belgrado soltanto parole MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un Andrei Kozyrev affaticato, teso e deluso ha dato ieri la stura alle tutto sommato modeste reazioni di Mosca all'imponente offensiva croata contro la Kraijna. La condanna della scelta bellica di Zagabria è esplicita. Ma il Cremlino, per ora, non va oltre le parole, anche se accomuna nella critica non solo la Croazia ma anche così suona il comunicato ufficiale russo emesso fin dalle prime ore del mattino di ieri «quei Paesi che si considerano amici della Croazia», i quali non hanno voluto trattenere Zagabria nella sua decisione di risolvere con la forza il problema della Kraijna, unita alla trasparente intenzione di «ingerirsi» nel «conflitto interno alla Bosnia-Erzegovina». Coloro che spingono all'uso della forza - aveva proseguito il ministro degli Esteri russo «prendono su di sé una responsabilità molto grave per le imprevedibili conseguenze di un'estensione del conflitto». E il comunicato ufficiale, trasmesso dall'agenzia ItarTass, mette in guardia che «un'ulteriore prosecuzione delle azioni croate nelle zone dove vivono i serbi, nel proprio territorio e in Bosnia, può condurre a un radicale mutamento del carattere del conflitto in tutto lo spazio dell'ex Jugoslavia e produrre conseguenze che non sono state misurate né a Zagabria, né in quelle capitali che, a dispetto delle deboli proteste, di fatto hanno solidarizzato con l'azione militare della parte croata». E Kozyrev non trascura di contrapporre tali atteggiamenti alla «moderazione» mostrata fino a questo momento da Belgrado. Un modo per far capire che Mosca è ancora in grado di esercitare un'azione moderatrice sulla Repubblica Federale di Jugoslavia e su Miloseviu in particolare, e che l'Occidente farebbe bene a tenerne conto. In effetti, per ora, Mosca sembra avere ottenuto garanzie da Belgrado che non si andrà oltre la protesta. E Milosevic ha ripetuto pari pari le tesi di Mosca. La sua dichiarazione, dopo la richiesta alla comunità internazionale di «non tollerare l'aggressione croata», ribadisce che «occorre prima di tutto prevenire l'allargamento dei combattimenti per porre fine alJe ostilità e creare le condizioni per proseguire i negoziati». Kozyrev gli fa eco, perfino con toni più duri di quelli di Milosevic: «La parte croata ha violato una serie di risoluzioni del Consiglio di sicurezza, ha ignorato l'appello diretto del segretario generale dell'Onu ad astenersi dall'uso della forza. E' stato inferto un colpo duro contro tutti gli sforzi della comunità internazionale diretti a risolvere non solo il conflitto croato ma anche quello bosniaco». Milosevic vanta il sostegno di Belgrado agli sforzi del mediatore Onu, Stoltenberg, a Ginevra, Kozyrev ribadisce che «esiste palesemente un'alternativa politica», che aprirebbe la possibilità di negoziati diretti tra Zagabria e Knin. Perché - si chiede il ministro degli Esteri del Cremlino - «queste possibilità vengono frenate?». Perché la stessa cosa si fa con il piano Bildt, che potrebbe essere immediatamente assunto per avviare il negoziato tra bosniaci e serbi? L'accusa è diretta trasparentemente ai partner occidentali, nessuno dei quali viene però specificamente indicato. Solo Zagabria riceve la sua dose di critiche con annesso indirizzo. «Con nostro grande rammarico la parte croata non ha mostrato alcuna disponibilità all'elaborazione di un accordo, prendendo una posizione ultimativa. Non si può che concludere che Zagabria era fin dall'inizio orientata verso una soluzione esclusivamente militare». Mosca, tuttavia, non alza il tono oltre questo livello. Il profilo è basso, anche nell'attesa di vedere cosa accadrà sui campi di battaglia. Se le posizioni serbe dovessero diventare critiche - Mosca lascia intendere - la situazione potrebbe mutare e Mosca potrebbe non poter trattenere Belgrado, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Resta aperto l'interrogativo, che il Cremlino per ora non scioglie, su cosa farà Mosca in questo caso. Ed è un interrogativo inquietante. Eltsin non può permettersi, data la situazione politica a Mosca, di lasciare i serbi a misurare gli effetti di una sconfitta militare. Può solo sperare che Tudjman si accontenti di una vittoria parziale sul territorio che la Russia implicitamente gli attribuisce. Se va oltre saranno guai. Giuliette Chiesa Il Cremlino spera che Zagabria si accontenti di una vittoria parziale, per restare a guardare A sinistra il leader serbo Slobodan Milosevic sopra Bons Eltsin