«Così i padrini regnano sulla Lombardia» di Francesco Grignetti
«Così i padrini regnano sulla Lombardia» Disegnata la mappa dell'infiltrazione di mafia e 'ndrangheta: nel mirino attività finanziarie e commerciali «Così i padrini regnano sulla Lombardia» Rapporto della Dia sugli affari delle cosche FILIALI DELLE COSCHE LROMA E avanguardie della criminalità organizzata sono arrivate da tempo in Lombardia. Trafficano in droga e armi, riciclano soldi sporchi, maneggiano appalti. Quasi si può dire che controllino il territorio, specie nell'hinterland di Milano, come nelle più sperdute aree mafiose del Paese. La Commissione parlamentare antimafia ha ricevuto nei giorni scorsi l'ultimissimo rapporto della Dia dedicato alla situazione lombarda. Il quadro che ne viene fuori è inedito e preoccupante. Con una postilla, se possibile, ancor più inquietante: si sa molto dell'infiltrazione calabrese in Lombardia e anzi si registrano grandi successi di polizia; si ignora quasi tutto dei clan siciliani, dediti al riciclaggio di capitali sporchi. «Sembrerebbe - scrive la Dia che la mafia siciliana, pur con la sua storia, le sue collaudate articolazioni e la sua capacità operativa, abbia ceduto alla 'ndrangheta, almeno in parte, il controllo effettivo delle attività criminali esercitate sulla "piazza" più ricca della nazione. Tale ipotesi va però considerata con qualche riserva». Gli specialisti della Direzione investigativa antimafia, infatti, non credono che Cosa nostra abbia sgombrato il campo a beneficio dei calabresi. Anzi. E' «fuorviante» - dicono - il quadro che esce dalle sole operazioni effettuate. Nell'ombra, insomma, c'è di più. L'ipotesi è che la «mafia sia piuttosto impegnata preferibilmente in attività criminali più sofisticate che trascendono quelle tradizionali finora individuate e colpite». E cioè attività commerciali, società finanziarie, appalti, riciclaggio. «Con questa chiave di lettura risulta forse più agevole comprendere anche la convivenza sul territorio delie organizzazioni criminali più disparate, ciascuna dedita prevalentemente a determinati tipi di reato (i turchi al traffico di eroina, i marocchini all'importazione di hashish, i sudamericani e gli slavi alla prostituzione)». Non è un bel panorama, comunque, quello che possono osservare i parlamentari che hanno in mano questo rapporto. Solo qualche anno fa, ai tempi della «Duomo connection», si discuteva se la mafia era approdata a Milano oppure no. Adesso la Dia può addirittura fornire la mappa di questa infiltrazione. Di scena sono le 'ndrine calabresi. Arrivate da tanti anni al Nord, mi- schiate tra gli emigranti onesti, le cosche hanno messo radici. Ormai si può parlare di «criminalità calabro-lombarda». Non che il filo sia rotto del tutto. «I clan calabresi devono sempre tenere in considerazione i rapporti di forza esistenti nella regione d'origine». Ci sono esempi raccapriccianti, a questo proposito: ci sono stati dei sequestri di persona che si sono organizzati in Lombardia soltanto «per mantenere buoni rapporti con cosche rimaste escluse da altri rapimenti». Resta viva poi la «cultura criminale» d'origine. I calabresi tendono a controllare il loro territorio in maniera asfissiante. Si organizzano con i cosiddetti «locali», cioè l'area dove opera una determinata consorteria. Il gruppo di Maria Serraino, ad esempio, donna di ferro nata a Reggio Calabria nel 1931, è partito dallo spaccio in piazza Prealpi, a Milano, per poi approvvigionare di hashish mezza Lombardia. Ma nell'hinterland milanese - dice la Dia - si muovono in tanti. Ci sono i gruppi dei Papalia e dei Sergi. A Lodi e Trevazzano è attiva la famiglia Silvano (originaria di Palmi). Tra Bollate, Paderno Dugnano e Rho ci sono i Novella (originari di Catanzaro). A Desio si vedono quelli della famiglia Iamonte, a Pero il clan Iozzo, a Pioltello la cosca Cavallaro aveva costituito una cellula. Ma questi sono appena i primi esempi. La mappa è lunga e comprende decine di Comuni dell'hinterland milanese, e non solo. In provincia di Como, tra Appiano Gentile e Mariano Comense, si muovono i Mazzaferro. A Lecco c'è il clan di Franco Coco Trovato. In provincia di Varese, vedi i Comuni di Tradate, Saranno e Locate, è presente il gruppo Morabito-Falzea, originario di Africo. Non si salva la provincia di Pavia (a Gambolò ci sono i Cotroneo, a Vigevano i Valle), né quella di Cremona (a Casalmaggiore gli Aquino, a Salvirola gli Iamonte) né Brescia né Bergamo. Negli ultimi due anni, grazie anche alle indicazioni preziose dei pentiti, la polizia ha fatto grandi retate tra questi clan Calabro-lombardi. Sono stati risolti 41 casi di omicidio, 10 sequestri di persona, decine di rapine. Hanno arrestato centinaia di «picciotti». E subito gli omicidi volontari si sono dimezzati: erano 135 nel 1990, sono stati 71 nel 1994. Francesco Grignetti «I vari clan convivono perché hanno realizzato un accordo sulla spartizione dei vari traffici» A fianco: Milano nuova «capitale» del crimine organizzato Sotto: il questore Carmineo
Persone citate: Cotroneo, Franco Coco Trovato, Iamonte, Iozzo, Mazzaferro, Papalia
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