Meno bibite e più televisori ma i consumi non decollano

Meno bibite e più televisori ma i consumi non decollano Meno bibite e più televisori ma i consumi non decollano IL CASO LA MAPPA DELLO SHOPPING ROMA IENTE da fare. Hanno un bello sgolarsi gli economisti gridando alla ripresa, e collezionando uno dopo l'altro i record dell'industria; i consumi sembrano proprio non voler decollare. Sì, qualche segnale di ripresa c'è, ma è timido, timidissimo, concordano gli osservatori. Scottato dalla crisi, timoroso dell'inflazione, sbattuto qua e là dalle traversie politicoeconomiche del Paese, e naturalmente a corto di quattrini come mostrano i dati dell'Istat pubblicati qui sopra, il consumatore italiano sta attento a quello che spende. E mentre è indubbio che gran parte degli aumenti della produzione industriale (+24,7% il fatturato, addirittura +29,7% gli ordinativi lo scorso maggio) derivino dalla marcia trionfale delle esportazioni, non può non colpire la divergenza tra un Paese dove molte industrie sembrano aver ripreso a girare a pieno ritmo, ma dove quasi tutti i potenziali acquirenti restano in prudente attesa. A TAVOLA NON SI CAMBIA. Stasi profonda negli alimentari, assicurano i dati della Nielsen, la maggiore società che monitorizza i consumi. I consumi di alimentari confezionati - quelli che si trovano al supermercato - sono restati fermi in aprile, esattamente sui livelli di un anno fa, anche se calcolando i dati in valore si nota una striminzita crescita dell'1,7%. Il consumatore, insomma, non si concede lussi, ma del resto tende anche a non abbassare il suo livello di acquisti. Gli esperti della Nielsen definiscono quello alimentare un tipo di consumo «poco elastico rispetto al reddito». Detto in parole povere si deve mangiare comunque, anche se a casa i soldi diminuiscono. Nel settore dell'alimentare comunque il consumatore ha qualche possibilità di trarre vantaggio da una serie di conflitti. Quali? Prima di tutto quello tra produttori «di marca» che come ha fatto la Bardila qualche tempo fa, devono abbassare i prezzi per contrastare la concorrenza dei prodotti anonimi che vanno a ruba nei supermercati. E poi c'è la guerra dei prezzi anche tra i piccoli dettaglianti, i supermercati e i colossali hard discount. MIGLIO II RUBINETTO. Una birra o una bevanda gassata? Ci si pensa due volte prima di comprarla e spesso, forse, si preferisce l'acqua del rubinetto. Da qualche mese i consumi in volume segnano un declino costante rispetto allo scorso anno, nonostante i consumi in valore scendano ancora di più (ad aprile -1,3%). Segno che ci si orienta verso prodotti meno costosi o che addirittura c'è chi abbassa i prezzi pur di conquistare clienti. TIRA SOLO II MICROONDE. Sorpresa, i piccoli elettrodomestici hanno ri¬ preso la loro crescita. Ad aprile i consumi in valore sono saliti addirittura del 9,9%, mentre la crescita in volume è del 4,9%. Si compra il forno a microonde o il ferro da stiro superaccessoriato, più che il frigorifero nuovo o la lavastoviglie sognata da anni. Le ragioni? Un po' è il progresso tecnologico che permette di sfornare ogni anno nuove diavolerie che affascinano il consumatore, un po' forse quel sentimento di timidissima fiducia che ancora non spinge a investire su beni durevoli veri e propri ma porta piuttosto a comprare una tecnologia di mionor costo. IA RAMO SI RIACCENDI Timida ripre¬ sa anche per il settore dell'elettronica di consumo, dove nell'ultimo semestre il mercato ha avuto una ripresa del 5,3%, grazie soprattutto agli apparecchi domestici (radio, tv, videoregistratori). LA VITTORIA DEI CONCENTRATO. Le famiglie italiane hanno scoperto i detersivi concentrati e le ricariche per i fustini. Qualsiasi cosa, insomma, che permetta di risparmiare. Sia per i prodotti per la pulizia della casa, sia per quelli destinati al bucato, infatti crescono i consumi in volume (rispettivamente dell' 1,2% e del 5%), mentre calano quelli calcolati in valore (0,2% e -2,5%). MA IL VESTITO Sf. Torna il piacere dell'abito buono? Negli ultimi mesi non si può dire che ci sia stato un apprezzamento positivo del mercato dell'abbigliamento, ma almeno si è interrotta la lunga serie di dati negativi che segnavano gli acquisti. Merito anche dei prezzi che sono saliti, anche in questo caso, assai meno dell'inflazione. Meno bene va per le scarpe. 1 dati Nielsen segnalano ad esempio che gli italiani hanno comprato in aprile il 2% di calzature non sportive in meno rispetto ad un anno prima e addirittura il 3,1 % in meno se si parla di calzature sportive, [f.

Persone citate: Tavola

Luoghi citati: Roma