La vendetta serba colpisce Dubrovnik

Dopo sette ore di colloqui, falliti i negoziati di Ginevra sui ribelli della Krajina Dopo sette ore di colloqui, falliti i negoziati di Ginevra sui ribelli della Krajina La vendetta serba colpisce Dubrovnik Tre morti nella città dalmata ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Dopo sette ore di colloqui i negoziati a Ginevra tra le autorità croate e i ribelli serbi della Krajina, la regione della Croazia occupata dalle formazioni paramilitari serbe, sono falliti. L'ultima possibilità per evitare un conflitto militare di ampie dimensioni sembra essere compromessa. Durante le stesse trattative i serbi hanno continuato a bombardare le città croate. Granate sono cadute su Gospic, Otocac e Karlovac. Poi la notizia che tre persone erano stata uccise e quattro erano rimaste ferite a Dubrovnik. Verso le 19, numerosi razzi erano caduti nei dintorni della città dalmata e subito era scattato l'allarmo generale. Nel pomeriggio, i serbo-bosniaci avevano minacciato di bombardare Dubrovnik se non fosse cessato l'attacco delle forze croate contro Drvar. L'unico a nutrire ancora speranze, è il mediatore dell'Orni e coprcsidente della conferenza di pace sull'ex Jugoslavia, Thorvald Stoltenberg. Al tonnine dei negoziati Stoltenborg ha annunciato che ci sono stati progressi e che le due parti si sono avvicinate nelle loro posizioni. Stoltenberg arriverà oggi a Zagabria per continuare le trattative con il presidente croato Tudjman. Il mediatore dell'Orni proporrà a Tudjman una lista con sette punti che dovrebbero permetterò le riprese dei negoziati. E' prevista tra l'altro l'immediata riapertura dell'oleodotto che attraversa il territorio occupati dai miliziani serbi della Krajina e il ripristino della ferrovia Zagabria-Knin-Spalato, due delle condizioni poste da Zagabria. Anche Kohl ieri ha inviato un messaggio a Tudjman per esprimergli la sua «forte preoccupazione» e chiedergli un incontro al più presto. Nella confusa situazione diplomatica, ieri sera a sorpresa l'ambasciatore Usa a Zagabria, Peter Galbraith, ha annunciato che il «primo ministro» serbo-croato Milan Babic è pronto ad accettare le condizioni di Zagabria. La più importante è l'integrazione sotto sovranità croata dei territori che attualmente formano la repubblica serba di Krajina. «Siamo venuti a Ginevra nell'intento di avviare la reintegrazione pacifica dei territori occupati dai serbi. Ma neanche questa volta i serbi hanno accettato la soluzione pacifica» ha dichiarato il capo della delegazione croata Pasalic, che ha accusato i serbi di essersi presi ancora gioco della comunità internazionale. «Non c'è traccia del loro ritiro dall'enclave musulmana di Bihac. La Croazia non vuol essere complice di un'altra tragedia come quelle di Srebrenica e Zepa» ha detto Pasalic. Alla domanda se ci sarà la guerra, Pasalic ha risposto «no, se i serbi accetteranno la reintegrazione pacifica dei territori che occupano con la forza». Di tutt'altro avviso il ministro degli Esteri di Knin che ha accusato i croati di aver respinto le proposte internazionali insistendo sul loro ultimatum. Alleati più che mai dopo le sconfitte militari, il leader serbo¬ bosniaco Karadzic e il capo della Krajina Martic, tutti e due incolpati di genocidio e crimini contro l'umanità dal tribunale dell'Aia, hanno elencato ieri le loro pretese territoriali. Karadzic vuole il ritorno di Grahovo e Glamoc, le due città prese negli scorsi giorni dai croati, nonché l'allargamento del cosiddetto corridoio della Posavina che collega i territori occupati in Bosnia e in Croazia con la Serbia. Attraverso questo passaggio a Nord della Bosnia passano tutti i rifornimenti che Belgrado manda ai fratelli sorbi d'oltre-Drina. 11 leader di Pale vuole inoltre i territori lungo il fiume Neretva per avere l'accesso al mare. A sua volta Martic vuole che venga sbloccata la sua roccaforte di Knin, nonché il ritorno della Slavonia occidentale che i croati hanno liberato a maggio. Quando avremo tutto questo la guerra cesserà, hanno fatto sapere i due, lanciando nuovamente un appello a Milosevic che in caso di un conflitto, dicono loro, avrebbe l'obbligo di aiutarli. Ingrid Badurìna I croati della Croazia L'obiettivo principale del presidente Tudjman è quello di recuperare i territori della Krajina controllati dai secessionisti serbi. Dopo aver firmato il piano «Vance» nel '92 che prevedeva, oltre il cessate-il-fuoco, lo spiegamento dei Caschi Blu nelle zone sotto la protezione dell'Onu, il disarmo dei serbi e il ritorno dei rifugiati croati nelle loro terre, la Croazia si è sentita ingannata. Per Zagabria, la forza di pace internazionale non ha fatto che consolidare le conquiste serbe. Oggi sembra che il presidente Tudjman stia per passare all'azione e recuperare con la forza i territori controllati dai «ribelli». In tre anni, l'armata croata si è riorganizzata e riarmata. Oltre alla Germania, Zagabria conta sull'aiuto americano. I serbi della Krajina Prima della guerra, i serbi della Croazia costituivano 1*11 % della popolazione. Una buona parte vive oggi nella «Repubblica serba di Krajina», autoproclamata dai secessionisti su un quarto del territorio croato e che è divisa in due parti: la Krajina propriamente detta, vicino a Knin, e la Slovenia orientale, attorno a Vukovar. I serbi di Croazia, che hanno proclamato la loro unificazione con i «fratelli» di Bosnia, esigono la ricostituzione del loro «Stato», la cui sopravvivenza economica dipende in buona parte da Belgrado. Ci sono due tendenze: l'una sostenuta dal presidente serbo Milosevic, che difende il negoziato; l'altra è la linea dura del leader serbo-bosniaco Karadzic. I serbi di Bosnia La coppia Katadzic-Mladic, che li dirige, è sovente al centro di voci su contrasti e rotture. A parte il reale potere esercitato dell'uno o dell'altro, i progetti militari e politici sono gli stessi. Comprendono la conquista delle sacche musulmane di Bihac e di Goradze, e la spartizione di Sarajevo. Dispongono di una «forza di fuoco» senza eguali nella regione (300 tanks e 800 cannoni) che permettono di mantenere sotto pressione le forze bosniache e la forza di pace. Ma la carta più efficace dei nazionalisti di Pale è il fatto che non rispettano alcuna convenzione politica o diplomatica. Il loro tallone d'Achille è l'«usura» a cui la guerra costringe la popolazione, stanca delle molte privazioni, e che approfitta di ogni occasione per passare la frontiera tra la Bosnia e la Serbia. I serbi di Serbia Costituiscono, grazie alla loro potenza militare, l'ago della bilancia e la grande incognita nella crisi. La potenza militare conferisce a Belgrado un ruolo preponderante nel conflitto bosniaco. La politica di Milosevic è caratterizzata da due linee: da una parte il dialogo con la Comunità internazionale, dall'altra il sostegno agli altri serbi. Ufficialmente, Milosevic approva il piano di pace del gruppo di contatto per la Bosnia, ma questo perché sa che i serbi di Pale lo rifiutano. Egli è prigioniero del nazionalismo della Grande Serbia. Fatte queste premesse, il suo appoggio ai secessionisti serbi della Krajina e ai serbi della Bosnia, sia economicamente, sia militarmente, è scontato. I croati della Bosnia-Erzegovina e i bosniaci di Bosnia I croati della Bosnia-Erzegovina per la maggior parte vivono nell'Erzegovina occidentale. Prima dell'inizio del conflitto, i loro rappresentanti firmarono i piani di pace per la creazione di uno Stato misto croato-bosniaco. Su pressione degli Usa, i croati e i musulmani di Bosnia siglarono un accordo nell'aprile '94 per creare la Federazione croato-musulmana di Bosnia e, alla fine, una confederazione tra questa Federazione e la Croazia. La volontà dell'Erzegovina è di preservare lo Stato dell'«Erze-Bosnia». Oggi, come dimostra l'alleanza tra gli eserciti croati e bosniaco, prevalgono interessi comuni. I bosniaci musulmani controllano all'incirca il 30 per cento dell'antica Bosnia-Erzegovina, con l'aggiunta delle enclaves di Bihac e Goradze. ZAGABRIA O Karlovac /Velika? CROAZIA un r OBosanska Krupa lac O Banja Luka o I serbi della Krajina Prima della guerra, i serbi della Croazia costituivano 1*11 % della popolazione. Una buona parte vive oggi nella «Repubblica serba di Krajina», autoproclamata dai secessionisti su un quarto del territorio croato e che è divisa in due parti: la Krajina propriamente detta, vicino a Knin, e la Slovenia orientale, attorno a Vukovar. I serbi di Croazia, che hanno proclamato la loro unificazione con i «fratelli» di Bosnia, esigono la ricostituzione del loro «Stato», la cui sopravvivenza economica dipende in buona parte da Belgrado. Ci sono due tendenze: l'una sostenuta dal presidente serbo Milosevic, che difende il negoziato; l'altra è la linea dura del leader serbo-bosniaco Karadzic. s Knir feosansko Grahovo Glamoc^ 'A Spalato o o livno IO SARAJEVO ?Srebr Zepc Gorazde I serbi di Bosnia La coppia Katadzic-Mladic, che li dirige, è sovente al centro di voci su contrasti e rotture. A parte il reale potere esercitato dell'uno o dell'altro, i progetti militari e politici sono gli stessi. Comprendono la conquista delle sacche musulmane di Bihac e di Goradze, e la spartizione di Sarajevo. Dispongono di una «forza di fuoco» senza eguali nella regione (300 tanks e 800 cannoni) che permettono di mantenere sotto pressione le forze bosniache e la forza di pace. Ma la carta più efficace dei nazionalisti di Pale è il fatto che non rispettano alcuna convenzione politica o diplomatica. Il loro tallone d'Achille è l'«usura» a cui la guerra costringe la popolazione, stanca delle molte privazioni, e che approfitta di ogni occasione per passare la frontiera tra la Bosnia e la Serbia. )rovn ik .Or I serbi di Bosnia La coppia Katadzic-Mladic, che li dirige, è sovente al centro di voci su contrasti e rotture. A parte il reale potere esercitato dell'uno o dell'altro, i progetti militari e politici sono gli stessi. Comprendono la conquista delle sacche musulmane di Bihac e di Goradze, e la spartizione di Sarajevo. Dispongono di una «forza di fuoco» senza eguali nella regione (300 tanks e 800 cannoni) che permettono di mantenere sotto pressione le forze bosniache e la forza di pace. Ma la carta più efficace dei nazionalisti di Pale è il fatto che non rispettano alcuna convenzione politica o diplomatica. Il loro tallone d'Achille è l'«usura» a cui la guerra costringe la popolazione, stanca delle molte privazioni, e che approfitta di ogni occasione per passare la frontiera tra la Bosnia e la Serbia. I serbi della Krajina Prima della guerra, i serbi della Croazia costituivano 1*11 % della popolazione. Una buona parte vive oggi nella «Repubblica serba di Krajina», autoproclamata dai secessionisti su un quarto del territorio croato e che è divisa in due parti: la Krajina propriamente detta, vicino a Knin, e la Slovenia orientale, attorno a Vukovar. I serbi di Croazia, che hanno proclamato la loro unificazione con i «fratelli» di Bosnia, esigono la ricostituzione del loro «Stato», la cui sopravvivenza economica dipende in buona parte da Belgrado. Ci sono due tendenze: l'una sostenuta dal presidente serbo Milosevic, che difende il negoziato; l'altra è la linea dura del leader serbo-bosniaco Karadzic.