Così il Picconatore «assolse» Fioravanti

Così il Picconatore «assolse» Fioravanti Così il Picconatore «assolse» Fioravanti IL CASO ALLA RADICE DELLA POLEMICA %M ..."""W FROMA RANCESCO Cossiga e la strage di Bologna. Un binomio che dura da quindici anni, con ritorni e polemiche di vario genere, cominciato fin dal giorno della strage, 2 agosto 1980. Quel giorno, a palazzo Chigi, sedeva proprio lui, l'ex ministro dell'Interno che aveva abbandonato il Viminale dopo il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. Nel giorno della strage era presidente del Consiglio da un anno, e in quanto tale, per legge, aveva «l'alta direzione, la responsabiità politica generale e il coordinamento della politica informativa e di sicurezza». In sostanza la guida dei Servizi segreti. Servizi - in particolare quello militare, il Sismi - che proprio sulla strage di Bologna avrebbero giocato un ruolo che per i magistrati fu di depistaggio delle indagini. E' questo che, come ha ricordato ieri il presidente dell'Associazione vittime di Bologna Torquato Secci, viene imputato all'ex presidenmte della Repubblica. Anche se, in realtà, Cossiga lasciò la guida del governo alla fine di settembre dell'80, mentre le operazioni di depistaggio scoperte dalla magistratu- gine tra lui e i familiari delle vittime. Dopo arrivò la Cassazione, che annullò la sentenza di assoluzione contro i «neri» (1992), e nel 1994 ci fu una nuova condanna all'ergastolo per Fioravanti, Mambro e Picciafuoco. Una sentenza che Secci ha auspicato ieri diventi presto definitiva, ma che Cossiga non fa mistero di non condividere affatto. «Mi pare debolissima - ha dichiarato a La Stampa nel maggio scorso -, mi sono convinto sempre più dell'estraneità di quei due (Mambro e Fioravanti, ndr), sia da quello che ho letto, sia sentendo gli amici dell'estrema sinistra, che credo si intendano di terrorismo più della Procura di Bologna». Logico dunque che il contrasto si faccia sempre più aspro. Anche perché Cossiga non recede. Per perorare la causa di Mambro e Fioravanti ha bussato alla sua porta anche l'ex brigatista e carceriera di Moro Anna Laura Braghetti, e l'ex presidente l'ha ricevuta confermandole la sua convinzione: «Credo che a Bologna si sia seguito un teorema». «Ribadiamola responsabilità politica dell'onorevole Francesco Cossiga, presidente del Consiglio il 2 agosto 1980, per violazione ai suoi doveri di legge» ra avvennero tra la fine del 1980 e l'inizio del 1981. Ma al di là di questo, è probabilmente il mutato atteggiamento di Cossiga, nel corso degli anni, sui responabili di quell'eccidio costato 85 morti ad aver attirato ire e polemiche sul presidente del Consiglio di quell'epoca. Subito dopo l'esplosione, Francesco Cossiga parlò di «strage fascista». Lo fece pubblicamente, ma anche in sedi.«riservatissime». In una riunione del comitato interministeriale per l'informazione e la sicurezza tenutasi 72 ore dopo la strage, la mattina del 5 agosto '80, l'allora ca- po del governo espresse quella stessa convinzione. «Il presidente Cossiga e il capo della polizia (l'attuale ministro dell'Interno Coronas, ndr) - si legge nel verbale della riunione hanno confermato che le modalità di esecuzione riconducono comunque alla destra sversica, salvi gli accertamenti in corso in sede giudiziaria». Gli accertamenti andarono proprio in quella direzione, si conclusero le istruttorie, arrivarono le condanne in primo grado (1988) per presunti esecutori e mandanti. All'ergastolo, come esecutori, furono condannati Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Sergio Picciafuoco e Massimiliano Fachini. Ma due anni dopo arrivò la sentenza di appello che rovesciò la prima: assoluzione per tutti. Fu subito dopo quel verdetto che Cossiga, nel frattempo salito al Quirinale, chiese pubblicamente scusa ai rappresentanti del msi per aver definito «fascista» la strage di Bologna. Erano i tempi in cui l'uomo difendeva a spada tratta l'operazione Gladio, sulla quale indagavano pure i magistrati impegnati nelle inchieste pelle stragi, facendo aumentare la rug¬ Giovanni Bianconi E fonda l'«Isola» Garovini: voglio riunificare questa sinistra Oggi Martelli dal giudice Per l'informatizzazione Palermo, Orlando sotto inchiesta per truffa e falso «Archiviata dalla storia» Scognamiglio «E' impossibile rifare la de» «Ora venga a trovarmi» Milano, Rossano fa la pace con Fermenti™ Di Pietro spiato dall'America Salomone: che bufala BRESCIA. Giornata interlocutoria nell'inchiesta che i pm bresciani Salamone e Bonfigli conducono sull'ex magistrato Antonio Di Pietro: il personaggio del giorno doveva essere Claudio Martelli, ex ministro della Giustizia, ma la sua deposizione, è stata rinviata a oggi pomeriggio. La deposizione di Martelli sarà uno degli ultimi atti raccolti dai pm bresciani prima delle vacanze, che per loro cominceranno a fine settimana. L'ipotesi, fatta ieri da un quotidiano locale, che i due magistrati potrebbero avere nei prossimi giorni in agenda accertamenti relativi a presunte indagini sul conto di Di Pietro, che sarebbero state commissionate in passato ad un'agenzia investigativa privata americana, non è stata infatti neppure presa in considerazione da Salamone, secondo il quale è «una bufala e non esiste nelle carte». [Ansa] PALERMO. Otto avvisi di garanzia, uno dei quali nei confronti del sindaco, Leoluca Orlando, sono stati emessi dal sostituto procuratore della Repubblica di Palermo, Lorenzo Matassa, nell'ambito di un'inchiesta riguardante l'attività della Sispi, la società costituita da Comune di Palermo (51%), Iri (47%) e Finsiel, gruppo Iri, (3%) per la informatizzazione di uffici e servizi comunali. I reati ipotizzati sono truffa continuata aggravata, abuso d'ufficio e falso. Gli altri sette provvedimenti hanno raggiunto l'ex sindaco de, Domenico Lo Vasco, il funzionario della ragioneria del Comune, Giacomo Messina, gli ex segretari generali del Comune Nicolò Maggio, Giuseppe Bosco, Eligio Melandri, quello attualmente in carica, Carmelo Pecoraro, e infine il responsabile d°lla ripartizione programmazione del Comune, Vito Grasso. [Agi] ROMA. «Io penso che rifare la democrazia cristiana sia impossibile perchè è impossibile resuscitare ciò che la storia ha ormai archiviato. Quanto all'obiettivo della ricostituzione di un centro può essere un obiettivo politico, ma non è questione che riguardi le istituzioni». Così risponde il presidente del Senato, Carlo Scognamiglio, ai giornalisti che gli chiedono un commento all'ipotesi prospettata dalla presidente della Camera, Irene Pivetti, di dar vita ad una formazione di centro che abbia fra i suoi punti di riferimento i valori cattolici. Scognamiglio ha anche risposto a domande sul dopo-Dini. «Il ponte lo attraverseremo quando ci saremo arrivati», ha detto. E, quando gli è stato chiesto un parere sul momento opportuno in cui fare le elezioni politiche, ha aggiunto: «Questa è una questione che non riguarda le istituzioni - ha risposto - e che riguarda piuttosto la politica». [r. i.] ROMA. Nel frastagliato arcipelago della sinistra italiana spunta un nuova «isola», l'Associazione per l'unità della sinistra, che mette assieme personaggi di provenienze diverse: l'ex leader di Rifondazione comunista Sergio Garavini e l'ex repubblicano Giovanni Ferrara, l'ex giudice Di Lello e il comunista democratico Chiarante, un battitore libero come Rodotà e l'ingraiano Barcellona, Novelli e Paissan. «In una fase come questa - dice Sergio Garavini - dove a sinistra è ricomparsa la "passione" per le divisioni, noi puntiamo ad unire». La nuova associazione, che oggi si presenta alla stampa, nasce con due obiettivi dichiarati: «Costringere tutta la sinistra a misurarsi su punti di programma qualificanti», come dice Garavini, ma anche «arrivare in tempi brevi al congresso della riunificazione della sinistra italiana e alla nascita di un partito riformista europeo», come dice Beppe Giulietti. |f. m.] Il sindaco di Milano Marco Formentini MILANO. «Milano non ha bisogno né di rotture, né di reazioni, né di irrigidimenti». Lo ha scritto il prefetto Giacomo Rossano in una lettera al sindaco Formentini, dopo la polemica esplosa due giorni fa con la decisione del primo cittadino di rompere i rapporti con lo stesso prefetto che, in una intervista, lo aveva definito «bugiardo» o «disinformato». Rossano sostiene che «al colpo di fucile sparato a salve è seguita una inimmaginabile cannonata: la sua decisione di interrompere i rapporti con me». [Ansa]