Riforme tra Polo e Ulivo nessun vincitore di Fabio Martini

Berlusconi: «Subito alle urne e presidenzialismo». D'Alema: non ci sto, sono stufo di favole Berlusconi: «Subito alle urne e presidenzialismo». D'Alema: non ci sto, sono stufo di favole Riforme, tra Polo e Ulivo nessun vincitore Su voto e regole posizioni lontane «Un'altra favola da raccontare agli italiani dopo il milione di posti di lavoro...». li dibattito sulla Grande Riforma, che si chiuderà senza conclusioni concrete questa mattina, è ruotato tutto attorno al match tra i due rivali - Segni e Bossi hanno fatto discorsi senza sorprese - anche se poi sul tormentone-elezioni, la partita si è chiusa con un pareggio a reti bianche. Berlusconi, per non irritare Casini e Buttiglione, ha detto con toni sfumati che «soltanto il voto può garantire fun¬ ROMA. Per primo tocca a Berlusconi e Massimo D'Alema, seduto al suo scranno, riesce a non degnarlo di uno sguardo. Per tre quarti d'ora fabbrica barchette, alza gli occhi al soffitto, chiacchiera con Mussi. Ma il Cavaliere in doppiopetto, stavolta non ha conigli nel cilindro, è più misurato di altre volte e, come previsto, fa il suo primo «spot» elettorale, spiegando al Parlamento la Grande Riforma che il Polo proporrà agli elettori. Berlusconi, da sapiente comunicatore, la spiega con una metafora automobilistica: «Il volante - dice deve essere dato a chi guida lo Stato» e dunque via libera al presidenzialismo «con elezione diretta del vertice dell'esecutivo», una riforma che però potrà essere varata nella prossima legislatura. Benché pacato e argomentato, quello di Berlusconi è il discorso di apertura della campagna elettorale del Polo e così Massimo D'Alema, che interviene subito dopo, ha buon gioco a pizzicare il suo rivale con due, tre battute da comizio: «Caro onorevole Berlusconi, lei ci ha fatto un bellissimo discorso elettorale, ma qui stiamo andando al mare, non alle elezioni!». Il presidenzialismo? BRACCIO DI FERRO COL QUIRINALE Ljr ROMA ™ ULTIMA scena di questa giornata in cui i due schieramenti hanno ratificato le loro distanze sulle riforme istituzionali è una foto di D'Alema in mezzo ad un gruppo di «boy scout» sulle scale di Montecitorio. E fra un autografo e l'altro il segretario del pds radiografa una situazione sempre più confusa, un «impasse» politico che non promette nulla di buono. «Andare a votare entro la fine dell'anno - osseina ad alta voce - mi pare francamente molto difficile. E' più facile ipotizzare la primavera... vedremo... E non si va al voto per ragioni squisitamente politiche. Il problema, infatti, non è quello della Finanziaria. Quello si potrebbe risolvere con una raffica di decreti. La questione semmai è un'altra: sono gli uomini, gli alleati di Berlusconi che non vogliono più andare a votare. Questa volta gli hanno permesso di parlare da solo, di rappresentarli tutti, ma in realtà si tratta solo di un infingimento». Un momento di pausa, un altro autografo e, quindi, D'Alema va avanti e ridacchia: «....Ma non vi accorgete che quando Berlusconi dice che bisogna andare a votare presto, quelli lo guardano in modo strano? I loro sguardi sembrano dire: "Badate che il voto lo chiede solo Berlusconi". Se anche nel centro-sinistra c'è chi non vuole andare a votare? Certo, ma c'è una grande differenza: noi non abbiamo mai chiesto le elezioni, è il Polo che le ha chieste. Ecco perché bisogna aspettare settembre per verificare quali sono le posizioni reali di tutti. Quello sarà il tempo delle decisioni importanti. Io rimango del parere che la cosa migliore sarebbe dar vita subito ad una commissione costituente, che potrebbe cominciare un lavoro che potrebbe essere ripreso nella prossima legislatura. Così si eviterebbe di andare alle elezioni per sfinimento, in una situazione sfilacciata. Sarebbe un modo per dimostrare che la seconda Repubblica non finisce al primo giro...». La prima scena, invece, di questa due giorni «istituzionale», che doveva risolvere tanti problemi e che, invece, non ha risolto niente è stato quel colloquio al Quirinale tra Scalfaro e Berlusconi di due sere fa. E' stato un dialogo tra sordi, ma dalle battute che i due si sono scambiati davanti a Letta si possono capire tante cose. Del resto il Cavaliere a quell'incontro con il Capo dello Stato c'è andato controvoglia, quasi trascinato: nei mesi scorsi già due volte Scalfaro aveva invitato Berlusconi al Colle, ma quest'ultimo aveva sempre accampato scuse. L'altro ieri, invece, cedendo a Letta, l'ex premier è salito al Quirinale e tra quelle quattro mura sono ricominciati gli stessi discorsi interrotti qualche mese fa: Berlusconi è tornato a chiedere le elezioni e il suo interlocutore ha preso tempo. E dopo tanti convenevoli, Scalfaro è stato chiaro su un punto: «Non approvare la Finanziaria prima di BERLUSCONI DURATA DELL'INTERVENTO sciogliere le Camere - ha fatto presente - è una follia. Dini deve rimanere in sella fino a dicembre. Poi a gennaio ci potranno essere le condizioni per indire le elezioni». Una richiesta a cui Berlusconi ha risposto prospettando una soluzione alternativa che rende ancora possibile il voto in autunno. «Si potrebbe - ha spiegato - approvare solo il collegato e lasciare che sia il Parlamento ad approvare Finanziaria e legge di bi¬ BATTAGLIA NEI CORRIDOI LROMA A stura alle «finezze» la dà l'onorevole Modesto Della Rosa, un missino ciociaro dalla faccia da bambino. Sta parlando Silvio Berlusconi, è la parte più tecnica e prolissa del suo discorso e Della Rosa approfitta di un istante di pausa per fare il suo commento ad alta voce: «Tutte cazzate!». Urla, proteste, sghignazzi (a seconda degli scranni), mentre Modesto se la ride e Silvio fa finta di nulla. L'incidente sembra chiuso. Sembra, ma non è così. Il bello, si fa per dire, deve ancora venire e piano piano un clima da osteria si insinua nell'aula dedicata al solenne dibattito sulla Grande Riforma. Alle sei della sera parla Bossi, l'aula si è svuotata, ma sui banchi del centro-destra c'è ancora qualche curioso. All'inizio sembra un Bossi gentile, anche la voce non è cavernosa. zionalità», mentre D'Alema ha ripetuto che «la legislatura riprenderà vigore so viene avanti la volontà di dar vita ad una fase costituente», ma se così non sarà meglio andare ad elezioni, guardandosi però dall'indicare date. E cosi, ieri sera un navigatore esperto come Franco Marini usciva da Montecitorio e commentava tra sé e sé: «Mi sembrano che siano tutti un po' rassegnati, qui l'unico che ha le carte in mano è Dini, voglio vedere cosa gli obietteranno quando dirà: e ora c'è la Finanzia- ria...». La giornata della Grande Riforma era cominciata di buona mattina in un clima distratto, gonfio di brusii, al punto che il dotto intervento di Leopoldo Elia era stato offuscato da un continuo minore di fondo. Poi, poco prima dell'ora di pranzo, Irene Pivetti, fedele alla sua formula, ha dato la parola «al deputato Berlusconi». Il Cavaliere premette che «il Polo parla con una voce sola», la sua, e gli effetti si vedono subito: Gianfranco Fini, classico leader parlamentare, grande oratore, un politico che più di altri vive di parole, è come incastrato nel suo scranno all'estrema destra e non guarda mai Berlusconi durante il suo discorso. E freme Fini quando il Cavaliere stronca platealmente la proposta avanzata dal leader di An: «Un'assemblea costituente allontanerebbe nel tempo l'obiettivo del cambiamento e in ogni caso non ha incontrato consenso». Niente riforma dell'articolo 138 della Costituzione, perché «ci sono soluzioni limpide che non blindano la Costituzione», ma invece possibilità per i cittadini di ricorrere alla Corte Costituzionale «quando siano lesi nei loro diritti da un atto dei lancio». Ma quest'ipotesi, manco a dirlo, non ha convinto il Capo dello Stato. Così l'ex premier si è presentato qualche ora dopo davanti ai suoi deputati, avendo in mano poco, e di certo non le elezioni: «Scalfaro mi ha detto - ha raccontato ai suoi "faccia buone vacanze...". Ha aggiunto che il governo ha ancora parecchio da fare... che le elezioni in autunno sarebbero possibili, ma che le condizioni non sono favore¬ IL PROGETTO ministro delle RGIOVAN TEMI DA A m nomina dell'organo di B vertice dell'esecutivo 4» bicamerolismo JL .... . , , *» nduzione del ncorso ai w clecreti-legge .. M riforma delta Pubblica amministrazione m riforma della difesa BP. pubblici poteri». Ma soprattutto presidenzialismo, anche se Berlusconi non può indicare il modello, visto che i suoi alleati guardano alla Francia e il Cavaliere agli Stati Uniti. E Massimo D'Alema, lo «smonta» così: «In una democrazia come quella degli Stati Uniti, lei non sarebbe neanche candidabile...». Il leader del pds punzecchia a più non posso, dice che forse c'è «invidia» in Berlusconi per i successi di Dini, segno che i guasti «non erano nel volante, ina nel pilota» e arriva a parlare addirittura di «conclusione tragicomica» del governo Berlusconi. E alla fine, nel ping-pong dialettico giocato in aula e poi in Transatlantico, riemerge il vero motivo per il quale i due capi-tifosi delle elezioni non hanno ancora «chiuso». Dice D'Alema: «Prima di votare bisogna rispettare i patti che avete sottoscritto su par condicio e cda Rai...». E Berlusconi in Transatlantico gli risponde così: «Rispetteremo quegli accordi, che consideriamo mortificanti, ma che valgono solo se propedeutici alle elezioni». F. così, Berlusconi e D'Alema si sono rimandati a settembre. Fabio Martini h

Luoghi citati: Francia, Roma, Stati Uniti