Gal lo Stato assassiao

Dodici anni di misteri nel caso che sta affondando Gonzàlez Dodici anni di misteri nel caso che sta affondando Gonzàlez Gal, lo Stato assassiao La sporca guerra contro il terrore Età UN'OMBRA SULLA NUOVA SPAGNA SAN SEBASTIAN DAL NOSTRO INVIATO José Antonio Lasa e José Inàki Zabala sparirono una sera d'ottobre. Se ne sparirono in silenzio. Qualcuno pensò che fossero in missione. Cioè ch'erano ripassati in Spagna a far fuori qualche mierda di poliziotto ma presto sarebbero tornati. Succedeva, talvolta. Però quella volta José Antonio e José Inàki non tornarono. Da quando l'aria di San Sebastiàn gli si era fatta impossibile, Lasa e Zabala erano scappati a Bayonne, dall'altra parte della frontiera, nelle terre francesi del Paese Basco. Ormai erano diventati «profughi politici», come tanti altri giovanotti presi dal malodio contro Madrid; sapevano anche muoversi bene, avevano una mitraglietta e sangue freddo quanto basta. Quella sera, però, gli servì a poco. Pestati, e storditi dal gas di una strana bomboletta, si ritrovarono dentro il bagagliaio di una macchina che andava veloce sulle strade della notte. Non se ne accorsero nemmeno, che avevano ripassato la frontiera e che già erano di nuovo a casa. Quando li scaricarono dal cofano, spinti a calci nel culo, con uno che ghignava e gridava cabrones, finirono nel sotterraneo d'una casa che pareva abbandonata. Il Palacio de la Cumbre è un vecchio edifico di stile neovasco, che ai tempi di Franco si usava per le vancanze del dittatore. E' una casa bianca e rossa, con un grande parco e un muro di cinta fatto di pietra. Oggi è la residenza ufficiale del Governatore civile di Guipùzcoa, a quel tempo - nell'ottobre dell'83 - non ci stava nessuno. E nella cella frigorifera del sotterrano, quattro uomini si poterono lavorare tranquilli i due «profughi» ripescati in Francia. Li torturarono per un paio di settimane, scientifici, senza fretta. Torturavano al servizio dello Stato. Era la guerra suda, la guerra al terrorismo che ora torna a galla dagli archivi clandestini della memoria ufficiale, e sporca l'anima della democrazia spagnola. E trascina nel fango Felipe Gonzàlez. Una sera a Bilbao, nella vecchia hall dell'albergo Carlton (era tanto tempo fa, Gonzàlez non aveva ancora preso il potere e la Spagna sembrava avesse la febbre di un'adolescenza troppo a lungo repressa), Felipe diceva ai giornalisti ch'eravamo con lui, che «il terrorismo si combatte nel Parlamento ma anche nelle fogne, se necessa rio». L'Età ammazzava soldati e poliziotti, in quel tempo lontano di quasi 15 anni fa; l'esercito mugugnava contro la nuova democrazia impotente. Al Carlton, quel giorno, non fu chiaro che cosa volesse dire il giovane leader in campagna elettorale. Oggi c'è il dubbio che quelle parole accettassero una scorciatoia tragica. Lasa e Zabala se li portarono via una notte di fine ottobre. I due pri gionieri non si reggevano nemmeno in piedi, li mollarono di peso dentro una macchina grigia, che se ne partì verso il Sud scortata da una camionetta della Guardia Civii della guarnigione di Intxaur rondo. Quando arrivarano ad Alicante, nella campagna vuota, li scaricarono giù, gli spararono un tiro nella nuca, e li seppellirono sotto un palmo di terra. I due corpi furono trovati nell'85, non si sapeva nemmeno chi fossero. Solo a marzo di quest'anno è arrivata finalmente l'identificazione ufficiale, e soltanto ieri son cominciate a venir fuori dal dossier del giudice Bueren le prime scoperte dell'inchiesta giudiziaria. Il dossier ha un'etichetta ormai famosa: Gal, che sono appena tre lettere ma già valgono un impeachment per Gonzàlez. Gal rappresenta una sigla, scritta sotto il simbolo di un'ascia e un serpente con la testa mozzata. Anche l'Età, la formazione annata del nazionalismo basco, ha per simbolo l'ascia con il serpente, però questo ò intero, con la testa ancora attaccata al coipo; e Gal è l'acronimo di Grupos de Liberaciòn Antiterrorista. Le due simbologie confrontano brutalmente i loro messaggi ideologici, ma oggi una parte della Spagna si domanda, inquieta, se lo Stato democratico possa fare la guerra con gli stessi metodi della illegalità che esso combatte. E comunque, se da questa guerra lo Stato alla fine esca ancora sano. Il Gal comincia quel 16 ottobre dell'83, come si è scoperto ora dalle soffiate che passano attraverso gli incartamenti del giudice Bueren. Finora s'era pensato che fosse nato Ufficialmente due giorni dopo, il 18 ottobre, quando quattro commandos speciali della polizia spagnola tentarono di sequestrare - a Hendaye, sempre nelle terre basche della Francia - un altro noto etarra, José Maria Larretxea. Erano, però, tanto poco speciali, i quattro, che tamponarono un'auto e si fecero beccare dai flic, finendo ignominiosamente in galera. A quel tempo, per Parigi gli etarra erano «profughi politici», ed erano intoccabili; la Francia diventava così il comodo santuario di ogni operazione terroristica: i commandos baschi facevano il loro lavoro di mitraglietta o di bomba, e poi se ne tornavano al sicuro, mentre i guardias civiles si dovevano fermare davanti alla sbarra del doganiere. Così non può continuare, dicevano colonnelli e generali; in qualche modo bisognava finirla. A finirla, in realtà, ci avevano già provato fin dai tempi di Franco, quando non c'erano di mezzo nemmeno tanti impicci legali. Una serie di formazioni paramilititari la Triple A, il Batallòn VascoEspahol - avevano raccolto uomini e mezzi dell'Intemazionale Fascista, con buona partecipazione anche di gente scappata dall'Italia (Delle Chiaie, Cicuttini, Concutelli, Massagrande), ma i risultati erano stati magri; l'Età continuava la guerra allo Stato spagnolo: tra 1*80 e l'82, il bilancio è di un morto alla settimana. Bisognava cambiar metodo, dunque; e nascono i Gal. I Gal si muovono subito con spregiudicatezza, e portano la guerra dall'altra parte della frontiera. Nella primavera del '75, quando Franco ancora comandava la Spagna, avevo chiesto ad alcuni amici baschi di Ianni incontrare uno dei capi dell'Età; mi avevano dato una serie di contatti, e alla fine ero riuscito ad avere un colloquio in Francia, senza superare poi speciali misure di sicurezza e di garanzia. Quando però ci riprovai nell'84, già in epoca Gal, la risalita dei contatti - da questa parte e dall'altra del confine - fu difficile, complicata; e mai riuscii a superare la sensazione di un controllo armato attorno a ogni mio spostamento. Il santuario era proprio finito. Gli uomini che in quell'ottobre dell'83 facevano il loro sporco lavoro nel Palacio de la Cumbre era¬ no guardias civiles. E quasi comi; in un doppione delle cose che in Italia si vanno scoprendo sui Gladio, ora qui si scopre che questo della Guardia Civil era il Gal verde, ma che ce n'era anche uno marrone (dell'esercito), uno grigio (dei sei-vizi segreti del Cesidi e uno azurro (dei poliziotti, quelli che avevano fallito il sequestro di Larretxea). E fu un altro sequestro fallito a far conoscere per la prima volta la sigla del Gal, nel dicembre dell'83, quando Lasa e Zabala erano già carne di terra ma non c'era stata ancora una rivendicazione ufficiale per la loro morte. In quel dicembre il Gal azzurro sequestri) a Hendaya un tranquillo rappresentante di commercio, Segundo Marey, che aveva soltanto la sfortuna di essere vicino di casa di Mikel Lujua Gorostiola, ch'era invece un presunto membro dell'Età. Quando la Peugeot 504 scaricò da questa parte della frontiera l'uomo sbagliato, nel commissariato di Bilbao si scatenò il finimondo. Viene convocato in tutta fretta un vertice, con Sancristòbal, direttore della Sicurezza dello Stato, Alvarez, comandante della polizia, Planchuelo, responsabile dei servizi d'informazione di Bilbao, e Garcia Danborenoa, segretario generale dei socialisti di Vizcaya. La domanda è: che fare? ammazzarlo, o liberarlo? Sancristòbal chiama per telefono il ministro degli Interni, Barrionuevo, e riceve l'ordine di andare avanti: tenere in catena Marey servirà ugualmente a far pressione sui francesi (e in un paio d'anni la Francia chiuderà davvero il santuario degli etarra, sigillando la frontiera). Marey dunque si salva, e verrà rilasciato dopo dieci giorni, dall'altra parte del confine, in territorio francese. Spaurito, angosciato, il malcapitato ha in tasca un biglietto di presentazione del Gal, del quale lui non sa nulla e che però da quel momento appare co me una struttura semilegale di antiterrorismo. In tre anni di vita, fi no al 24 luglio dell'87, i Gal fanno 27 morti, almeno 9 dei quali non avevano assolutamente nulla a che vedere con l'Età. E' una spirale tragica e fallimentare, ma la lo io sembrava comunque una storia chiusa per sempre, dopo la condanna a 108 anni di galera perdite poliziotti - Pepi; Amedo e Michel Domìnguez - ch'erano stati presi per aver organizzato l'attentato a un bar nel Paese Basco francese. Amedo e Domìnguez in tribunale non avevano fatto nomi di complici, e il li irò silenzio era stalo pagato con ì fondi neri dei servizi, che gli avevano aperto un ricco conto in Svizzera. L'anni i scorso, però, il nuovo ministro degli Interni, Belloch, decide di chiudere quel rubinetto bancario Basta con i soldi facili, bisogna troncare le malversazioni dei fondi neri: e questo vale per tutti. E' un errore colossale. Le tasche improvvisamente vuote, Amedo viene colto da un ripensamento: «per ragioni di coscienza», assicura lui, deve parlare. E si apre l'uragano. Tutto quello che per dieci anni era stato tenuto nell'ombra, diventa un fiume di nomi, circostanze, complicità, coperture; ce n'è a qualsiasi livello, fino a sfiorare il presidente Gonzàlez. O forse, anche a coinvolgerlo: se dentro la trama del Gal c'erano il ministro degli Interni, il sottosegretario alla Sicurezza, i capi della polizia e dei servizi d'informazione, è mai possibile che Gonzàlez non ne sapesse nulla? Felipe ripete I estardo, «No, non ne sapevo nulla» Ma due spagnoli su tre non gli credono. Il giudice ora ha chiesto al Tribunale Supremo l'autorizza/nuie al processo contro il capo del r.overno, per costituzione di bamlii armata. Il giudice è Garzòn, quello che qui chiamano il Di Pietro spagnolo; e come per Di Pietro, anch' su Garzòn si è scatenata l'ondata < Ielle accuse, di tutto il male e l'indegnità che si possa pensare di un uomo. Come finirà nessuno sa ancora dirlo. A settembre il Tribunale darà una risposta, i '".onzàlez ha convocato elezioni anticipate. L'opposizione però grida che Felipe se ne deve andai' subito. Per quest'anno, intanto. : politici hanno scelto di fare le vacanze d'agosto a un passo da Madrid; Non si sa mai. Mimmo Candito Tutto cominciò con il sequestro di due militanti che morirono nel baule di un'auto Allora la Francia era un paradiso che dava rifugio e proteggeva i separatisti baschi Da Madrid arrivarono i soldi gli agenti presero a passare in segreto il confine e la gente cominciò a sparire A sinistra il primo ministro spagnolo Felipe Gonzàlez Sopra, una conferenza stampa dei terroristi baschi dell'Età A destra un uomo dei Gal arrestato in Francia Sotto l'ex ministro dell'Interno Barrionuevo