Russia-Usa gelo sulla Bosnia

Quasi scontro fra Kozyrev e Christopher dopo il no Usa alla condanna di Zagabria alTOnu Quasi scontro fra Kozyrev e Christopher dopo il no Usa alla condanna di Zagabria alTOnu Russia-Usa, gelo sulla Bosnia Mai così divisi dalla crisi balcanica MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Mosca c Washington ai ferri corti sulla crisi bosniaca. Le ultime 24 ore hanno fatto registrare un «testa a testa» di estrema durezza sostanziale. I toni della polemica sono stati smorzati da ambo le parti, ma è ormai evidente che Russia e Stati Uniti sono su sponde opposte. All'Onu sono stati gli Usa a far fallire l'iniziativa russa in Consiglio di sicurezza, volta a ottenere un pronunciamento di condanna dell'offensiva croata nella Bosnia occidentale. La reazione del rappresentante russo all'Onu, Vasilij Sidorov, è stata molto dura: «Per responsabilità di Washington - ha dichiarate, - le Nazioni Unite non hanno potuto reagire in modo adeguato al massiccio attacco dell'esercito regolare croato in Bosnia. Il che, in sostanza, costituisce un incoraggiamento a proseguire l'offensiva». Nella capitale del Brunei, Kozyrev e Christopher si sono scambiati colpi non meno duri, costringendo alla fine il ministro degli Esteri russo a riconoscere l'esistenza di «divergenze», mentre il segretario di Stato Usa ha praticamente ignorato il piano russo che prevede il riconoscimento della Bosnia da parte di Belgrado in cambio della levata delle sanzioni contro Milosevic, e ha preso nettamente le parti della Croazia e della Bosnia che - ha detto uno dei suoi funzionari - «hanno diritto a difendere una parte del loro territorio», mentre per l'America «i responsabili dell'escalation sono i serbi di Bosnia». E mentre a Bandar Seri Begawan i due ministri registravano la vastità dei dissensi, il Congresso americano ha inflitto un altro smacco a Bill Clinton: dopo il Senato, anche la Camera dei rappresentanti si è pronunciata, contro il parere del Presidente, a favore della revoca dell'embargo internazionale delle forniture militari imposto alla Bosnia. I sì hanno prevalso per 298 a 128. Clinton ha annunciato che porrà il veto sulla decisione dei deputati. Per oggi Washington ha promosso un incontro del «gruppo di contatto», con l'eventuale partecipazione di Karl Bildt, il mediatore dell'Europa, escludendo la Russia. «La Russia non è stata invitata», ha constatato con qualche stupore un alto funzionario del ministero degli Esteri russo, qui a Mosca. Ed è qualcosa di più che uno sgarbo. America, Gran Bretagna, Francia e Germania segnalano che la loro fiducia nella cosiddetta «mediazione» russa è prossima alla fine. Tanto chiaramente da non ritenere neppure necessario che il rappresentante del Cremlino sia presente a una riunione in cui si discuteranno aspetti essenziali del piano Bildt, che Mosca afferma di appoggiare. Insomma la situazione volge al peggio per le sorti diplomatiche di Eltsin, il cui isolamento diventa di giorno in giorno più marcato. La minaccia di sanzioni contro Mosca per l'appoggio alla Serbia, giunta ieri dagli Emirati Arabi, è il primo segnale del rischio di gravi ripercussioni economiche e politiche per gl'interessi della Russia in vaste aree del mondo. E si affaccia concretamente l'ipotesi che il mondo musulmano possa fare pagare a Mosca anche altri prezzi, sul proprio territorio, dove la presenza musulmana è cruciale in aree estremamente delicate per la sopravvivenza dello Stato russo. Cecenia docet. E il Cremlino è in difficoltà non solo nelle sedi internazionali. Ieri le Izvestija hanno pubblicato un'analisi al vetriolo contro l'impotenza della diplomazia russa. E le forze nazionaliste russe hanno fatto sentire la loro voce in una conferenza stampa condita di feroci critiche all'indirizzo di Kozyrev. Valerij Skurlatov, leader del movimento liberal-patriottico «Rinascita», ha usato lo slogan «Oggi la Serbia, domani la Russia», invitando il governo a schierarsi dalla parte del «fratelli serbi, impegnati in una lotta impari contro l'imperialismo occidentale». E il leader dei «nazionalisti russi», Ilja Lazarenko, ha chiesto l'invio non solo di volontari russi (che già ci sono) a fianco dei serbi di Bosnia, ma delle «divisioni regolari russe, per gettare a mare i croati e i musulmani». Apparentemente piccoli partiti, che non hanno che deboli rappresentanze in Parlamento. Se non fosse che posizioni analoghe albergano ampiamente nell'opinione pubblica russa e in quasi tutte le forze politiche. Tant'è vero che un diplomatico russo al seguito del ministro degli Esteri - citato da Interfax - si è spinto al punto, ieri, da esplicitare la valutazione strategica di Mosca in questi termini: «Noi sappiamo che alla fine del conflitto saranno i serbi a costituire il punto di appoggio della Russia nei Balcani». Giuliette-Chiesa •Vi invito a concludere la pace sulUi base del piano del gruppo di contatto, per impedire il massacro delle popolazioni della Bosnia-Erzegovina» L'appello di MILOSEVIC a MLADIC • IZETBEGOVIC L