La fabbrica delle guerre

Come nascono i conflitti? L'ex Jugoslavia e lo spettro d'uno scontro mondiale Come nascono i conflitti? L'ex Jugoslavia e lo spettro d'uno scontro mondiale La fabbrica ~7v~| UALCHE settimana fa un I I giornalista confrontò il I I razzo con cui i serbi ave1 I vano abbattuto un aereo -W—I americano sui cieli della V Bosnia al colpo di pistola con cui Gavrilo Princip uccise a Sarajevo, il 20 giugno 1914, l'arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie. Così dunque scoppiano le guerre: un attentato, un ultimatum, un incidente di frontiera, uno sconfinamento, una provocazione. Nel lungo catalogo delle cause il colpo di pistola assume forme diverse: il telegramma di Ems alla vigilia della guerra franco-prussiana, l'esplosione dell'incrociatore americano Maine nel porto dell'Avana il 15 febbraio 1898, lo scoppio di una bomba presso Mukden, in Manciuria, il 18 settembre 1931, lo scontro di Ual Ual al confine fra Etiopia e Somalia nel dicembre 1934, una scaramuccia fra cinesi e giapponesi sul ponte Marco Polo a Pechino il 7 luglio 1937, un incidente fra americani e vietnamiti nel golfo del nanchino il 2 agosto 1964. La polvere è sempre pronta: basta una miccia, accesa al momento giusto, per dare fuoco alla bellicosa miscela che si nasconde nell'animo dell'uomo. Non è tutto. Come vi sono luoghi predestinati alla santità (Lourdes, Fatima, Santiago de Compostela, il MontSaint-Michel) così vi sono luoghi predestinati alla guerra. Sarajevo e la Bosnia sono «santuari di Marte». La guerra russo-turca dell'aprile 1877 cominciò dopo l'insurrezione bosniaca del giugno 1875; la prima guerra mondiale dopo l'assassinio del principe ereditario a Sarajevo nel giugno 1914; e fu in Bosnia, infine, che Tito raggruppò le sue formazioni partigiane contro cinque divisioni tedesche fra il 1942 e il 1943. Siamo dunque alla mercé di un nome, di un colpo di pistola e di un barile di polvere? Nel 1935, mentre l'Italia conquistava l'Etiopia, Jean Giraudoux scrisse uria commedia ironicamente profetica: La guerre de Troie n'aurapas lieu, la guerra di Troia non scoppierà. Sarebbe altrettanto ironica e profetica, oggi, una commedia intitolata «Non ci sarà una terza guerra mondiale»? La realtà è meno semplice. Non appena rinuncia alla suggestione delle assonanze - Sarajevo 1914, Sarajevo 1995 - lo studioso si accorge che la storia è piena di colpi di pistola che non provocano guerre, di ultimatum che rientrano nei cassetti delle cancellerie, di incidenti che vengono composti con la soddisfazione delle parti e di regioni lungamente contese l'Alsazia, la Lorena, il Ticino, la Slesia, la Boemia - che diventano prima o dopo pacifiche zone di frontiera. Perché, allora, scoppiano le guerre? La miccia è molto più lunga di quanto non pensino i letterati del giornalismo. La mi scela esplosiva in cui è innestata contiene, fra gli altri, un fondamentale ingrediente: il concetto di sicurezza. Proviamo a definirlo. Il concetto si forma lentamente, è il risultato di una lunga sedimentazione storica e culturale. Per le potenze marittime - Gran Bretagna, Stati Uniti - la sicurezza è strettamente legata al controllo degli oceani. La rivalità anglo-tedesca alla vigilia della prima guerra mondiale comincia nel momento in cui il Reich lancia un grande programma di costruzioni marittime. Gli inglesi montano la spedizione di Suez nel 1956 perché non possono tollerare che Nasser controlli il canale e la via delle Indie. Le strade del mare Come la Gran Bretagna durante gli anni della sua espansione imperiale, l'America reagisce nervosamente ogni qualvolta teme che una potenza ostile aspiri a controllare le strade del mare. Entra in guerra nel 1917 quando i successi dei sottomarini tedeschi schiudono alla Germania il dominio dell'Atlantico. Entra in guerra, durante il secondo conflitto mondiale, per le stesse ragioni. Pearl Harbor non è un «colpo di pistola» nel cielo delle Hawaii: è la conclusione di un duro braccio di ferro tra americani e giapponesi per il dominio del Pacifico. Persino la guerra del Vietnam rientra per molti aspetti in questa «logica». Dopo la costituzione della Repubblica popolare cinese e la guerra di Corea, la possibile conquista del Sud da parte dei vietcong appare a Washington come la pedina di un domino destinato a estendersi lungo le coste marittime dell'Asia sud-orientale. Nella giustificazione che essi danno a se stessi del loro intervento la guerra serve a impedire che la Thailandia, la Malaysia, la Birmania e Singapore cadano come birilli, uno dopo l'altro, nella grande buca del comunismo intemazionale e rompano la continuità delle rotte con cui la flotta americana pattuglia la «libertà degli oceani». La stessa giustificazione riappare vent'anni dopo, al momento della guerra del Golfo. Bush manda cinquecentomila uomini nel deserto perché non può ammettere che l'Iraq estenda la propria egemomia sul Golfo Persico e domini la «via del petrolio». Nelle potenze continentali il concetto di sicurezza è legato a quello dei confini naturali: il Reno, le Alpi, i Pirenei, il Caucaso, gli Urali, il Dnepr. Ma anche in questo caso la sicurezza non è un dato misurabile quantitativamente: è un'idea, un sentimento, una percezione. L'estensione dello Stato russo è direttamente proporzionale all'insicurezza dei russi. Dopo il grande trauma dell'invasione mongola i russi sono ossessionati da! desiderio di tenere i nemici a distanza. Conquistano il Baltico, il Caucaso, la Siberia, l'Asia centrale, la Polonia e i territori cinesi a Nord dell'Ussuri perché lo spazio è l'unico baluardo da cui si sentano protetti. La rivoluzione bolscevica, paradossalmente, accresce l'insicurezza dei russi. Lo Stato sovietico, che l'Occidentale liberale e capitalista percepisce come una pericolosa minaccia, è in realtà un Paese sospettoso, diffidente, nevrotico, ossessionato dalla psicologia dello stato d'assedio. Stalin conquista e «annette» l'Europa centrale, dopo la seconda guerra mondiale, per costruire una serie di contrafforti lungo le frontiere occidentali dell'Urss. Krusciov rischia la guerra a Cuba nel 1962 anche per sottrarsi alla pressione dei missili che gli americani hanno puntato contro l'Urss dalle basi turche e italiane. Breznev invade l'Afghanistan nel dicembre del 1979 anche per allontanare la minaccia del fondamentalismo islamico dalle repubbliche musulmane dell'Asia sovietica. 11 sentimento d'insicurezza non dipende soltanto da considerazioìi territoriali. E' particolarmente acuto ogni qualvolta uno Stato teme che gli altri posseggano una chiave morale o ideale di cui servirsi per entrare nella sua casa e corrompere i suoi cittadini. Così scoppiano le guerre di religione e ì conflitti ideologici. La Corea del Nord invade la Corea del Sud, nel 1950, anche per cancellare dalla penisola qualsiasi traccia capitalista. Le forze cinesi occupano il Tibet nell'ottobre dello stesso anno anche per spegnere l'ultimo focolaio religioso che ancora brucia alla periferia dell'impero. La Francia partecipa alla spedizione di Suez nel 1956 per stroncare la rivolta algerina. Se vogliamo sconfiggere il Fronte di liberazione sostiene il Primo ministro socialista, Guy Mollet - dobbiamo colpire il burattinaio all'ombra di Nasser. Israele invade il Libano meridionale nel 1982 per distruggere le centrali operative del movimento palestinese. Alla verifica della storia questi calcoli 6 queste percezioni si dimostrano talvolta sbagliati. L'America perde la guerra del Vietnam, ma la teoria del domino fun- ziona a rovescio: i «birilli» dell'Asia sud-orientale diventano trionfalmente capitalisti e si tirano dietro alla fine persino il birillo vietnamita. La Francia perde l'Algeria e diventa, grazie a De Gaulle, molto più forte e rispettata di prima. Israele costringe i palestinesi ad abbandonare il Libano, ma non può impedire che le stesse regioni diventino qualche anno dopo la naturale retrovia del fondamentalismo islamico. Le truppe sovietiche passano dieci anni in Afghanistan, non riescono a vincere la guerra e scoprono, rientrando in patria, che l'Urss ha cessato di esistere. In altri casi, invece, il calcolo era corretto. Territorio e prosperità In una prospettiva britannica la spedizione di Suez, nel 1956, è perfettamente giustificata. La Gran Bretagna gioca la sua ultima carta imperiale, perde e deve rinunciare alla speranza di conservare, attraverso il Commonwealth, il suo status di grande potenza mondiale. Il concetto di sicurezza cambia col passare del tempo. Le anni nucleari, la morte delle ideologie, lo sviluppo economico e civile hanno creato grandi «aree di pace» in cui la guerra è diventata pressoché impossibile. Alcuni Paesi sono legati da vincoli di stretta intordipendenza e sanno di non potersi distruggere. Continueranno a discutere e a litigare, come hanno litigato negli scorsi mesi gli Stati Uniti e il Giappone, gli Stati Uniti e la Cina, la comunità atlantica e la Russia, ma nella convinzione che la guerra, fra di loro, sarebbe inutile e dannosa. Hanno finalmente scoperto una legge rivoluzionaria che potrebbe enunciarsi così: «Mentre il territorio è una quantità limitata, la prosperità è una quantità illimitata; mentre il territorio può essere soltanto diviso o sottratto, la prosperità può essere condivisa e moltiplicata». Il guaio, purtroppo, è che alcuni Paesi non se ne sono accorti. Nella vecchia Jugoslavia tutti sembrano convinti che il territorio sia più importante della prosperità e che per il possesso del territorio valga la pena di morire. Scoppierà quindi la «terza guerra mondiale»? Se la mia analisi è giusta, la risposta è no. Non scoppierà perché le grandi potenze intorno ai Balcani non hanno nessuna intenzione di lasciarsi risucchiare in una crisi che non presenta per loro nessun interesse. E' questo l'aspetto nuovo e importante della crisi jugoslava. C'è una guerra nel cuore dell'Europa, ma questa guerra, sinora, non ha minimamente turbato la pace del continente. A qualcuno può sembrare terribile, a me pare un grande progresso. Sergio Romano La Sarajevo di oggi non è quella del 1914: analogie e suggestioni non spiegano nulla Vero «motore», il concetto della sicurezza in pericolo: così fu per l'Urss in Afghanistan per Suez nel '56, per gli Usa a Pearl Harbq^ oslavia e lo spettro d'uno scontro mondiale o della sicurezza Urss in Afghanistan Usa a Pearl Harbq^ Il bombardamento giapponese di Pearl Harbor e, a sinistra, l'attentato di Sarajevo. Sotto, disperazione di profughi