Nelle antiche trattorie sarde alla scoperta del muggine

Da Oristano a Cagliari, alla ricerca dei cibi tradizionali lontano dalle rotte dei turisti Da Oristano a Cagliari, alla ricerca dei cibi tradizionali lontano dalle rotte dei turisti Nelle antiche trattorie sarde alla scoperta del muggine c HE brutto biglietto da visita per le vacanze isolane. Che pessimo inizio gastronomico nella mia lunga tappa di viandante ghiottone in Sardegna. Quanto sono lontani i tempi in cui sulle navi si mangiava con segnaposto d'argento, tra leccornie di ogni tipo. Una squallida cabina di seconda classe, l'ultima rimasta, un triste pranzo di cose surgelate e malamente cucinate, mi accompagna sulla motonave Domiziana nel trasferimento da Genova e Porto Torres. Non l'ha ordinato il dottore di mangiare al ristorante: e voi visto che oltre a tutto non vi pagano nemmeno, evitate di assaggiare il catering della Ligabue sui traghetti Tirreni a. Ma dodici ore dopo di nave, dopo un'altra ora di' strada da Porto Torres verso il sud dell'isola, le leccornie indimenticabili di una cucina che si tramanda da mille anni vi ripagheranno di quanto avete affrontato prima. Non ero mai riuscito a mangiare la pecora bollita. Nel mio girovagare in lungo ed in largo in Italia, tra Crodo e Ceglie Messapica, due delle tante zone d'Italia dove si può gustare questo piatto dei primordi, c'ero arrivato fuori stagione;. Già, perché nel Verbano disio Ossola così come in provincia di Brindisi, la pecora è esclusivamente un piatto invernale. Ma ad Oristano no: la pecora si mangia in sstate. Già, ma dove trovarla? Non metto alla prova le tradizioni di casa, ma quelle dei ristoranti; ecco allora, nel ghiotto menù del Faro di Oristano, spuntare questa rarità. Certo, ci vuole coraggio. Ma Giovanni e Giovanna Brai, lui in sala, lei ai fornelli, di coraggio ne hanno tanto, già quello di essere così tanto legati dall'amore per la loro città da rimanere in quello che è uno dei più brutti capoluoghi di provincia d'Italia. La pecora bollita arriva in tavola nella sua pentola di cottura. Galleggiano in un dito di brodo le patate; il brodo è leggero, trasparente e soave: ha il gusto ed il profumo, forte ma equilibrato, delle altre verdure dei consueti bolliti... ma poi c'è la pecora: pezzacchiotti magri si uniscono a quelli con un filo di grasso, poco poco, appena appena... Assaggiatela così, al naturale, oppure appena velata (come a me piace per il bollito tradizionale) da un filo di quell'olio extra vergine che anche in Sardegna è grande. Ma tradizionali della Sardegna, in questo angolo di Oristano, nelle sue vie riarse, sono anche gli anemoni di mare ed un altro frutto della pesca, cioè i cosidetti pomidoro di mare che al Faro arrivano in tavola fritti, delizioso antipasto. E poi le lumachine di terra, le «tappadas», dal gusto essenziale, asciutto, astringente, insaporite di sale alla maniera del Campidano e poi c'è lo zafferano (sardo anch'esso) a dare colore ed aroma sui generis al pesce cappone. San Giovanni di Smis è a pochi chilometri da Oristano. Una stretta lingua di terra passa con una strada piatta tra gli stagni pescosi di Mistras e Cabras. Godetevi al tramonto il rosa dei fenicotteri e andate verso il tempio di Tharros. Il borgo è su due mari, il golfo di Oristano e il Mar di Sardegna. D'inverno gli abitanti si contano, letteralmente, sulle dita di una mano. Una delle famiglie più antiche di qui è quella dei Casas. Erano 8 i fratelli e le sorelle di questo antico «clan» che qualcuno, una volta, soprannominò Cornacchie. Il nomignolo è rimasto a tutti, comprese le due vecchie sorelle, Maria in sala, Maddalena in cucina, che mandano avanti la loro trattoria alla buona, più alcune semplici camere. La minigonna ed il corpetto scopri-ombelico di una polputa nipote fa da contrasto agli antichi abiti scuri, alle lunghe gonne nere che le due Casas mdossano sempre, anche in sala ed ai fornelli. Le vie del piccolo borgo sono in terra ed in sabbia, ondulate e bucose: non c'è illuminazione elettrica, non ci sono fogne, non c'è l'acquedotto. Per quanto andranno avanti. Maria e Madda¬ lena Casas, a cucinare come il padre e la nonna? Un pezzo del loro locale l'hanno già ceduto ad un parente che ci ha fatto un barettino: loro operano nella piccola sala squadrata dall'alto soffitto, tra cannicci e rusticherie. Un filo del loro olio extravergine, verde come lo smeraldo e profumato co¬ me le olive dalle quali nasce, bagna il muggine: il cefalo viene affumicato in casa. Sono gli antichi rituali di un altro succulento piatto che si tramanda e che Maria spiega all'ospite con un linguaggio un po' chiuso: la «merca». Non è una parolaccia ma un pezzo di storia: sempre il muggine (che viene dagli stagni di attorno) viene cotto in ac- qua salata, poi fasciato stretto stretto nella «ziba», un'erba degli stagni. E' un ancestrale metodo di conservazione per un piatto che si mantiene per vari giorni. Asciutto, una venatura di giallo, ricorda un grosso sgombro e ne ha il gusto. Non scendete tutta la Sardegna lungo la Carlo Felice: lasciando alle spalle Oristano e San Giovanni di Sinis con la superstrada, a Sanluri piegate a destra per San Gavino, Guspini, Arbus e poi arrampicatevi verso Fluminimaggiore ed Iglesias. E' la stessa strada che ho fatto io per andare verso Carloforte: allungherete ma godrete di una Sardegna aspra, da Far West, tanto reale anche se dall'aspetto abbandonato. Non sono abbandonate, ahimè, a Portoscuso, ma anzi lavorano a pieno ritmo, le orride dita della raffineria della Sasim che violenta da anni un angolo di paradiso; qui ci dovete venire per mangiare alla Ghinghetta il «tonno da corsa», pescato nell'antica ultima tonnara: la ventresca grigliata, il tonno insaporito di porri, la tartare sublime. A Cagliari, il celebre Corsaro ha una sede invernale, davanti al porto, ed una estiva, all'inizio del Poetto, a Marina Piccola. Giancarlo Deidda, erede con il fratello del mitico Pippo, vi darà la meravigliosa morbida bottarga di muggine che arriva da Arbatax, l'anguidda incasada (l'anguillina a Filetti insaporita di una grattugiata di pecorino e parmigiano reggiano) e, soprattutto, il porcellino, magari, quello di venti giorni che gli procura il macellaio Mua di Destilo. Il se ■ greto della pelle meravigliosamente croccante? Viene da Tuili, nell'altopiano della Giara famosa anche per i suoi cavallini, dove gli arrostitoti preparano con ore di anticipo le braci profumate di legni essenziali, poi i porcellini vengono infilati su spiedi verticali infissi nel terreno: il grasso cola a terra, la cottura avviene lentamente, di riflesso, la carne non brucia come sulla griglia, la pelle rimane un biscotto. Prima di andare nel forno del suo Corsa-o, invece, c'è un'altra preparazione: la peluria non viene tolta con l'acqua bollente, ma il maialino viene «abbruscau»: gliela si elimina con il «bruciore» di un coltello incandescente. Un goccio di sangue dello stesso porcellino, poi, dà un tocco di colore e di gusto che ha il sapore e la storia dei millenni. Edoardo Raspelli Dai pomodori di mare al tonno da corsa tra piccoli borghi e angoli da Far West comprese le due vecchie sorelle, Maria in sala, Maddalena in cucina, che mandano avanti la loro trattoria alla buona, più alcune semplici camere. La minigonna elettrica, non ci sono fogne, non c'è l'acquedotto. Per quanto andranno avanti. Maria e Madda¬ me lo smeraldo e profumato co¬ sempre il muggine (che viene dagli stagni di attorno) viene cotto in ac- Una delle rinomate spiagge della Sardegna e, sotto, le antiche ed enigmatiche costruzioni isolane: i nuraghi

Persone citate: Carlo Felice, Casas, Edoardo Raspelli, Giancarlo Deidda, Giovanna Brai, Ligabue, Poetto