Lettere su Montale

Lettere su Montale Lettere su Montale La Finlandia di Sibelius Caro Tuttolibri, ah, la memoria! Mentre ci si tormenta per sapere se Eusebio fu l'ultimo a salutare Gobetti partente, il buon Pampaloni ricorda d'aver visto l'Eusebio, la prima volta, al Comunale di Firenze, fine Anni 30, ad un'«entusiasmante esecuzione» (entusiasmante, va bene, ma non propriamente indimenticabile, se è vero quanto segue): della «sinfonia di Smetana, Finlandia»; lasciamo che aveva da essere, comunque, un «poema sinfonico», ma restituiamo Finlandia al finlandese Jean Sibelius, e non confondiamola con una delle composizioni del ciclo boemo Mà Vlast (La mia patria) di Bedrich Smetana (segnatamente con la notissima Moldava, o Vltava); è un minimo lapsus, si capisce: ma cade opportuno per ricordare che i ricordi sono labili, appunto, e lapsici. i Edoardo Sanguineti Come mai Geno Pampaloni (7u£to/ibri del 15 luglio), lui di solito preciso e chiaro nel ricordare il passato e la sua giovinezza ricorda - nel 1939-1949 una sinfonia di Smetana, Finlandia (sic) (sarà Sibelius) e i finlandesi che resistono eroicamente ai Panzer del 3° Re/eh (sic) (e saranno le divisioni di Stalin)? Sarà la calura, o che? Marino Raicich Vedo su Tuttolibri una memoria del valido Geno Pampaloni, «Montale a zonzo». Gradirei puntualizzare alcuni dati a mio avviso erronei. -^Il-poem» sinfonico FinVondw'è notoriamente opera del finlandese Jean Sibelius ( 1865-1957) e non già di Bedrik Smetana (1824-84), compositore cèco o boemo che dir si voglia cui va attribuito il poema sinfonico La Moldava, che può aver creato confusione per via di singolari sovrapposizioni etnomusicali. In quel lasso di tempo, per giunta, non risulta che i finlandesi si stessero eroicamente opponendo ai blindati nazisti. Il governo finnico, presieduto dal generale (o maresciallo) Mannerheim, era alleato della Germania; non certo per insito nazismo, bensì per porre argine al poderoso vicino sovietico in procinto di fagocitare il Paese (una vivida cronaca di tale alleanza è tracciata da Curzio Malaparte in «Kaputt», se non erro). Dubito, inoltre, che in quegli anni di acceso furore bellico fosse così facile o consueto plaudire in pubblica adunanza ad un nemico dichiarato dell'asse. Renato Congiatu La partenza di Gobetti A proposito dell'articolo di Bruno Quaranta «Ma Eusebio non c'era alla stazione con Gobetti» (Tuttolibri del 15 luglio), la «novità» del passaporto di Piero Gobetti coi timbri del percorso ferroviario Modane-Lione-Parigi smentisce la tesi di Eugenio Montale, che sarebbe andato a salutarlo a Genova in coincidenza con l'ultimo trasferimento da Torino alla capitale francese. Tuttavia, non c'è solo la testimonianza resa da Montale a Spadolini, come scrive Quaranta. C'è addirittura un articolo firmato Eugenio Montale, apparso sul Corriere della Sera di domenica 15 febbraio 1976. Infatti, sotto il titolo «Fui l'ultimo che lo vide partire», dopo aver definito Gobetti «l'adolescente scarruffato e occhialuto, con in corpo un'energia diabolica», Montale precisa testualmente: «Quando si decise a partire per la Francia, dove sperava di far l'editore a Parigi, mi ricordo di essere andato apposta a salutarlo alla stazione di Genova. Viaggiava in terza classe; ci siamo anche abbracciati; sono stato l'ultimo amico che ha visto in terra italiana. Di fi a poche settimane sarebbe morto a Parigi». Quell'articolo montaliano figura accanto a altri significativi interventi di Giuseppe Prezzolini, Natalino Sapegno, Riccardo Bauer e Umberto Terracini, tutti dedicati a ricordare (a cinquantanni esatti dalla scomparsa) «Il nostro amico Gobetti», come diceva il titolo a tutta pagina, che io stesso ricordo di aver concordato con l'allora direttore Piero Ottone. E' abbastanza singolare, se ci ripenso, che nessuno di quei testimoni, allora viventi, abbia messo in dubbio l'affermazione, così esplicita e netta, sostenuta da Montale. Arturo Colombo