Il magico 10 è ancora il segno del comando

Il magico 10 è ancora il segno del comando .si TRA CABALA E LEGGENDA Da questo campionato le maglie personalizzate, ma resta intatto il fascino di un numero d'eccellenza Il magico 10 è ancora il segno del comando Solo il Codino ci ha rinunciato, ma nel Milan gli uomini-guida sono tanti UN voto di (grande) merito, la targa di un calciatore-mito, un semplice numero cabalistico? Il 10 sulla schiena, ancor più indicativo da questa stagione in cui i numeri saranno fissi con tanto di cognome, è ormai riconosciuto dai tifosi come segnale di eccellenza. Perché, come, da quando? Azeglio Vicini ha una spiegazione storica: «Da Giovanni Ferrari a Valentino Mazzola, il 10 ha accompagnato l'uomo squadra. Una assegnazione casuale delle maglie è diventata prima realtà poi mito. E poi, guardiamo fuori casa. Puskas il 10 dell'Ungheria, Pelè il 10 del Brasile. Il 10 di maglia è diventato ovunque nel tempo un segno di classe». L'attualità sta sottolineando qualche situazione delicata. Ora che gli allenatori hanno «dato i numeri» in modi diversi, dalla scelta per ruoli all'ordine alfabetico e alla lotteria di be- neficenza, soltanto il numero 10 sembra ancora avere il significato preciso della qualità. Savicevic conserva il numero di maglia nel Milan, Mancini nella Samp, Pelè nel Toro, Giannini nella Roma, Zola nel Parma. Nella Juve non casualmente il 10 è Del Piero, nuovo asso. Nel Napoli la maglia-leader c dell'ultimo arrivato, Pizzi. Guarda caso, il regista. Nell'Inter ecco 11 10 a Benny Carbone: fiducia nella fantasia. Nel Padova il 10 è Longhi dopo la grande annata a centrocampo. Enzo Bearzot dice che il 10 lo si merita per carisma e personalità. «Il numero di maglia è anche un segnale. Solo io non ho mai avuto problemi. Potevo dare tranquillamente la maglia azzurra dieci ad Antognoni pur se, per quanto di classe, non era un leader. Io avevo tanti costruttori di gioco da non dover badare ai numeri». Si parla molto non solo in Italia, in queste settimane di rodaggio generale, della decisione milanista di lasciare il 10 a Savicevic (un «grazie» per la crescita di rendimento nella passata stagione?) consegnando il 18 a Baggio (per festeggiarne il giorno di nascita, febbraio '67, allontanando una definizione di valori?). In realtà, soltanto Fabio Capello potrebbe essere nella situazione di Enzo Bearzot et mondiale. Anche lui nel Milan ha tanti elementi di valore da non doversi preoccupare delle scelte spicciole. Luisito Suarez, Michel Platini, Diego Armando Maradona. Spagna e Inter, Francia o Juve, Argentina e Napoli hanno battezzato senza fatica i loro leader di tante stagioni. Sandro Mazzola ben raramente ha indossato nell'Inter la maglia che nel Milan è stata soltanto di Gianni Rivera nei suoi diciannove anni in rossonero. E Mazzola non si stupì delle preferenze per lo spagnolo. Ricorda: «Luisito era un vero uomo leader, la chiave del gioco. Corso, io e gli altri pensavamo al gol. Non mi sono mai proccupato troppo del numero di maglia, pur sapendo che era stato caro a mio padre». Non dice che in nazionale il 10 gli aveva portato sfortuna: l'ha avuto sulle spalle per la prima volta il 23 giugno '74 a Stoccarda e gli azzurri vennero battuti 2-1 dalla Polonia. Eliminati dal mondiale fra le polemiche Finiva l'epoca di Valcareggi, che per non crearsi problemi con il numero di casacca per Mazzola e Rivera (gli bastava quello della staffetta...), aveva affidato il 10 a Picchio De Sisti. Nell'elenco dei «dieci» azzurri, conferme importantissime. Uomini che hanno lasciato il segno in epoche del calcio. Ferrari, Valentino Mazzola, Boniperti, Schiaffino-Martino-Angelillo-Montuori-Sivori (i tempi degli oriundi), Campatolli, Amadei, Rivera, Cappello, Bulgarelli, Corso, Juliano. E apparizioni un po' isolate: Menegotti, David, Gimona, Pozzan, Zaccarelli, Dossena. Per Bulgarelli il dieci è stato «il segno della mia vita sportiva». Per Zaccarelli, tra semplicità e commozione «uno scudetto, tutto». Anche nel resto d'Europa si scelgono i protagonisti da 10. L'unico allenatore senza problemi, al quale il mitico numero di maglia non interessa proprio, è Johan Cruyff che guida il Barcellona. «Il mio numero è sempre stato il 14, fra Ajax e Nazionale, l'unico che conta. Lo consegno a mio figlio Jordi. Gioca ai miei ordini, che il 14 gli porti fortuna». Bruno Perucca Mazzola: era il numero di mio padre Valentino, ma nella grande Inter fu di Suarez, giustamente, perchè era la chiave del gioco» Alcuni tra i grandi numeri 10 del passato e del presente Da sinistra: V. Mazzola, Platini, Del Piero e Mancini