Martone un idillio col mistero

il caso. Su «Linea d'ombra» il carteggio fra il regista e l'impenetrabile Elena Ferrante il caso. Su «Linea d'ombra» il carteggio fra il regista e l'impenetrabile Elena Ferrante Mattone, un idillio col mistero Così l'autrice dell'Amore molesto ha «guidato» ilfilm l A misteriosa signora della narrativa anche questa volta non ha rivelato il suo vero volto. «Caro Mario, il suo invito mi ha complicato molto la vita. E' inutile dirle quanto io desideri vedere i risultati del suo lavoro. Ma in questa fase ogni giorno per me è una scommessa. Sto lavorando moltissimo a un nuovo testo - mi è difficile chiamarlo romanzo: non so bene cos'è - e ogni mattina mi metto a scrivere con l'ansia di non riuscire più ad andare avanti». Con questa lettera l'enigmatica scrittrice Elena Ferrante, che fa di tutto per tener celata la sua identità (Ferrante, come è assai probabile, è uno pseudonimo), declina l'invito del regista Mario Martone e si rifiuta di andare a vedere il film tratto dal suo romanzo d'esordio L'amore molesto, «Conosco la sua riservatezza, e non intendo in alcun modo violare il suo desiderio di non apparire. Scelga lei il tempo e il modo, o, se non vuole, mi dica pur di no, capirò benissimo...». Niente da fare, la ritrosa Elena si nega al regista con cui pure ha intensamente, fittamente dialogato per tanti mesi: lo scambio di lettere tra i due, durato fino all'uscita del film che ha concorso quest'anno al Festival di Cannes, viene pubblicato sull'ultimo numero della rivista Linea d'ombra. Bisogno di riservatezza Della Ferrante si sa molto molto poco: pare che sia napoletana, sulla cinquantina, che abbia conosciuto il marito, studente (di architettura?) greco quando era a Napoli e adesso viva con lui e due figli a Atene. La narratrice che rifugge salotti, premi letterari, interviste - e che nessuno ha mai incontrato, tranne il suo editore (Sandro Ferri delle edizioni e/o) -, nel dialogo epistolare con Martone ribadisce più volte il suo estremo bisogno di riservatezza. E non solo: si dichiara entusiasta della sceneggiatura («Mi ha entusiasmata al punto che, pur avendo provato spesso a scriverle, non sono riuscita ad andare mai oltre le prime righe di dichiarazione di stima e di ammirazione per il suo lavoro...»), ma incapace di contribuire alla realizzazione del progetto. In realtà l'imbarazzo della Ferrante supera ben presto le righe iniziali del carteggio: nelle lettere la scrittrice si toglie il velo e il suo volto più vero, quello di un'efficiente e abile professionista della penna, in grado di intervenire punto per punto, di dare suggerimenti destinati a rivelarsi preziosi, di prendere di petto le questioni e affrontarle scavando fino all'osso. E' puntuale, precisa, persino fin troppo minuziosa, l'autrice del tormentoso romanzo che mette a confronto una figura materna sensuale, vitale, impulsiva, capace di su- scitare grandi passioni, e quella della figlia che ha cercato per tutta la vita di assumere un'identità mascolina - dai tratti duri, gelidi, controllati - per affermare la propria diversità dalla madre. E interviene per modificare, interpretare, anche nelle più sottili sfumature, le singole scene. «Delia (la figlia, nel film interpretata da Anna Bonaiuto, ndr) è una persona contratta in ogni muscolo, in ogni parola, gentile e gelata, af¬ fettuosa e distante. I suoi rapporti con gli uomini sono non esperienze, ma esperimenti per mettere alla prova un organismo strozzato: esperimenti tutti falliti». Nei suggerimenti della scrittrice non c'è soltanto approfondimento dei personaggi e indagine psicologica, ma anche consigli sull'uso del dialetto (il film, accolto molto bene dalla critica, non ha mancato di suscitare polemiche per il napole¬ tano molto stretto dei dialoghi che in alcune città del Nord si è dovuto tradurre con sottotitoli), sulle scene più scabrose, persino sulle singole battute: «Delia può rispondere, senza contraddizioni: "Già. Due o tre anni", oppure lascerei solo il "già", oppure lo sostituirei con "si, parecchio". Inoltre seguita a infastidirmi la risposta di Maria Rosaria; forse ci sento un pericolo implicito in tutte le battute in dialetto: lo stereoti- po in agguato della recitazione a cadenza napoletana lagnosa, zuccherosa, tremolante, sovratono, di un sentimentalismo esibito che non comunica sentimenti...». Il regista napoletano è sedotto, trascinato da tanta messe di capillari osservazioni e le avverte come fondamentali: «Una sceneggiatura, infatti - osserva Martone -, è un po' come una mappa: più è precisa, più rende libero il viaggio che comincia con le riprese del film». Riconosce che in alcuni casi il viaggio è stato agevolato dal contributo della Ferrante «che - afferma in una nota alle lettere uscite su Linea d'ombra - ha intuito che il film poteva strappare ancora altri veli, e mi ha spinto a farlo, quasi si trattasse di un prolungamento dell'azione del libro». «Riapro i conti con me stessa» Il rapporto tra il cineasta e la sconosciuta signora appare proprio un raro idillio, un insolito flirt intellettuale, di quelli che quasi mai si verificano nella storia del cinema, punteggiata di incomprensioni, rivalità e frequenti e cocenti delusioni dell'autore che vede manipolato e snaturato il suo pargoletto letterario. Tutto sembrerebbe preludere a un incontro con Martone, a un'uscita allo scoperto della Ferrante che invece non si fa vedere. Ma la scrittrice ribadisce che preferisce mantenere la sua stretta privacy. «Sono certa che il suo film mi segnerà profondamente e che per un po' dovrò riaprire i conti con me stessa, con ciò che ho fatto finora, con quello che intendo fare in futuro. E' perciò che, dopo molti tentennamenti, ho deciso di concentrarmi su questo nuovo testo e di tentare di portarlo a termine, senza rischiare interruzioni che potrebbero essere definitive». Non è detto che ad assistere alla prima del film non vi sia stata proprio la misteriosa signora con il suo vero nome: così anche la sua vita è un po' come un romanzo. Mirella Serri Nelle lettere la scrittrice rivela la sua vera indole: dà consigli sulla sceneggiatura, interpreta, modifica Ma mantiene il segreto sulla propria identità e rifiuta persino di vedere la pellicola Il regista Mario Martone e sotto una scena del suo film «L'amore molesto», tratto dal romanzo d'esordio di Elena Ferrante: della scrittrice non si sa quasi nulla, e anche il nome probabilmente non è quello vero In basso Francois Truffaut

Luoghi citati: Atene, Cannes, Martone, Napoli