Vìgili corrotti con cassa comune

Tutto iniziò con la Polstrada Accettavano soldi da imprenditori, «prassi diffusa nel reparto di pronto intervento» Vìgili corrotti con cassa comune L'arrestato rivela: «Versavamo le mazzette a un tesoriere poi dividevamo. Su 90 di noi, soltanto tre non lo sanno» «E poi c'era la cassa comune: versavamo tutto lì, mazzette e buoni benzina, poi dividevamo in parti uguali». Esplode su queste parole lo scandalo vigili: una storia che ha lasciato di stucco i due magistrati che hanno ascoltato la confessione di Renato Pratone, 54 anni, il vigile motociclista arrestato giovedì per corruzione, e il suo difensore, l'avvocato Loredana Gemelli. Tutti e tre sbalorditi, di fronte al racconto di quella che era «una prassi diffusa», l'ha chiamata così, il vigile. Un'abitudine che andava avanti da anni al reparto di pronto intervento. E che, secondo le sue dichiarazioni, riguarda una novantina di vigili, su un centinaio in servizio: «Solo tre sono sicuramente ignari di tutto». Pratone ha ammesso di aver raccolto tangenti piccole e grandi assieme ai suoi colleghi, e buoni benzina per centinaia di mila lire alla volta. Soldi che venivano rastrellati in tanti modi: chiudendo un occhio sui carichi dei camion (50-100 mila alla volta), oppure scortando anche quando non ce n'era bisogno i carichi eccezionali, evitando così controlli sgraditi (anche qui, 50-100 mila); oppure facendo ottenere in un batter d'occhio le revisioni dei mezzi (grazie alla complicità di un impiegato della Motorizzazione), e alleggerendo le multe fatte da altri colleghi. A Pasqua e a Natale c'erano poi regali più consistenti: buste con buoni benzina, da 500 mila lire a 2 milioni ciascuna. Quei soldi venivano ogni volta affidati a un tesoriere, un altro vigile - sul cui nome c'è per ora grande riserbo - che provvedeva a raccogliere a fine giornata, segnava le singole «offerte», poi pensava a come destinare quei soldi. E forse non ci trovava niente di male, in quell'incarico di ragioniere delle mazzette. Come anche Pratone, che è «molto dispiaciuto di tutto questo», ma, spiega il suo avvocato, «ha l'atteggiamento dell'uomo politico che ammette di aver preso i soldi, e ribadisce di averli dati tutti al partito». Pratone lo ha ripetuto più volte: nessuno di loro ha mai intascato soldi per sé. C'era una spe¬ cie di patto di ferro, in quel reparto, che obbligava tutti a versare quanto ricevuto: «Il denaro veniva poi utilizzato per fare i regali: ad esempio, i doni per il collega che si sposava, o per quello a cui era nato un figlio. E poi c'erano anche i regali per chi andava in pensione». Ma non c'erano solo doni: spesso si facevano cene e pranzi, racconta il vigile, e a pagare era sempre il «tesoriere», che prelevava dalla cassa. Un conto preciso i magistrati - Enrica Gaietta e Giuseppe Ferrando - non l'hanno ancora fatto. Però hanno chiarito un elemento fondamentale: questa storia andava avanti da anni, e si è interrotta solo nel dicembre del '94. Pratone ha di¬ chiarato di esserne a conoscenza fin dal 1986, e ha aggiunto che le cose stavano così anche prima. Poi ha spiegato: «A fine anno, il tesoriere divideva quello che restava: di solite toccavano a ciascuno 70-80 mila lire». E il resto? Speso in regali e cene. Il sottufficiale era addetto all'ufficio verbali, un posto strategico per tanti motivi. In quell'ufficio di corso XI Febbraio passavano tutti, ognuno con la sua richiesta. E qui Pratone ha aperto un altro capitolo: quello delle multe che venivano «alleggerite». Un esempio per tutti: le multe per essere passati con il rosso venivano derubricate (con la scritta «errata trascrizione») in infrazioni di minor gravità. Fino a ieri agli atti dell'inchiesta c'erano solo gli interrogatori di 5 imprenditori (indagati per corruzione, falso e abuso): decisero di collaborare con i magistrati, fecero il nome di Pratone. Adesso la procura ha in mano anche la confessione di Pratone, che conferma tutto e in più tira in ballo superiori e colleghi, compreso quel Piero Mussano che è indagato con le sue stesse accuse. Il vigile ieri pomeriggio è stato riportato al carcere di Cuneo. Lunedì comparirà davanti al gip Amisano per un nuovo interrogatorio. Mussano invece dovrebbe essere sentito nei prossimi giorni. Brunella Giovara A Pasqua e a Natale ricevevano buste fino a due milioni

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