La Francia cambia padroni

La Francia cambia padroni Dall'Alcatel alla Suez, da France Télécom al gigante elettrico Edf, scompaiono i vecchi nomi La Francia cambia padroni Un terremoto nell'economia di Stato PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Neppure Dallas o le telenovelas carioca regalano ai telespettatori palpiti e colpi di scena che l'un tempo assai noiosa economia francese da qualche mese dispensa senza tregua. Cadono gli Intoccabili. I Suard, i Worms, i Fournier... Ma cambiano, soprattutto, le regole del gioco. Aggiungiamoci le privatizzazioni in corso (da Renault a Usinor-Sacilor) l'arrivo della nuova nomenklatura chiracchiana nei posti chiave, nuove nomine a tappeto (l'ex ministro di Balladur Edmond Alphandéry candidato per Edf, Gerard Mestrallet già in carica quale presidente e direttore generale nel gruppo Suez), il diktat europeo al Crédit Lyonnais affinché ceda 330 miliardi di franchi di attivi esteri, la guerriglia in corso - infine tra governo e padronato sul piano impiego e avremo la misura dell'uragano che scuote l'intero establishment transalpino. Colbert addio? E' la diagnosi, perlomeno, de «The Economist». Il settimanale britannico osserva divertito «il refolo di anarchia» che soffia sulla Senna. Ricordandogli «più i barbari di Wall Street che i freddi razionalisti della Borsa parigina». Ma procediamo per gradi. E iniziando dalla cronaca più recente. Il cambio delia guardia a Edf - l'Enel francese mostra (e «Le Monde» lo sottolineava con particolare vigore l'altro ieri) la determinazione del premier Juppé nel voler riprendere in mano le aziende pubbliche. Un indizio era stato il siluramento di Marcel Roulet a France Télécom. Oggi tocca a Edf. Poco importa che sia un ex balladuriano purosangue a ereditarne la poltrona. Ciò che davvero contava era espellere il predecessore, Gilles Ménage, ex capo gabinetto di Mitterrand e come tale non più in linea con il Nuo- vo Corso gollista. Quanto a Mestrallet, da venerdì rimpiazza un altro Gerard (Worms) alla testa della Compagnie de Suez. Un'elezione all'unanimità, ma dietro cui già s'intravedono conflitti strategici seri. Monarca semiassoluto, Worms non aveva vice. Mestrallet si ritrova invece alle prese con due angeli custodi: Jacques Friedmann, pdg del gruppo assicurativo TJap, e Jerome Monod, presidente-direttore generale della Lyonnaise des Eaux. La loro presenza, antagonistica, ben illustra il dilemma che Gerard Mestrallet si ritroverà a dover risolvere in tempi medio-brevi: scegliere, cioè, tra portafoglio industriale e finanziario. L'equilibrio attuale non è soddisfacente. Bisognerà indivi- duare una coesistenza nuova, razionalizzando le scelte. Che saranno, comunque, dolorose. Di Worms Mestrallet era il delfino. Sembrerebbe quindi una successione indolore. Ma le cose stanno in altri termini. E vale la pena rievocare il feuilleton primaverile della Suez-story perché in filigrana vi si può leggere la «crisi d'identità» del French Capitalism. Torniamo un attimo indietro. Il «modello francese classico» era, come i collants, autoreggente. Vale a dire non esposto alle bufere dei mercati né condizionato da un azionista di riferimento. Il «nocciolo duro» serviva come autoprotezione per difendere la dirigenza da raiders e, in generale, attacchi stranieri. Lo Stato era dunque il primo a rallegrarsene. Ma oltre a soddisfare le esigenze nazionali (se non nazional-sciovinistiche) il «no pasaran» forniva ai pdg una patente d'impunità senza equivalenti nell'Europa contemporanea. Donde la scarsa trasparenza del sistema, e un certo deficit di democrazia. Due elementi negativi che l'attuale ministro dell'Economia Alain Madelin vorrebbe far evolvere verso gli standard internazionali. Il pdg Re Sole dovrà quindi dire addio alle sue Versailles per traslocare nei più aleatori palazzi della sovranità costituzionale. Pierre Suard - l'ex patron di Alcatel-Alsthom, sostituito da Serge Tchuruk (Total) - e lo stesso Worms non potranno più avere emuli nelle rispettive aziende. In entram¬ bi i casi, e per ragioni diverse (nella vicenda Alcatel a Suard furono fatali le noie giudiziarie), più che di avvicendamenti sarebbe legittimo parlare di detronizzazioni. Il j'accuse di piccoli e grandi azionisti levatosi all'improvviso contro Gerard Worms e culminato in una precisa richiesta di dimissioni lasciandolo - dicono i testimoni - attonito, ne è lo specchio. Crollava l'ancien regime. Per costruire il nuovo occorreranno, nel migliore dei casi, parecchi mesi. Ma le fondamenta ci sono già. La primavera-estate '95 farà testo negli annali di storia economica come l'esordio della perestrojka in salsa francese. Innovazione e conservatorismo si danno battaglia con una foga, direbbe l'«Econo- mist», indegna del Paese cartesiano per eccellenza. Benché ogni Riforma postuli una Controriforma simmetrica e opposta, Madelin pare in grado di potersi aggiudicare la battaglia, anzi la guerra modernista. Ma le recenti designazioni d'apparato, basate sulla contiguità politica, indicano che all'interno stesso del rinnovamento non mancano fattori di blocco. Chirac lo sa. Ha 7 anni prima di traslocare dall'Eliseo. Ma molti meno per convincere i francesi che la sua utopia di dna nazione coesa e solidale, priva di strozzature sociali ma ancor più economiche, non era l'ennesima, vana promessa elettorale. Enrico Benedetto Juppé vuole riprendere in mano le imprese pubbliche Sotto attacco i «noccioli duri» quei patti tra soci che bloccano il mondo di finanza e industria LA RAGNATELA DEL POTERE STATO FRANCESE FONTE: The Economi*! / Qui accanto il presidente francese Chirac Sopra Gerard Worms e a destra Pierre Suard

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