Negus l'enigma etiope di Mirella Serri

A vent'anni dall'uccisione, una biografìa di Del Boca A vent'anni dall'uccisione, una biografìa di Del Boca Negus, l'enigma etiope Riformatore o despota senza scrupoli? v ylN severo e benevolo paI triarca. Le foto ufficiali, | scattate qualche tempo priI I ma del suo arresto e della VJ tremenda morte, ritraggono Hailé Selassié I, ultimo imperatore d'Etiopia - il volto magro e affilato, lo sguardo duro e intelligente - in confidenziale colloquio con Nixon. Oppure lo riprendono a spasso con l'amico Pompidou, affiancato da Lulù e Papillon, i due Chihuahua da cui si separava raramente. 0 l'immortalano mentre mostra orgoglioso la medaglia della pace conferitagli (il 2 febbraio 1972) dal segretario generale dell'Onu, Kurt Waldheim. Ma il Negus non ebbe molto tempo a disposizione, appena rientrato in patria, per assaporare il gusto dei riconoscimenti internazionali ambiti da decenni: i militari del colonnello Menghistu erano pronti a far scattare una trappola mortale. Sulle reazioni dell'ottantaduenne imperatore all'annuncio della sua detronizzazione - come racconta Angelo Del Boca nella bella biografia Il Negus. Vita e morte dell'ultimo re dei re (Laterza), proprio a distanza di vent'anni dalla tragica scomparsa - ci sono due versioni. In quella ufficiale, il monarca sembrò accettare abbastanza serenamente la sua sorte. L'altra, sicuramente più vicina al reale svolgimento dei fatti, riferisce che l'incredulo Hailé Selassié si rifiutasse di andare con i due ufficiali che gli avevano letto un lungo elenco di accuse infamanti. Dovette intervenire l'amato cugino, ras Immiru, per convincerlo a seguire la sua «scorta» e a salire non su una delle solite Mercedes, ma su una scassata Volkswagen verde preceduta da pesanti automezzi militari. La solidarietà, la stima, il rapporto stretto con le potenze occidentali che il re d'Etiopia aveva da sempre coltivato non gli servirono, dopo l'arresto, a nulla, nemmeno a preservare la sua vita, né quella dei suoi famigliari. Hailé Selassié, tenuto prigioniero dalla giunta militare, fu operato alla prostata il 31 maggio 1975. L'intervento andò piuttosto bene. Ma il 27 agosto un comunicato succinto e ambiguo rivelò che il Negus era stato trovato morto da un domestico, nella baracca di legno dov'era rinchiuso. Ormai è certo: è stato reso noto nel dicembre 1994, dagli atti del processo contro gli esponenti del regime autoritario e filo-sovietico del «ras rosso», Menghistu. 11 Negus fu soffocato nel letto da un medico militare. Era presente lo stesso colonnello per controllare che tutto filasse senza intoppi. Lo scopo di tanto accanimento contro l'anziano monarca, vessato durante la reclusione da numerosi interrogatori per ottenere informazioni sui suoi depositi bancari all'estero, era di togliere di mezzo una figura carismatica e ancora molto amata, un fardello ingombrante per la «rivoluzione» dei militari, destinata a sfociare in un bagno di sangue. Scompariva così uno dei personaggi più discussi e controversi della scena africana. Qual era la vera personalità dell'imperatore d'Etiopia? Era stato un autentico e ambizioso riformatore, desideroso di svecchiare, di far raggiungere al Paese livelli di civiltà più avanza- ta? Oppure era vero quello che asserivano i suoi numerosi detrattori, che era un despota privo di scrupoli, che esercitava il suo potere nell'assoluta convinzione di essere il depositario di verità e certezze quasi divine? Il Leone di Giuda, l'Eletto di Dio, come veniva chiamato, era nato nel 1892 e, al momento dell'incoronazione nel 1930, già era connotato dalla doppia e ambigua immagine di modernizzatore e di conservatore, da quel mix di metodi autoritari e paternalistici che caratterizzeranno tutto il suo regno. Nella memorabile cerimonia dell'ascesa al trono a Addis Abeba, baraccopoli fatiscente, con le strade abitate da mendicanti e lebbrosi, sfilava un corteo regale per il quale un orafo londinese aveva confezionato venti sontuose corone di perle e diamanti ed era stata spesa quasi una tonnellata d'oro. Ma, appena eletto, il Negus cercava anche di mettere a punto un moderno programma di riforme e tentava di stabilire un rapporto tra l'Etiopia e le più progredite nazioni europee, mentre provvedeva al riarmo per difendere i confini minacciati dall'Italia fascista. Hailé Selassié era dotato di una particolare abilità diplomatica e di un grande intuito politico. Ma, in occasione dell'offensiva italiana, dimostrò di aver supervalutato la capacità di mediazione del mondo occidentale e delle sue organizzazioni, come la Società delle Nazioni. Anche dopo l'incidente di UalUal - gli italiani avevano occupato fin dal 1930 i 359 pozzi più importanti dell'Ogaden e il Negus compiva azioni di disturbo per far capire che non si era rassegnato alla loro perdita -, i suoi tentativi di scongiurare la guerra non conoscevano sosta. Il suo obiettivo era di attirare lo sguardo del mondo sulla gravità della situazione nel Paese, evi¬ tando di far cadere la controversia italo-etiopica nel silenzio. Ma non otteneva nessun ascolto e il 24 dicembre 1934 Mussolini autorizzava il generale De Bono a partire per l'Eritrea con l'incarico di allestire il corpo d'invasione; il 27 dello stesso mese ordinava la mobilitazione generale in Somalia e quella parziale in Eritrea, il 30 consegnava ai suoi collaboratori più vicini un promemoria segretissimo con cui si assumeva in pieno la responsabilità politica dell'aggressione all'Etiopia. Il successivo, drammatico appello del Negus sarà dopo la vittoria italiana, dopo che era stato costretto alla fuga dall'Etiopia a bordo dell'incrociatore inglese Enterprise. Il 30 giugno 1936, avvolto in un ampio mantello di seta nera, il Negus saliva sulla tribuna ginevrina della Società delle Nazioni e denunciava gli intrighi escogitati dai fascisti per alimentare nell'impero il caos e l'eversione. Rammentava l'uso dei gas tossici da parte dell'aviazione italiana contro gli etiopi e ricordava che l'occupazione fascista bloccava un processo di trasformazione dell'Etiopia faticosamente iniziato negli Anni 20. Il suo grido di allarme sulla vera natura del fascismo rimaneva, però, inascoltato. In un singolare amalgama di lungimiranza, megalomania, duttilità, rigidità, estrema disinvoltura nel muoversi tra congiure di palazzo, guerre locali e tradimenti personali, il Negus seppe per quasi mezzo secolo, imporre la sua presenza sulla scena politica mondiale. Si acquistò la fama di «pellegrino della pace», predicando l'unità degli africani, la moderazione, la concordia, le virtù del negoziato. Salvo poi contraddire radicalmente le più buone intenzioni con l'annessione dell'Eritrea il 14 novembre 1962, in cui commise - scrive Del Boca - «il più grave errore della sua lunga carriera di statista». La guerra in Eritrea sarebbe durata trent'anni e sarebbe slata tra le cause della sua caduta. Nel 1970, quando arrivò in visita ufficiale in Italia, le opinioni sul suo conto erano ancora divise. E non c'è dubbio che il patriarca africano incarnava tutte le contraddizioni del suo Paese riuscendo però a rappresentare un fattore di equilibrio. «Hailé Selassié - scrive Del Boca - ha sicuramente commesso molti errori... ma la rivoluzione che 10 ha travolto nel nome della libertà e del progresso si è rivelata cento volte più infausta del suo regime; ha causato all'Etiopia danni irreparabili; l'ha sprofondata in quella guerra civile che Hailé Selassié aveva cercato di scongiurare; ha accelerato, anziché bloccare, 11 processo di disintegrazione del Paese». Insomma, dopo di lui, il diluvio. Mirella Serri Un misto di duttilità e rigidità, lungimiranza e megalomania: irripetibile fattore di equilibrio Hailé Selassié nel giorno della sua fastosa incoronazione, a Addis Abeba nel 1930. A destra, il Negus è con Paolo VI nel '70. in basso con Winston Churchill nel '54