Balli di guerra da discotecanti

Tra balere e «silos del divertimento», per nascondere il vuoto Tra balere e «silos del divertimento», per nascondere il vuoto Balli di guerra da discotecanti Viaggio negli ultimi templi della musica 7Z IE la musica è la sirena delL ' la festa e dell'altrove la di% scoteca è il suo ultimo tem11 pio, la sua ultima spiaggia. si. lUna discoteca in continua trasformazione, luogo di arrivo e partenza per cambiare corpi, sensazioni, stili di vita. Il «paesaggio musicale» dagli Anni 60 a oggi è cambiato più volte, ha creato una flora complicata, mostruosa, di non sempre facile lettura. Come erano riposanti le «balere» degli Anni 50, quelle del sabato sera, della domenica pomeriggio, con le ragazze e le mamme sedute in attesa, e gli uomini di fronte a scrutare i lievi rossori sui volti. Un valzer, un tango, un lento e niente sesso, solo lunghi, sfibranti fidanzamenti. La fabbrica e l'orchestra regolavano e «disciplinavano» la vita. E si aveva un bel parlare alla De Martino di rito pagano o simulazione della pigiatura dell'uva e della mietitura del grano. Serate regolari, osé o eccitanti solo nella mente dei ballerini. Poi qualcosa si è rotto, lo spartito si è fatto di fuoco. Le note sono diventate armi contundenti e micidiali e il «paesaggio» s'è trasformato nei colori minacciosi di Biade Runner, Terminator e di tutto il trash snobistico e becero dei film di serie B. Le sale da ballo sono diventate astronavi da Guerre stellari, labirinti medioevali, isole che non ci sono. Un viaggio intomo e dentro questi nuovi «silos del divertimento», «fabbriche dello sballo», l'hanno scritto due musicofili e giovanologhi genovesi: Carlo Antonelli e Fabio De Luca, Discoinferno (ed. Theorial. Un lungo racconto, fra reportage e documento, interessante, partigiano, un po' irritante quando si fa troppo compiaciuto. Dalla preistoria delle sale da ballo, dove il sesso è negato, ai primi whisky a go-go, dove non si balla, o si balla molto poco, e in compenso si fa del petting, insomma ci si bacia un po', ai primi locali pop, ai Piper, dove la luce più o meno stroboscopica altera la percezione, fa svanire e spezza gli spazi. E compie mutamenti più importanti ancora: separa la coppia dei ballerini, allontana i «veri luoghi» del divertimento dal quartiere, dalla possibilità di controllo. Si entra in «Mondobeat», a metà degli Anni 60, a Milano. Hippy, Situazionisti, Anarchici, Teddy, tutto si complica. E anche il ballo. La Politica Totale vuole che il «danzare» diventi rito collettivo, comunità, uno stile di vita. Per i «nuovi bisogni» del «Tutto e subito» chi ha fiuto s'inventa la discoteca, dove ci si sta in tanti, la musica attraversa corpi e cervelli e c'è un buio da futuro prossimo venturo. «Nella discoteca del tempo radicale si svolgono le più svariate attività: musica, ballo, spettacolo, meditazioni, happening, dibattiti, riunioni politiche...», scriveva l'architetto Piero Derossi, l'inventore del Piper Club di Torino e del «mitico» l'Altro Mondo Studios di Rimini. «Piper, la fine del mondo», era uno dei suoi slogan. E gli faceva eco Fulvio Ferrari, torinese, collezionista di modernariato e vendi- tore di «discoteche» d'epoca: «Vivere dentro spazi immensi e posto per poter fare ogni cosa che viene in mente». Vecchie utopie, altri mondi paralleli, ancora «nursery» per una gioventù fratella a Peter Pan. E' proprio in quel momento lì che la Tradizione reagisce e i «geniali» Casadei ti piazzano, non lontano dall'Altro Mondo, la «Cà del Liscio» dove in abiti della domenica si può ascoltare Raoul «Simpatia». Illusioni di «rivoluzione», contro illusioni di «tradizione», il conto non è chiuso. Ma intanto ci becchiamo il «travoltismo», la febbre del sabato sera, il finire dei 70 e gli Anni 80, la rucola e gli abiti firmati, le preoccupazioni di latta continua (giornale) per gli operai «tutti moto e figa e niente politica». Megadiscoteche da Cuneo a Canicatti a fari puntati contro il cielo, buoni per incendiare a quota novemila. Cambia il mood, cambia il groove, lo swing. Cambia la musica. Philip K. Dick e William Gibson sono gli scrittori profeti, eredi di Poe e Tolkien e di tutti i «morti viventi». C'è in aria un nuovo romanticismo che mescola estetismo nipponico ed elettronica al gioco dello specchio e del replicare. «Sembra futuro, ma è solo una rappresentazione realistica del presente», scrivono Antonelli e De Luca. La discoteca raccoglie «segni» e li rilancia. Grande vetrina, grande magazzino, è influenzata e influenza. Laboratorio e luogo di produzione. Moda & Modi del Tenax e il Manila di Firenze, del Big e dell'Hiroshima di Torino, dello Psyco di Genova, del Rock Hudson a Rimini, dello Uonna a Roma. Il look, lo stramaledetto look che riempie il linguaggio e i corpi di quegli anni o che fa invocare a Pier Vittorio Tondelli, e non solo a lui, il desiderio di un ritorno alla «normalità», all'invisibilità. Ma la «discoteca» sa come rispondere. S'inventa il «ravos», la caccia al tesoro del «E' qui la festa?». Capannoni industriali, vecchie fabbriche dismesse, mulini, magazzini e quant'altro di «neogotico» è sparso sul territorio viene assunto come «spiazzamento musicale». Indicazioni enigmistiche su cartelli infissi a muri e alberi, spediti underground in buca, segnalano il luogo per note acide e techno. La vita è, o no?, un ottovolante? Ma anche destrutturalismo, citazionismo, eccetera. Cioè: andare in discoteca è, a saperlo, come una lezione al Dams di Eco. Raves era anche recupero di zone abbandonate, di fiato ecologi¬ sta, di cartografia Afterhour fu la nsposta. Una risposta consumista, quella del «senzaorario», del seni pre aperto, dalle sei di mattina al pomeriggio successivo. '11 sballi nella notte e se non trovi un albero al centro della strada che ti tenni puoi andarci a prendere un caffè con brioches. Sono vecchie discoteche di paese, piccoli clubs, sagre: tutto un folk al limite di Casadei. Lo zainetto del discotechista comprende: Flyer per il rave di sabato prossimo alla discoteca «Disco Xenon», vicino a Ladispoli, foto con dedica di GigettO-DJ, «I,'Aibellino della Magliana», T-shiil con il logo della Nervous Records, telefonino cellulare, Snoopy di peluche, agendina Casio-Organizer, walkman Sony, compilation «Atmosphera voi. 5», preservativi «alla fragola». Un po' téenager che la mattina tornano dai genitori senza aver l'atto sesso e un po' lupi mannari, dicono Antonelli e De Luca, raccontando i discotechisti, quelli del Veneto, i Maso e i lanciatori di pietre, o quelli liguri della roulette nissa. Dioniso e gli Ultracorpi, realta virtuale e ricerca del «doppio». Da rave si passa a rage, rabbia. I discotecanti simulano danze di guerra per nascondere un vuoto e una tristezza senza memoria, androidi o supergladiatori. O spugne che sentono di essere circondati da una immensa, inutile violenza? Nico Orengo Dal liscio di Raul «simpatia» alle note acide e techno Paesaggi alla «Biade Runner» nelle fabbriche dello sballo Tre immagini di serate in discoteca. Un libro descrive il «panorama musicale» dagli Anni Cinquanta a oggi L'originalità è d'obbligo sulla pista da ballo: T-shirt della Nervous Records, telefonini, Snoopy di peluche, agendine Casio-Organizer