Don Ciotti: «Uno legge umana che ormai rischia il fallimento» di Angelo Conti

Don Ciotti: «Uno legge umana che ormai rischia il fallimento» CARCERE E MALATTIA Don Ciotti: «Uno legge umana che ormai rischia il fallimento» U N magistrato ha chiesto al carcere delle Vallette: «Mandatemi l'elenco dei detenuti con Aids conclamato, me lo tengo nel cassetto così non li arresterò più nemmeno per un'ora». Un altro magistrato, un gip torinese, ha scritto una lettera al ministero di Grazie e Giustizia denunciando l'aberrante situazione: «Caro ministro, come devo fare?» Altri giudici hanno sollevato nuovamente l'incostituzionalità della norma (il decreto ministeriale «Martelli» del settembre '92). Mentre i sindacati di polizia parlano, senza mezzi termini, di «vergognosa immunità, che mette a rischio gli agenti» ed i medici del carcere, che sono chiamati a certificare lo status di malato conclamato o di malato con grave crisi immunitaria, si pongono dubbi sull'attualità scientifica del decreto. Remo Urani ò il direttore sanitario delle Vallette: «Ci limitiamo a prendere atto dell'Aids conclamato o di due successive analisi del sangue con i linfociti T4 sotto quota 100 unità. A quel punto tocca al magistrato scarcerare il detenuto o la persona appena arrestata. Ma non ci sono spazi per la discrezionalità, sono misure che vengono assunte meccanicamente, di routine». La norma aveva soprattutto la finalità di garantire una morte più serena a persone tanto sfortunate: «Il valore umanitario di una simile iniziativa è fuori discussione. Ma adesso, con il miglioramento del- le terapie, si riesce a mantenere in vita soggetti con Aids conclamato per molto più tempo. C'è gente, fra quelli che entrano ed escono, che gode di questo status da 2-3 anni». A Torino sono più di 90 i detenuti scarcerati per questa legge, 25 solo nei primi 7 mesi di quest'anno. Una schiarita, forse fra pochissimi giorni, potrebbe venire dalla Corte Costuzionale. La Procura torinese ha infatti avanzato una richiesta di pronuncia sulla legittimità costituzionale dopo il caso Vona, la ragazza scarcerata e poi autrice di una aggressione con la siringa ai danni di un'anziana pensionata. Il gip l'ha trasmesso alla Consulta che emetterà il suo verdetto a giorni. Il procuratore capo Francesco Marzachì confida nella comprensione della Consulta: «Quella norma vuole salva¬ guardare l'integrità degli altri detenuti, ma evidentemente non pensa alla gente che sta fuori. Che corre il rischio di essere rapinata, aggredita, punta con siringhe infette da persone impunibili». Resta la difficile scelta di soluzioni alternative: ((Arresti domiciliari e soggiorni in comunità non servono, perché i malati-detenuti se ne vanno. Il repartino delle Molinette è troppo piccolo, quindi assolutamente inadatto». Resta l'idea del Questore per la creazione di un ospedale criminale: «Potrebbe essere una strada praticabile, è un discorso da approfondire». Don Luigi Ciotti, del Gruppo Abele, ha sempre vissuto il problema carcere-Aids con grande partecipazione: «La società si deve difendere dai comportamenti pericolosi, ma quando l'allarme nasce nei confronti di persone che, uscite dal carcere, trovano il deserto, occorre essere meno sbrigativi e capire che la risposta più giusta non è invocare il carcere a tutti i costi, ma sollecitare la costruzione di strutture di accoglienza, di supporti terapeutici, di accompagnamento verso l'inevitabile esito della malattia». Continua: «Se una legge giusta e umana non viene messa in grado di funzionare, si creano le premesse per il suo fallimento. Un esempio viene dalla commissione Sanità del Senato che ha denunciato che, dopo cinque anni, dei 4631 posti letto finanziati dalla legge sull'Aids non ne è stato costruito nemmeno uno. Val la pena di indignarsi anche per questo». Angelo Conti

Persone citate: Don Ciotti, Don Luigi Ciotti, Francesco Marzachì, Remo Urani, Vona

Luoghi citati: Torino