Bazoli «Il San Paolo venderà a chi resta » di Valeria Sacchi
Parla il presidente del Banco Ambroveneto Parla il presidente del Banco Ambroveneto Bazoli: «Il San Paolo venderà a chi resta » VICENZA. Professore, la pagherete bene la quota del San Paolo? «Bisogna sempre essere giusti, mai approfittare della situazione». Giovanni Bazoli sta entrando all'assemblea straordinaria di Ambroveneto che deve deliberare la fusione con Fiscambi. Sorride contento, ce l'ha fatta a rinnovare il patto. Per un po', almeno, nell'azionariato di Ambroveneto ci sarà, come sottolinea, «stabilità». Gli spiace solo una cosa: che i giornali si ostinino a definirlo «pio». Due ore dopo, attorniato da Lucien Douroux del Crédit Agricole, da Alfonso Desiata di Alleanza e dal presidente di Cariverona Paolo Biasi, i tre amici forti del «nuovo patto», risponde ai giornalisti. Professore, perché avete rotto col San Paolo di Torino? «Corniciamo dal come. Dopo discussioni di mesi, eravamo arrivati alla decisione di rinnovare in fretta il patto di sindacato. Martedì 18 scorso c'è stata una riunione, un po' laboriosa nella convocazione, del sindacato, e tre dei quattro gruppi erano decisi a chiudere. Zandano ha chiesto un rinvio che non è stato concesso. Alla fine i tre gruppi hannno subito formalizzato il nuovo patto. Ho avvertito della cosa Zandano il giorno 20, ed ho avviato con lui uno scambio di opinioni che ci ha portato al comunicato congiuntò del 23». E il perché? «Non c'era accordo, e non ci poteva essere. Il San Paolo chiedeva un secondo ammministratore delegato, due presidenze distinte tra banca e sindacato, una modifica della procedura di prelazione, non voleva che Cariverona crescesse oltre, né era d'accordo sui sette anni di durata. Lo capisco, essendo una grande banca, cercava in Ambroveneto punti d'appoggio per rafforzare la sua presenza nel Triveneto. Quindi pretendeva di essere azionista di riferimento, ed era in rotta di collisione con gli altri azionisti. Oggi abbiamo una nuova proprietà ben identificata». Conferma che col nuovo patto, nel direttivo del sin- dacato di tre membri si voterà per quote e non più per teste? «Esatto, il voto sarà in funzione del numero delle azioni che sono rappresentate». Il nuovo patto prospetta una suddivisione percen¬ tuale delle quote. Queste quote potranno essere modificate? «Le quote non possono essere modificate, salvo in sede di prelazione quando si debbano ripartire all'interno dei pacchetti azionari». In prospettiva, è possibile che qualcuno dei partner cresca di più? «La gabbia c'è, ma possono esserci accordi diversi. Tutte le regole possono essere cambiate». Cariverona potrebbe diventare il quarto partner del patto? «E' una delle cose non previste ma non escluse». Il capitolo San Paolo è definitivamente chiuso? «Mi sono adoperato per creare una cornice molto civile a questa rottura, per risolvere il problema di una eventuale offerta al Crediop. Affinché il passaggio per certi versi doloroso, e lo strappo, avvengano in modo civile». Se il San Paolo di Torino trovasse un altro gruppo cui cedere la sua partecipazione, ci sarebbe da parte vostra una chiusura verso costoro? «La ritengo un'ipotesi del tutto inverosimile. E'improbabile che qualcuno entri senza il nostro consenso. Aggiungo che potremmo anticipare l'avvio del nuovo sindacato, se si arriva ad una soluzione ragionevole. Che mi auguro tempestiva». Oggi l'aumento di capitale di Ambroveneto è più vicino? «Sì, senza dubbio. Il nuovo patto ha programmi di sviluppo che presuppongono un'operazione sul capitale». Da collocare dove? «Potremmo facilmente collocarne una parte anche all'estero, ora che l'assetto societario è stabile». Valeria Sacchi «Il gruppo torinese pretendeva di essere azionista di riferimento del nostro istituto Ecco il motivo della rottura con gli altri soci» A sinistra Giovanni Bazoli presidente di Ambroveneto Sopra Luigi Arcuti presidente dell'Imi
Persone citate: Alfonso Desiata, Giovanni Bazoli, Lucien Douroux, Luigi Arcuti, Paolo Biasi, Zandano
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