A scuola di odio nelle famiglie d'America
A scuola di odio nelle famiglie d'America Alcol, rabbia e violenza tra padri e figli: lo scrittore Russell Banks parla del suo best-seller A scuola di odio nelle famiglie d'America l OLFE Whitehouse non si fa nessuna illusione. Se una mattina suo padre fosse andato dietro il fienile, dice, e si fosse sparato alla testa, rivolgendo contro di sé in un solo terribile colpo tutta la violenza che ha inflitto ai suoi figli e a sua moglie per anni, anche così non li avrebbe liberati, perché sua moglie lo amava, e anche i figli lo amavano, e quel terribile colpo sarebbe stato rivolto anche contro di loro. «La sua violenza e il suo furore erano la nostra violenza e il nostro furore: non c'erano vie d'uscita». E' un racconto freddo e allucinante quello di Rolfe Whitehouse, uno storico americano alle prese con testimonianze, ricordi e documenti con cui ricostruisce la tragedia di suo fratello Wade, malinconico e sfortunato poliziotto in un piccolo paese del New Hampshire che sembra uscito da una fiaba dei fratelli Grimm. Wade ha vissuto insieme a Rolfe un'infanzia di abusi e violenze, ma al contrario del fratello soccombe alla frustrazione di un'esistenza fallita e finisce per rivolgere sugli altri tutto il male che è stato fatto a lui, diventando uno di quei mostri che i giornali americani tirano fuori ogni giorno dal nulla, nelle pagine della cronaca più buia. Questa è la storia di Tormenta, appena uscito da Einaudi nell'ottima traduzione di Massimo Birattari: il primo libro di Russell Banks a raggiungere l'Italia, e il sesto romanzo, su otto, che questo suadente professore di letteratura a Princeton ha scritto. «Un giorno un quotidiano canadese ha mandato un questionario ad alcuni scrittori», racconta. «Chiedevano: che cosa avreste fatto se non foste diventati romanzieri? Risposi: se non avessi cominciato a scrivere sarei un cadavere steso nel parcheggio di un bar della Florida alle due del mattino». Parla dolcemente Russell Banks, disincantato e senza pudore, nella sua casa di montagna negli Adirondarks a due ore da Montreal, circondata dai boschi e dagli orsi che rovistano nei cassoni della spazzatura. Tormenta è uno dei libri che lo hanno consacrato uno dei migliori scrittori americani contemporanei, con una voce tutta sua anche se intonata alla tradizione del realismo di Mark Twain. Dice che ci ha messo anni prima di riuscire a raccontare questa storia, e solo molto dopo la morte di suo padre, a cui il libro è dedicato, ha trovato il distacco necessario per estrarla dal cuore. «Mio padre è il vero protagonista del libro. Era un uomo alcolizzato e violento, mentre io assomiglio molto al narratore, Rolfe, lo storico che va a vivere lontano, da solo. Tuttavia, chiunque sia cresciuto in una situazione come quella, di rabbia, violenza e alcol, porta dentro di sé entrambe le personalità, Wade e Rolfe, il violento che continua a perpetrare gli stessi misfatti, e l'altro, che se ne tira fuori e si distacca». Russell Banks oggi ha 55 anni, si è sposato quattro volte, ha avuto quattro figlie, e ha una cattedra di prestigio ac- canto al premio Nobel Tony Morrison e a Joyce Carol Oats. Ma è come se avesse vissuto quattro vite. La prima, bambino in una casa poverissima nella campagna del New Hampshire, senz'acqua e senza bagno, dove per rimediare a una realtà intollerabile viveva nella fantasia, inventando magnifiche storie per sé e per il fratello minore. La seconda adole¬ scente rissoso, gran bevitore nei bar della Florida e nei Caraibi, sposato a diciannove anni a una commessa, per meno di dodici mesi. La terza è quella della speranza: una moglie giusta per lui, le figlie e una suocera che lo manda all'università. La quarta quella del successo: una moglie intellettuale per cinque anni, e poi Chase Twichell, la poetessa di cui si innamora «follemente, come accade a volte oltre i quarant'anni». Non c'è che dire, Russell Banks è un uomo che ha vissuto intensamente quanto intensamente scrive di un'America diversa da quella che conosciamo: l'America che calpesta le aspirazioni dei suoi figli. «Tutti conoscono il sogno americano, ma c'è anche la bugia americana. La bugia che noi non facciamo che ripeterci, a dispetto della realtà, è che siamo una società senza classi. Lo fanno la maggior parte degli scrittori, anche se ogni giorno vivono il contrario. E questo porta a una sorta di irrealtà che ci spinge a comportarci in modo irrazionale». E' qui che nasce e prospera quella rabbia che esplode furiosa nelle comunità più povere. «Quando il sogno ameri- cano non si realizza - continua Banks - la frustrazione prende il sopravvento E questo non accade tanto agli immigrati, che sacrificandosi solitamente riescono a mandare i loro figli al college, ma ai neri e ai bianchi anglosassoni più poveri, le due comunità che sono state qui più a lungo, eppure si trovano prigioniere di una realtà durissima. La mia famiglia ne è un esempio: era ed è rimasta sempre proletaria, pessimista e alienata». Come Rolfe Whitehouse in Tormenta, allora, Russell Banks confessa di porsi continuamente la stessa domanda, «Perché io?», perché è toccata proprio a lui la fortuna di uscire da quella spirale. «Credo sia il tipo di domanda che ossessiona chi è riuscito a costruirsi una vita al di sopra delle proprie origini. Perché sai molto bene che non necessariamente sei la persona più intelligente della famiglia, magari hai del talento, ma anche altri ce l'hanno... E' un mistero, ed è un mistero che ti rende superstizioso, perché ti porta a credere che non sei tu l'artefice della tua vita, ma ci sono altre forze...». Eppure, qualcosa dentro di sé gli ha dato una spinta enorme. «Scrivere - dice - mi ha cambiato. Mi ha costretto a stare a casa e mi ha costretto a raccontare storie. L'ho notato anche insegnando ai carcerati, qui, nello Stato di New York. Ho chiesto loro di raccontare degli episodi della loro vita, attenendosi strettamente alla verità. Ed è stato un processo di liberazione incredibile per loro, perché, ricostruendo la propria esistenza in modo coerente, ne hanno preso le distanze e hanno capito che potevano andare oltre. Questo sulla mia pelle è stato più vero che mai: raccontare la mia storia sotto forma di romanzo ha dato una griglia morale alla mia vita. E mi ha liberato dal mio passato». Livia Manera Esce «Tormenta»: così un bambino torturato per anni diventa un mostro» «Poveri sempre più poveri, ticchi sempre più ricchi La nostra società ci inganna» Russell Banks
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