Dossetti e i suoi figli Fu solo statalismo? di Pierluigi Battista

discussione. Su Liberal «processo» all'anti-De Gasperi discussione. Su Liberal «processo» all'anti-De Gasperi Dossetti e i suoi figli Fu solo statalismo? EROMA I erano quasi dimenticati di lui. Poco a poco si era sbiadito il ricordo dell'anti-De Gasperi, di uno dei padri della Costituzione repubblicana che aveva sì gettato il seme del «dossettismo» e ispirato schiere di «dossettiani», ma che con gli anni si era posto a distanza abissale dalla quotidianità profana della politica, dedicandosi invece, con indosso l'abito del monaco, a un orizzonte di meditazione che avesse piuttosto la Chiesa di Dio come suo centro. Dell'opera politica di Giuseppe Dossetti si stava addirittura perdendo la memoria. Poi il suo ritorno alla politica, nell'ultimo anno, ne ha fatto un simbolo di resistenza antiberlusconiana. Dossetti rientra nell'Italia della Seconda Repubblica indicato come un'icona da vecchi e nuovi seguaci. E come personificazione dei mali della Prima Repubblica dai suoi acerrimi avversari. Senza mai fare i conti, in un caso o nell'altro, con lo spessore storico della figura di Giuseppe Dossetti. Oggi che Dossetti sta combattendo, da un ospedale di Modena, la sua partita più difficile, il mensile Liberal dedica a una delle figure cruciali del cattolicesimo politico italiano un dossier, con scritti di Ernesto Galli della Loggia, Paolo Pombeni, Vittorio Possenti e Gianni Baget Bozzo, che ne mette in luce gli aspetti più controversi, discutendo anche, come nel caso di del dossettologo Pombeni, la genuinità del legame tra la nuova fiammata di dossettismo e il significato storico della figura di Dossetti. I dossettiani autentici, scrive Pombeni, ispirati alla «leadership personale e carismatica di Dossetti», incarnavano un'«opzione complessivamente alternativa alla linea che al partito cattolico era stata assegnata dal papato c dalla collocazione internzionale dell'Italia» e «si sentivano portatori dell'istanza di fondare il sistema politico italiano su basi realmente "costituzionali"» su un accordo «che recuperasse una sintesi dello culture storicamente propulsive del ventesimo secolo (che per loro erano il cattolicesimo e il socialismo) e l'esperienza storica di crisi del vecchio sistema politico che era rappresentato dai fascismi». Oggi invece si assiste allo svuotamento di questo progetto e «Dossetti viene portato sugli altari come difensore dell'intangibilità della Costituzione». «Strano destino», commenta Pombeni, «perla ragione filologica per cui i dossettiani furono sempre molto attivi nel denunciare le incompiutezze della se¬ conda parte della Costituzione». La Costituzione. Parlare di Dossetti significa inevitabilmente parlare della cultura, dell'ispirazione ideologica che ha nutrito e dettato l'elaborazione della nostra carta costituzionale. Generalmente gratificata, quest'ultima, dall'omaggio devoto dei sostenitori della sua «intangibilità» ma che secondo Galli della Loggia è all'origine di «conseguenze patologiche» che proprio nel dossettismo ritrovano la loro motivazione. Dossetti si ritrova così culturalmente «colpevole» di aver concepito la Costituzione esclusivamente come una «tavola di principi» in cui contano soprattutto i valori anziché l'articolazione istituzionale che ne consegue. All'opposto della Costituzione americana, cioè di una nConstitutio brevis esclusivamente incentrata sulle regole che presiedono all'organizzazione del governo e sui diritti dei cittadini», quella italiana, difesa in modo intransigente dal dossettismo, prefigura essenzialmente «una tavola prescrittiva di valori» (tra l'altro, aggiunge Galli della Loggia, articolata in ben 54 articoli su 137). «Stando alla sua lettera», commenta Galli della Loggia, «di tutto doveva occuparsi la politica, lo "Stato", la "Repub¬ blica", e tutto essa decretava come possibile alla politica: "proteggere", "tutelare", "promuovere', "garantire" ogni cosa». La Costituzione vagheggiata da Dossetti richiedeva così «dosi massicce di politica» dando quindi alla politica la possibilità di «accampare comunque e dovunque le sue esigenze, di occupare e assoggettare sempre nuovi spazi sociali, di esigere sempre più ingenti risorse». Risultato: «la Costituzione è divenuta così, in breve, il grande alibi della partitocrazia». E poi, scrivo ancora Galli della Loggia nel suo saggio su Liberal, nel partito cattolico è restata «quell'aspirazione a realizzare i valo¬ ri cristiani nel sociale» degradata a «ideologia di facciata di una corrente di partito, della sinistra democristiana»: «la sinistra de s'incarica della traduzione nella pratica del "progetto" e dei "princìpi", essa bada a "fare politica": all'Iri, alla Rai, alle Partecipazioni statali». Diverso il tono del saggio dello storico Vittorio Possenti, dove si spiega quanto sia infondata l'accusa di «integralismo» solitamente associata al cattolicesimo politico di Giuseppe Dossetti. E anche di quello di Gianni Baget Bozzo in cui si spiega, autobiograficamente, di come «avvertii che l'interesse fondamentale di Dossetti ora la Chiesa, non la politica». «Dossetti è un critico dell'Occidente», scrive Baget, «in una misura che trascende la sinistra e può invece avvicinarsi alla destra, a Spengler o a Junger». Dossetti, «convinto del primato della causalità religiosa, ha avvertito nell'Occidente una marginalizzazione del fatto religioso». E, «in questo non di sinistra», specifica ancora Baget Bozzo con una lettura che farà sobbalzare i dossettiani doc, «non ha accettato la secolarizzazione, anzi l'ha assolutamente respinta». Difficile accettare che il dossettismo venga ridotto a un semplice simbolo. Pierluigi Battista Pombeni: «Leader carismatico» Galli della Loggia: «Fu il padre d'una Costituzione partitocratica» A destra, Giuseppe Dossetti. Da sinistra, Della Loggia e Baget Bozzo Vittorio Possenti

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