Cagni l'autarchico rilancia la sfida
Cagni l'autarchico rilancia la sfida IL PERSONAGGIO Tornato in A ha rifatto la squadra con i giovani: «Ma chi ha soldi, fa bene a spenderli» Cagni l'autarchico rilancia la sfida «Salvare il Piacenza, tutto italiano per necessità» SERINA. Da sei estati, Luigi Cagni roda il Piacenza su per la Val Brembana. Una ventina di chilometri (e di curve) sopra Bergamo. Anche quest'anno è contento della scelta. «Fa un bel caldo di giorno, quanto serve per il lavoro fisico, e di notte arriva il fresco necessario per il recupero». Continua a guidare, anche ora che ha riportato in A la società che ormai è la sua vita, un blocco italiano. Ma non fa della situazione un fiore all'occhiello: «Non compriamo stranieri solo perché non possiamo permetterceli. Altrimenti, certo che ne vorrei». C'è chi dice che costano meno di tanti italiani... «A me piacerebbe che il Piacenza fosse in grado di sguinzagliare osservatori in giro per il mondo. Avere rapporti concreti, discutere le qualità dei giocatori segnalati. Vorrei fosse la società a lavorare per se stessa e per la squadra». Non dice che non comprerebbe mai un giocatore guardando una cassetta. Due scatti, due gol, qualche palleggio e un colpo di testa. Ma precisa: «Chi ha i soldi, e ha dei ritorni, fa benissimo a spendere». E spiega: «Ogni estate si fanno scoperte. L ultima riguarda il trust Juve-Milan. Quando le grandi hanno fatto alleanze, sempre noi provinciali abbiamo tribolato. Quindi l'invenzione di un campionato a fasce: le grandi per lo scudetto, le medie magari con sogni Uefa, le altre in lotta per evitare la retrocessione. E' sempre stato così. Gli Anni 60 dell'Inter, i '70 e '80 dellla Juve, poi è arrivato il Milan. Sono sempre fra le migliori, con l'aggiunta del Parma. Semmai adesso i distacchi sono meno marcati. I progressi tecnici e tattici hanno avvicinato giocatori e squadre». La gente, però, non si attendeva un mercato ancora così ricco, costoso. Sproporzionato al momento italiano. «Guardi, colpi grossi ne hanno fatti solo due. Per Baggio e per Stoichkov. Il terzo, quello di Signori, è abortito presto. I sacrifici li ha compiuti chi può permetterseli, chi ha dei ritorni. Il calcio in Italia è passato dal decimo al quarto posto nella classifica dei valori industriali. La Parmalat, un esempio, ha rientri importanti dell'immagine conquistata nel football mondiale. Non c'è nulla di scandaloso nelle differenze fra i mercati di Milan, Inter, Juve, Parma e quello del Piacenza. L'importante è che ognuno non faccia passi più lunghi della gamba». Di sicuro, il Piacenza non ha mai peccato di presunzione. Ma quest'anno il realismo societario la costringe a lavorare di più, a rischiare assai. Praticamente lei deve rifare la squadra. «E' vero, si è cambiato molto. Ho con me a Serina nove elementi nuovi e sette ragazzi della Primavera fra i quali un sedicenne. Noi guardiamo avanti perché dobbiamo farlo. De Vitis e Jacobelli potevano restare, hanno 31 e 32 anni, ma è questo il momento giusto per la svolta decisiva». Quanto le pesa aver spaccato il giocattolo... «Non ho spaccato nulla. Con la società abbiamo pensato che dopo tre anni molto belli, un ciclo era finito. Si poteva ancora aspettare, ma sarebbe stato un errore. Il gruppo ha avuto il merito di darci e darmi tutto. Ma un ciclo termina per l'esaurimento di tutto un sistema di cose. E allora bisogna ripartire. La squadra è da rivedere, ovvio, ma lo schema resta. Ogni giocatore acquistato ha caratteristiche vicine a quelle di un giocatore ceduto. Ma è più giovane. Inzaghi? Bravissimo, ma desiderava andarsene. Con i miliardi avuti dal Parma abbiamo rifatto la squadra». E' convinto di poter affrontare di nuovo la serie A con chances per una stagione senza drammi? «Nel calcio, mai drammi. Abbiamo iniziato la preparazione in modo diverso dal passato. Non più pensando a una partenza sprint, ma cercando di approfondire le conoscenze reciproche. Prima settimana di adattamento e assorbimento. Delle idee, delle qualità. I giocatori debbono parlare non solo con l'allenatore, ma molto con il preparatore atletico. Anche lui ha muscoli e cervelli nuovi da plasmare». E' bello non invidiare chi può scegliere - almeno nel calcio tutto ciò che vuole. «Non so che cosa sia l'invidia, ma so benissimo quanto mi piacerebbe guidare una grande squadra. Anzi, spero mi capiti l'occasione prima di chiudere la carriera». Lei non si nasconde mai... «Talvolta sì, quando sto zitto». Bruno Perucca «Non so cosa sia l'invidia ma prima di chiudere la carriera mi piacerebbe provare a guidare anche un grande club» Luigi Cagni ritenta quest'anno l'avventura in serie A con il suo Piacenza tutto italiano. La formazione emiliana si presenta al via decisamente rinnovata rispetto a quella che nella passata stagione ha chiuso un ciclo dominando il torneo cadetto
Persone citate: Baggio, Bruno Perucca, Cagni, De Vitis, Inzaghi, Jacobelli, Luigi Cagni, Stoichkov
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