Carbone contro i pregiudizi

Carbone contro i pregiudizi «Non siamo ancora da scudetto, ma possiamo stare tra i protagonisti» Carbone contro i pregiudizi «Essere un uomo del Sud non mi ha aiutato» CAVALESE. «Essere un ragazzo del Sud non mi ha aiutato. Per mesi, anni, mi sono chiesto perché tanti miei coetanei trovassero le porte aperte, mentre per me erano sbarrate. Poi sono entrati nella mia vita Mondonico e Vatta. Le cose sono cambiate, ed oggi sono arrivato alla grande Inter». Benito Carbone non tradisce i suoi modi gentili neppure quando deve affrontare temi che ancora lo fanno soffrire. E' davanti a una possibile svolta della sua carriera. 0 diventerà grande, o dovrà accontentarsi, nel calcio, di un ruolo secondario, da eterno Peter Pan. Tifosi e allenatori lo hanno amato sia a Torino che a Napoli, eppure non è riuscito a restare, a metter su casa. Moratti gli ha dato l'occasione-principe, deve sfruttarla. «La mia carriera racconta ad un tavolino dell'hotel che ospita i nerazzurri, dove il re del ritiro è Paul Ince - praticamente inizia di nuovo. So be- nissimo che è l'anno decisivo. Arrivo all'Inter nel momento giusto, ho 24 anni, ho fatto la gavetta e ho giocato in serie A, ho ancora tante potenzialità». Guarda indietro, scurisce il viso, si cancella il pallido sorriso: «Ho dovuto lottare più degli altri. Sia alla Reggina che alla Casertana ho trovato allenatori con i quali ho poco legato. Devo tutto a Mondonico e Vatta». Basta con il passato, meglio guardare al futuro, anche se il futuro è solo un'ipotesi. «Io e l'Inter non possiamo più nasconderci. Abbiamo bisogno della... consacrazione». A Milano lo immaginano come nuovo-Beccalossi, reincarnazione di un antico amore. «Non ci sto. Dico solo che erano anni che l'Inter non aveva un fantasista, l'ultimo era stato proprio Beccalossi». Fantasista, parola magica che riaccende il piccolo campione: «Per quelli come me è sempre più difficile. Siamo rimasti in pochi. Il calcio di oggi e muscolare o atletico, chiamatelo come volete. Per chi punta alla fantasia, la critica non ha mezze misure: elogi o bocciature». Spirito di gruppo, solidarietà di tribù, via Baggio dalla Juve, via Carbone prima dal Toro e poi dal Napoli: «Pensavo di restare a Napoli, mi trovavo bene e, in un mondo che non fa sventolare più le bandiere, mi ero convinto di poter diventare il simbolo del calcio del Sud. Però oggi sono felice, ho trovato la squadra giusta. Spero proprio di aver rotto quel muro che per anni mi ha tenuto fuori dal calcio più importante. Sì, mi ha penalizzato essere meridionale. L'ho pagato con alcuni allenatori che avevano una mentalità diversa dalla mia, l'ho pagata nell'ambientarmi e in Nazionale. Anche a Torino, vedevo Dino Baggio volare in azzurro mentre io restavo a terra. M'interrogavo, quasi mi convin¬ cevo di non essere all'altezza». Ringrazia Moratti, sinceramente, con rispetto e affetto: «Ha capito che è inutile inseguire la politica dei grandi nomi, degli stranieri. Ha puntato sui giovani, sul futuro, sulla possibilità di creare un ciclo». Poi Carbone si lascia sfuggire un frammento di sorriso e subito ammonisce: «Conosco il calcio italiano, non siamo ancora pronti per lo scudetto. Il futuro è lì, dobbiamo agganciarlo, con calma. Aspettare e lavorare, con umiltà. Illudersi sarebbe da stupidi. Protagonisti, invece, sì, tutti, Carbone compreso». [a. r.) canone, nuovo acquisto dell'Inter

Persone citate: Beccalossi, Benito Carbone, Dino Baggio, Mondonico, Moratti, Paul Ince, Vatta

Luoghi citati: Milano, Napoli, Torino