Capitano Cook eroe o demone? di Fabio Galvano

polemica. Due libri dalle tesi opposte arroventano la disputa sul navigatore inglese polemica. Due libri dalle tesi opposte arroventano la disputa sul navigatore inglese Capitano Cook, eroe o demone? L'Australia mette alla sbarra il suo scopritore LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'Australia processa il suo scopritore, il capitano James Cook. Eroico navigatore, vittima semmai dei suoi tempi incivili? 0 piuttosto, come ancora oggi afferma la lobby aborigena, demone feroce, usurpatore di terre, sanguinario tiranno, violentatore di un intero popolo? Il dibattito si riaccende nella scia di due libri, nessuno dei due australiano: uno in difesa di Cook, l'altro decisamente più critico. Entrambi, in ogni caso, preoccupati più di stabilire come e perché Cook morì - fu ucciso nelle Hawaii nel 1779, in uno scontro con gli indigeni, le sue ossa spartite come trofeo e souvenir - e solo indirettamente, ma con effetto dirompente, carburante per un incandescente dibattito che covava sotto la cenere e che non aspettava altro. «Ha rubato la nostra terra e violato le nostre donne, ha quasi distrutto la nostra cultura», denuncia Arnold Williams, attivista aborigeno. In Che cosa gli «indigeni» pensano del capitano Cook, per esempio Marshall Sahlins, della Chicago University, spiega che il navigatore morì per una fortuita coincidenza. Quando sbarcò alle Hawaii, nel suo terzo viaggio nel Pacifico, arrivò durante la festa di Lono, dio della fertilità. Lo rivestirono di drappi rossi e si prostrarono davanti a lui. Ma quando una tempesta riportò la sua nave Resolution sull'isola, poche settimane dopo, era la festa del dio della guerra e del sacrificio, e l'accoglienza fu ostile. Tanto più che Cook cercò di recuperare una scialuppa rubata durante la sua visita precedente, prendendo il re in ostaggio. Fu ucciso sulla spiaggia, le sue carni gettate sulla Resolution e in mare, le ossa spartite in un rito pagano. Diversa la versione di Gananath Obeyesekere, un antropologo dello Sri Lanka, che nel suo libro L'apoteosi del capitano Cook sottolinea soprattutto la passione dell'esploratore per le donne polinesiane e la sua tendenza a frustare e fucilare gli indigeni per qualsiasi sciocchezza, persino per la scomparsa di qualche chiodo. Gli hawaiiani, afferma, non potevano scambiare Cook - così diverso da loro - per un dio. Capirono invece fin troppo bene di chi si trattava: «Un dio europeo, un mito della conquista e dell'imperialismo». Fu il suo comportamento brutale, con la cattura del re locale, a indurre gli indigeni a farlo a pezzi. E' appunto quell'interpretazione «demoniaca» di Cook - poveretto, era lontano da casa da dieci anni, prr.babilmente aveva i vermi e quasi sicuramente la sifilide - a riaccendere gli animi australiani; o perlomeno di chi nell'esploratore e conquistatore dell'Oceania vede una macchia non meno scura di quella lasciata dai galeotti che poi la popolarono. «Gli australiani bianchi lo considerano il numero uno», recrimina Williams: «Noi no. Ci ha rubato la nostra terra, non ha lasciato che miseria in questa parte del mondo. Lo odiamo. E i bianchi devono fare ammenda». Gli fa eco Henry Reynolds, storico della James Cook University di Townsvil- le, nel Queensland: «Scuse formali del governo britannico sarebbero adeguate. Segnalerebbero la fine dell'imperialismo britannico in questa parte del mondo». Quell'uomo dello Yorkshire, figlio di un bracciante agricolo ma con la passione del mare, meritava quel suo cruento destino? La questione non è solo dibattuta a livello accademico, l'intera Australia si arrovella su quella ferita ancora aperta che è il presunto stupro della cultura aborigena da parte di quel «bruto» attraverso il «regime del terrore» sancito dalla tradizio- ne popolare. 11 volto di Cook è ancora su monete e banconote, città e località geografiche portano il suo nome; ma la sua «guerra» contro gli aborigeni - sifilitico o no che fosse dà vita, oltre che alla polemica spicciola, a una sfida fra gli storici che tentano una ricostruzione di avvenimenti accaduti più di due secoli fa. «Posso comprendere il risentimento degli aborigeni soprattutto per la glorificazione di Cook nei libri scolastici - dice lo storico Brian Dalton - ma è ridicolo incolparlo personalmente di tutto. Resta uno dei più grandi esploratori». Ma l'Australia non sa più se lodarlo o condannarlo. Fabio Galvano Un attivista aborigeno: «Ci ha rubato la terra, violato le donne, distrutto la cultura» morì - fu 779, in i, le sue souve ma con e del sau ostile. di recuIl capitames C Il capitano ames Cook A lato, capo-guerriero delle Hawaii ritratto da un disegnatore della spedizione di Cook. Sotto, l'uccisione del capitano nel 1779

Luoghi citati: Australia, Hawaii, Londra, Oceania