«Ora Sai punta alle banche per crescere nelle polizze»

Intervista con l'amministratore delegato Fausto Rapisarda Intervista con l'amministratore delegato Fausto Rapisarda «Ora Sai punta alle banche per crescere nelle polizze» TORINO. «Sì, abbiamo effettuato un piccolo, ulteriore investimento in Pirellina. Avevamo il 5,31%, ora siamo saliti al 5,86». Non accentua i toni, Fausto Rapisarda - amministratore delegato della Sai, «perla» del gruppo Ligresti - nell'annunciare la novità. Qualche anno fa avrebbe fatto scalpore una notizia del genere. Altri tempi: era l'epoca in cui l'ingegner Ligresti veniva soprannominato «mister 5%» per la sua presenza quasi ubiquitaria nelle principali finanziarie quotate in Piazza Affari, quando veniva considerato il più fedele e «liquido» alleato di Mediobanca nel costituire, consolidare o cementare «noccioli duri» di controllo in tutte le aziende strategiche per gli interessi di Enrico Cuccia. Ma oggi il quadro è molto, molto diverso. Il fatto che la Sai possa continuare a fare investimenti finanziari di questo tipo denota soltanto, se ce ne fosse bisogno, che la compagnia torinese è in un ottimo stato di salute, macina utili e sviluppa il suo business. Ma l'epoca del Ligresti investitore è tramontata. L'ingegnere, fiaccato dalla crisi del mattone nel suo business principale, ha messo mano alla tasca ripianando parte dei suoi debiti ed ha affidato a Mediobanca il risanamento del suo gruppo. Tolta la Sai, l'«impero Ligresti» non può permettersi lussi, deve contare il centesimo. Ma almeno la compagnia - destinata forse a rimanere alla fine del processo di rientro dai debiti non la «perla» dell'impero, ma l'unico gioiello superstite - riempie di soddisfazioni l'ingegnere, il suo nipote-manager Rapisarda e i due capi operativi della società, Bovone e Roasio. E ne fa rinascere l'ottimismo e le ambizioni. Dunque, avvocato Rapisarda, vi siete rimessi a fare investimenti finanziari? «Una rondine non fa primavera. Abbiamo fatto, e faremo, investimenti importanti, ma per rafforzarci e crescere nel nostro business». E' a questo scopo che destinerete la liquidità drenata con l'ultimo aumento di capitale? «Attendiamo a giorni il via libera per l'acquisizione della Maa Assicurazioni. L'assemblea che dovrebbe pronunciarsi si svolgerà il 28 luglio, incrociamo le dita ma siamo ottimisti. Ebbene: acquisire la Maa ci consentirà di consolidare la nostra leadership nel mercato delle polizze auto aumentando la quota del 3% e portandola al 10% e di 2,5-3 punti percentuali nei rischi diversi, salendo al 13%. In un mercato competitivo come quello attuale, un grosso risultato. Che però ci costa: tra ripatrimonializzazione e ricostituzione delle riserve tecniche, circa 300 miliardi». Eppure questo aumento di capitale in sole azioni di risparmio lanciato il 17 luglio, benché garantito da Mediobanca, non pare essere stato bene accolto in Borsa. «Noi siamo convinti di aver fatto le cose per bene. Si parla di obbligazioni convertibili a 7 anni e al 6% di rendimento. Alla scadenza, la conversione costa 8500 lire. Oggi l'azione vale 7600, e il mercato ci penalizza. Ma attualizzando il valore con gli interessi, il prezzo si ri- duce a 7000, tra sette anni. E oltretutto nel 2002 la Sai sarà un'azienda ancora più forte e ricca di oggi...». Allora, come si spiega l'andamento lento dell'operazione? «Il mercato ragiona a breve termine. Siamo contenti, però, dell'adesione delle banche straniere al consorzio di Mediobanca. All'estero sono molto attente alle prospettive di medio-lungo termine, e ben 20 banche non italiane hanno aderito all'operazione: vuol dire che la Sai non è apprezzata solo in Italia, anzi». Ma merita, questi apprezzamenti? «Altroché. Pensi che nel '94 siamo stati tra le pochissime compagnie ad avere un saldo tecnico positivo di 13 miliardi, giovandoci di soli 6 mesi di tariffe libere. Così si spiega un risultato di oltre 187 miliardi, pari al 6% dei premi: un record». Ripetibile? «In valori assoluti sì, e quest'anno siamo in linea con quei dati: contiamo di confermare quei risultati. Lo stato di salute della società è splendido». Come si fa a lavorare bene con un azionista di controllo come la Premafin, gravata dai debiti? «Alla Premafin la Sai paga fior di dividendi. L'obiettivo della compagnia è sempre stato quello di essere autonoma rispetto all'azionista, che del resto vuole soltanto redditività, e la ottiene. La Sai non coinvolta nella ristrutturazione di Premafin e del suo gruppo». E quali strategie vi siete dati, oltre alla Maa? «Non abbiamo mire espansionistiche all'estero, dove ci soddisfa la collaborazione con la Gan. Contiamo invece di crescere nel rapporto con i partner bancari: Montepaschi, Popolare di Verona e Cassa di risparmio di Piacenza e Parma, con cui costituiremo una nuova compagnia vita, per i prodotti finanzia¬ ri e la previdenza integrativa. Stiamo sfruttando le reti bancarie nostre alleate anche per vendere prodotti danni semplici. E siamo stati tra le poche compagnie a dare ai propri agenti la facoltà, peraltro colta dai più, di diventare anche promotori finanziari per vendere anche fondi di investimento Sai». E per battere la concorrenza straniera che incalza? «Accentuare la nostra specializzazione nella rapidissima ed economica liquidazione dei sinistri: è il nostro punto di forza, e lo sarà sempre di più». Sergio Luciano Dopo il tramonto dei grandi investimenti Ligresti si concentra sul business assicurativo «I nostri agenti diventano promotori finanziari» 1990 2056 1991 2311 1992 2567 1993 2812 1994 3066 Sopra il presidente della Sai Salvatore Ligresti A sinistra l'amministratore delegato Fausto Rapisarda

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