Le regole di Soldati «In canottiera? Mai» di Marco Neirotti

Il caldo uccide ancora: due vittime. Fuga sui monti, code record al rientro: 30 chilometri a Belluno Le regole di Soldati «In canottiera? Mai» ILBONTON D'ESTATE ETELLARO H, caro mio, il caldo c'è sempre stato. Adesso ce n'è di più? E allora ci si difende di più. Io per esempio me ne sto dentro casa tutto il giorno, lasciando un po' di corrente, non troppa, è ovvio. Poi esco verso sera, verso le otto e mezza, le nove, quando il sole se ne scende. Ed è bellissimo». La villa di Tellaro, nei pressi di Lerici (La Spezia) è un paradiso di olivi, pini, oleandri, rose e gerani. Ma adesso, per Mario Soldati, lo scrittore e regista, è anche un garbatissimo bunker, con imposte accostate e penombra. E lui novantenne dandy impassibile all'afa sorride, fa ondeggiare il panama quando gli si parla di gente a torso nudo, o in canottiera e braghette corte: «E' così che si sente il caldo: con il disordine, con la resa, con una fuga impossibile». Però anche lei fugge, Soldati, in questo fresco rifugio: «Non fuggo, mi attrezzo». E pesca nei ricordi, lo scrittore delle 55 novelle per l'inverno e poi per l'estate, e dell'Incendio. Ricorda un caldo che prosegue oltre i suoi tempi, all'orlo dell'autunno, quello che in Rami secchi precede una furibonda grandinata. E la memoria è soprattutto quella di un ragazzo di buona famiglia a Torino: «Per l'estate andavamo via, in una casa di campagna, piena di verde». E' la stessa casa, ricca e in via di decadenza, rievocata in Le due città (1964). Una villa che stemperava anche la calura con la sua magia. Così la vedeva Soldati: «Era nella decadenza, era nel lento avvilimento e sgretolamento, senza noia di siepi ben pareggiate e di prati ben tosati, di aiuole e pergole fioritissime. (...) La vecchia villa aveva una speciale bellezza e un incanto senza fine». Già, ma l'incanto da solo attenua però non uccide l'afa. E, allora, saltano fuori - a contrasto con la delicatezza della prosa - le mutande di carta contro l'arsura. «Eh, quella storia... quante parole sui giornali...». La «storia» la tira fuori Domenico Porzio, che racconta, su Epoca, nel 1975: «Mi mise a parte di una sua grande scoperta di quei giorni: le mutandine di carta che si usano e gettano, che non stringono in vita e non gonfiano i pantaloni leggeri estivi. Spalancò l'armadio per farmene vedere la provvista: erano più di trenta pacchi». Ma, aggiunge Porzio, «si è ricreduto, non l'usa più». Però sta di fatto che, intervistato nove anni dopo, Soldati dichiara: «Sottili come un tovagliolo a doppio velo. Erano otti¬ me». Dunque? Dunque, dice lo scrittore, era soltanto questione di comodità. Ed eleganza. Soldati affronta il caldo con camicia azzurra, pantaloni bianchi di lino, panama in testa, bastone in mano. E toscano in bocca. Ma era così anche la sua America, dove arrivò nel '29 e divenne professore? «A ripensarci oggi», risponde, «l'America l'ho sempre trovata più fredda come temperatura, sia una costa sia l'altra». Ma lei, una ribellione all'arsura, l'ha mai sentita? «Che devo dirle? Il caldo l'abbiamo sempre patito, ma siamo sicuri che adesso sia proprio più forte?». Anni fa, prima di fratture e interventi chirurgici, in estate Soldati approffittava della posizione della sua villa per andare a fare il bagno tutti i giorni, oggi ripiega sulle imposte che fanno ombra. E consiglia sornione: «L'unica cosa che non serve è sbracarsi, gironzolare in canottiera o a torso nudo, agitarsi. Tutti gesti che servono soltanto a convincersi di avere caldo». E saluta col panama. Marco Neirotti «L'unica cosa che non serve a vincere l'afa è sbracarsi» A sinistra lo scrittore Mario Soldati, un dandy novantenne impassibile all'afa

Persone citate: Domenico Porzio, Mario Soldati, Porzio, Soldati

Luoghi citati: America, La Spezia, Torino