Parigi incorona il re dei poveri di Gian Paolo Ormezzano

Parigi incorona il re dei poveri I cinque Tour di Indurain e la leggenda dei «pedalatori» iberici Parigi incorona il re dei poveri LO spagnolo Miguel Indurain ha vinto ieri il suo quinto Tour de France consecutivo, come mai era riuscito a nessuno prima di lui: Anquetil e Hinault francesi e Merckx belga vinsero cinque volte ma diluendo i successi in tutta una carriera, una vita. Quando Anquetil vinse per la quinta volta Parigi lo fischiò: si basava troppo sul cronometro, proprio come Indurain che Parigi ha applaudito. Non solo: lo spagnolo non ha ancora vinto, in cinque edizioni trionfali, una tappa in linea che è una (fu primo sui Pirenei nel '90, ma allora non vinse il Tour). Il mistero dell'entusiasmo per lui c'è. I francesi fischiano il francese Anquetil e applaudono lo spagnolo colpevole egualmente, o maggiormente, di uso e abuso del cronometro, cioè di quel bacio degli dèi che si chiama classe, e che è del passista (lo sprinter riceve dal bacio il coraggio, lo scalatore la frenesia). C'è una spiegazione? Forse conta molto il fatto che Indurain sia spagnolo, di un popolo che i francesi e un po' tutti ritengono nello sport (soltanto?) di serie B, e i cui progressi sono perciò seguiti e festeggiati con una sorta di compiacente paternalismo. Naturalmente è importante che si tratti di un ciclista, cioè di un praticante uno sport povero creato per far velocemente ricchi i poveri (come disse Henri Desgrange quando, nel 1903, inventò il Tour de France). Uno spagnolo forte nel tennis (accade), nel golf (idem), e ultimamente anche nell'atletica non fa tenerezza, lo spagnolo forte nel ciclismo è l'umanissima continuazione di Trueba pulce dei Pirenei, di Bahamontes che se la faceva sotto in discesa, di Jimenoz che teneva un prosciutto, un grande jamòn, presso il letto, per affettarlo e mangiarlo quando si svegliava con incubi di fame antica. Speriamo il prossimo anno di poter cercare una spiegazione dello stesso tipo, sentimental-naturalistico, per il successo del nostro Marco Pantani, uno scalatore fachiresco, di scatto epilettico, con tutto dei povero, un tipo di cui il ciclismo mica solo del Tour de France ha ormai, dopo tanto cronolndurain, un grosso bisogno. Gian Paolo Ormezzano

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