BANDIERA BIANCA SULLO ZOO FELICE

BANDIERA BIANCA SULLO ZOO FELICE BANDIERA BIANCA SULLO ZOO FELICE / matti ribelli di Eraldo Affinati struggendo a colpi di martello le ricche automobili (e troppo pulite) raccolte nel garage del palazzo in cui abita. Ricoverato in osservazione a Villa Felice vi porta la vergogna del mondo da cui proviene e l'aspirazione a un mondo diverso che identifica con quello del manicomio che lo ospita, i cui abitanti «mi viene da credere siano più interessanti della media, se non altro in quanto originali». Chi sono gli ospiti di Villa Felice? Sono uomini-aquila (che piombano sui compagni artigliandoli), uomini-squalo (che si tuffano nel mare dei materassi sgusciando leggeri tra ricci di crine e spuntoni di corpi), uomini-cane (che annusano la sporcizia degli angoli); sono generali reduci dalle battaglie napoleoniche, portieri che hanno parato i gol di Pelé, piloti che hanno sfidato e vinto Tazio Nuvolari, uommi-giuocattolo del figlio non suo; sono la Parcheggiatrice (sempre pronta a soffiare nel fischietto), la fanciulla delle Polveri dei cannone e poi Alves, la Serenetta; sono i nani e i ragazzi down e infine, nei sotterranei dove è vietato scendere, gli Innominabili. Dunque una umanità ricca e molteplice, che trascina una vita di rapporti imprevedibili, certo sempre gli stessi e, in quanto eccezionali, pur sempre diversi. Finché a un certo punto della loro degenza, cui intendono dare un senso, gli ospiti di Villa Felice, ispirati e guidati dal protagonista-narratore, decidono di ribellarsi: danno vita a una vittoriosa (cruenta) rivolta contro gli esterni (gli psichiatri e i dirigenti delle Usi quel giorno in visita alla Villa), riducendoli per qualche ora alla mercé delle lcro mani. «Se non si fa fuoco, la morte arriva prima, a tradimento, dietro le spalle, sgozzandoci a nostra insaputa». Ma come tutte le ribellioni anche questa viene stroncata nella violenza e nel rigore: per loro non rimane che la pena di un di più di sorveglianza e di limitazione della libertà di muoversi. Lui - il capo, la coscienza del gruppo - non può sopportare le misure di restrizione e con l'aiuto del Coprofago, l'ultimo arrivato in Villa, prepara (e riesce a attuare) un piano di fuga. Finalmente è fuori, tra gli esterni. Lo aspettano i luoghi (la casa, la scuola, le strade, i bar) che ha frequentato da ragazzo e poi da adulto («quando avrei potuto diventare un celebre avvocato, un ottimo chirurgo, un invidiato direttore di azienda»), dove si aggira, attento e ansioso, ricordando e confrontando (il passato e il presente, il desiderio e le cose). Si sposta poi, salendo e scendendo da autobus e metropolitana scontrandosi in volti chiusi e distratti - al Lunapark della città, dove prova la lievitazione del Rotor e l'insopportabile vertigine delle Montagne russe. Disceso e riconquistata la solidità del terreno, mentre l'amico Coprofago insiste nella fuga, lui decide di rientrare a Villa Felice. Qui, a sorpresa, viene accolto trionfalmente e chiamato a testimone di un grande evento: in una cerimonia-allucinazione, alla presenza delle telecamere, gli ospiti della casa, a cominciare dai più deformi e infelici - quelli che abitavano i sotterranei vietati - forse liberandosi da un peso diventato opprimente, uno per uno, dopo tanto tempo... si dichiarano. Ecco in definitiva quali erano i loro nomi: cameriere, piazzista, bombarolo, innamorato, teppista, cuoco, torero, donna con barba e baffi, avvocato, ecc. Con questo elenco, che si prolunga per ben tre pagine, si chiude il romanzo. Cosa dobbiamo ricavarne? Dobbiamo, come fa il risvolto di copertina, concludere che il romanzo è il viaggio del protagonista alla ricerca dela propria umanità? E' il suo smarrirsi nei campj della diversità e

Persone citate: Alves, Eraldo Affinati, Tazio Nuvolari, Villa Felice