MA IL PRIMO AMORE E' SEMPRE L'ULTIMO?

MA IL PRIMO AMORE E' SEMPRE L'ULTIMO? MA IL PRIMO AMORE E' SEMPRE L'ULTIMO? Ben Jelloun fiabesco tra esorcismi e paradossi OLTRE ad essere sibillino, il titolo dell'ultimo libro di Tahar Ben Jelloun nasconde un piccolo enigma. Nell'originale francese è Le premier amour est toujours le dernier, nella traduzione italiana è diventato L'ultimo amore è sempre il primo? e le ragioni di questa doppia trasformazione - inversione dei termini e passaggio dall'affermazione alla domanda - sono misteriose. Un ripensamento da parte dell'autore sembra da escludere, sia perché le due edizioni sono pressoché simultanee sia perché il breve testo di presentazione che Ben Jelloun ha dettato per il risvolto di copertina, rimasto lo stesso in entrambe, prende le mosse da un inequivocabile «Il primo amore è sempre l'ultimo». Un intento chiarificatore, da parte del traduttore o dell'editore, non è, visto il risultato, neppure ipotizzabile. D'altra parte un'intenzione ludica - del genere di quella che spingeva il pur serio Lanson ad applicare a certe massime di La Rochefoucauld le proprietà delle proporzioni, trasformando, per esempio, «la grazia è per il corpo ciò che il buon senso è per la mente» in «la grazia è per il buon senso ciò che il corpo è per la mente» - appare altamente improbabile: la frase di Ben Jelloun non ha la regolarità (né l'ovvietà) matema¬ tica di quelle del grande moralista e soprattutto non costituisce per il lettore italiano un dato di conoscenza tanto certo da rendere godibile o anche soltanto intelligibile il gioco. Se tutti sapessimo, per diffusa convinzione, che il primo amore è sempre l'ultimo, potremmo anche chiederci, magari un poco oziosamente, se possa essere vero il suo contrario. Ma l'affermazione di Ben Jelloun è solo un delizioso paradosso e nella novella che dà il titolo alla raccolta francese (e che ha conservato il proprio titolo anche nella traduzione italiana) è seguita da un corollario - «E l'ultimo è sempre sognato» - che ne chiarisce il senso e ne circoscrive l'ambito di validità. Inutile cercare maggiori lumi negli altri venti tra racconti, apologhi e bozzetti che compongono il volume. Tutti, per diretta rappresentazione o per allusiva evocazione, parlano d'amore, cioè, secondo la sconsolata visione dell'autore, «di solitudine, di segreto e di incomprensione». E tutti hanno come quadro di riferimento il mondo arabo, in cui «c'è qualche cosa di spezzato nelle relazioni tra l'uomo e la donna». Alcuni hanno un robusto impianto narrativo e una inequivoca esemplarietà: la giovane e altera cantante Sakina scopre all'indomani delle nozze che l'affascinante uomo d'affari che ha sposato non è altri che un emissario dello sceicco di cui si era azzardata a rifiutare la corte; l'animatore del club di va¬ canze tunisino che ha sperperato la sua virilità a beneficio di centinaia di attempate turiste diventa impotente quando finalmente può stringere tra le braccia la ragazza dei suoi sogni; il raffinato e generoso don Rodrigo che aveva nominato proprio erede il giovane Jamil, alla morte prematura di quest'ultimo viene gettato sul lastrico dall'avida - come chiamarla? suocera. Altri seguono dolcemente, come è consuetudine nella narrativa di Ben Jelloun, la deriva del fiabesco: una vipera che assume sembianze femminili uccide un incantatore di serpenti e fa finire in tragedia un ingenuo maleficio; per un innamorato infelice le rocce e le rovine di Petra assumono le forme e la voce della donna che l'ha lasciato; due mondi s'incontrano nel frenetico accoppiamento tra un montanaro del Rif e una «regina ninfomane» nata dalla schiuma del mare. Altri ancora tratteggiano brevi spunti, rapide scenette, folgoranti metafore: il poligamo fedele, la ragazza di Tetouan che cerca di scoprire da dietro le persiane l'uomo che le riserva il destino, l'immigrato che la domenica va a Saint-Germaindes-Prés a inebriarsi di corpi femminili. Uniche eccezioni due ritratti di personaggi estremi, un mostro senza sesso e senza età che ha fatto dell'odio la sua sola ragione di vita e un giovane dotato d'ogni talento e d'ogni fortuna che, al col-

Persone citate: Ben Jelloun, La Rochefoucauld, Lanson, Primo Amore, Tahar Ben Jelloun