I conti tornano, deficit in frenata

I dati ufficiali del Tesoro confermano il miglioramento della finanza pubblica I dati ufficiali del Tesoro confermano il miglioramento della finanza pubblica I conti tornano, deficit in frenata A maggio il disavanzo cala a 67 mila miliardi (-16%) ROMA. Va davvero bene quest'anno, relativamente parlando, la finanza pubblica: lo squilibrio tra spese e entrate è in forte diminuzione. Il problema è casomai se si tratti di un miglioramento temporaneo o duraturo. I dati ufficiali del conto del Tesoro, diffusi ieri, dicono che nei primi 5 mesi dell'anno il disavanzo è sceso a 67.383 miliardi, 13.268 (16,5%) in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Da qualche giorno circolavano stime provvisorie un po' più aggiornate, relative ai primi sei mesi e comprensive dei buoni risultati dell'autotassazione: 20% in meno, addirittura, rispetto al primo semestre dell'anno scorso. Una riduzione del 16% o poco più è esattamente in linea con il risultato che il governo Dini intende ottenere a fine anno, 130.000 miliardi di «fabbisogno» (deficit) contro i 155.000 del 1994. Il risultato dei primi 5 mesi si scompone in 261.000 miliardi di lire esatti di spese, 180.396 di entrate, e un attivo della gestione di tesoreria per 13.221 miliardi. Schematizzando, le entrate crescono a causa della ripresa economica (si guadagna di più, si pagano più tasse); le spese correnti per la parte stipendi sono frenate dagli accordi sul costo del lavoro; le spese «in conto capitale» (per investimenti) continuano ad andare a rilento. Sono cifre che consentono al governo di affrontare meglio la pausa estiva, dopo aver rimandato ai primi di settembre la presentazione della legge finanziaria 1996. Il miglioramento del '95 segue a tre anni consecutivi in cui le ripetute onerose «manovre» erano riuscite soltanto a tenere stazionario il deficit su un livello molto alto. Che cosa succede? Secondo una analisi diffusa tra gli economisti, il forte calo della spesa per investimenti è una eredità del periodo di «Mani pulite»: gli amministratori pubblici decidono poco per paura di essere accusati di irregolarità. Si tratterebbe quindi di un fenomeno transitorio. Non condivide questa interpretazione il sottosegretario al Tesoro Piero Giarda, un tecnico espertissimo di finanza pubblica. Nella sua analisi, ciò che avviene quest'anno è soprattutto il risultato di medio periodo delle «manovre» degli anni scorsi: i tagli che erano stati diluiti su un arco di più anni esercitano ormai, sommati, un effetto molto forte sulla «competenza» (le somme spendibili in bilancio). In sostanza, le amministrazioni pubbliche non spendono perché hanno poco da scialare. Ancor meno ne avranno negli anni successivi; grosso modo, si tratta di un effetto destinato a durare. Un po' differente è l'opinione della Banca d'Italia, che vede nelle cifre degli investimenti pubblici di quest'anno anche una difficoltà a realizzare le stime di «cassa» (spesa effettiva) fatte dal Tesoro. Per farla breve, le amministrazioni stanno spendendo meno di quanto potrebbero. Ma i fondi non spesi quest'anno potrebbero slittare all'anno prossimo. Inoltre il più alto tasso di inflazione, che si trasferisce da subito sulle entrate fiscali e contributive, rischia di trasmettersi l'anno prossimo alle spese correnti. Se la legge finanziaria '96 non sarà ben concepita, c'è quindi un rischio che le uscite tornino ad aumentare. Comunque vada, i buoni conti pubblici del '95 consentiranno al governo Dini (pur se forse al momento della diffusione dei dati non sarà più in carica) di vantare un importante successo: aver fermato la crescita del debito dello Stato, certo non ancora in cifra, ma in propozione al prodotto interno lordo (Pil). In cifra la massa del debito, oggi attorno ai due milioni e 100.000 miliardi di lire, crecerà ancora a 2.178.000 miliardi a fine '95, ma ridiscenderà sotto il 124% del Pil. Nei piani di Dini sarebbe già raggiunto nel 1998 l'obiettivo che Forza Italia ha annunciato ieri di voler «inserire nella Costituzione»: il pareggio corrente (al netto degli investimenti) del bilancio. [s. 1.] dizioni migliori dell'economia. Qual è il motivo? «Non c'è dubbio che il governo abbia messo in molo un circolo abbastanza virtuoso. Ma adesso bisogna che all'estero si sia chiaramente convinti che lo sforzo di risanamento del debito pubblico che abbiamo avviato è uno sforzo che continuerà. E invece i mercati internazionali restano ancora incerti sul fatto che tra sei mesi la politica economica possa cambiare direzione». Serve stabilità politica, quindi. «Si. La ripresa economica, che deve essere più duratura e sorretta dagli investimenti, deve basarsi anche su una prospettiva politica certa. In questo senso apprezzo molto la proposta di Mario Monti perché tutte le forze politiche si impegnino a rispettare il Documento di programmazione economica e finanziaria messo a punto dal governo per i prossimi tre anni». Lei rappresenta il mondo delle banche. Dopo un anno difficile come il '94 in che modo incide la ripresa economica sui vostri conti? «Il problema è che questa ripresa ha due facce. Il dualismo tra Nord e Sud si sta ripercuotendo anche sul sistema bancario. Le imprese settentrionali infatti hanno un buon andamento ma non si impegnano su prospettive durature perché i consumi non decollano, dato che una parte del Paese per l'appunto non vede ancora la ripresa. E finché le imprese non investono le banche non possono fare impieghi e quindi ottenere profitti». (f. man.] Ora è più vicino l'obiettivo dei 130 mila miliardi a fine '95 come previsto dal governo Dini LA MAftClA FABBISOGNO io ■» o «o oo £ ' » o* 2 « 3 £ £. 'PREVISIONE GOVERNO m Il presidente del Consiglio Lamberto Dini

Persone citate: Dini, Lamberto Dini, Mario Monti, Piero Giarda

Luoghi citati: Roma