I TAVIANI Finalmente l'amore

Incontro con i registi che girano «Le affinità elettive Incontro con i registi che girano «Le affinità elettive ITAVIANI Finalmente l'amore CRESPINA (Pisa) DAL NOSTRO INVIATO Paolo e Vittorio Taviani dirigono il primo film d'amore della loro storia, tratto da «Le affinità elettive» di Goethe, nella Toscana quest'estate invasa dal cinema: Bernardo Bertolucci gira vicino a Siena «Stealing Beauty», Dario Argento gira a Firenze «La sindrome di Stendhal», Jane Campion arriva presto a girare «Ritratto di signora», dal castello Odescalchi di Bracciano dove interpreta Jago in «Otello» anche Kenneth Branagh si sposterà nei pressi di Lucca. In una bella villa ottocentesca semplice, raccolta e nascosta in un bosco verdissimo, il sole di luglio filtra placato attraverso le tende chiare, i passi sono senza rumore, persino il ciak è un tocco leggero, gli abiti di lino bianco dei Taviani promettono freschezza. Gli attori portano costumi ispirati alla teoria dei colori di Goethe: il giallo di Isabelle Huppert e il verde di Fabrizio Bentivoglio sono tinte della vitalità, il rosso rubino di Jean-Hugues Anglade è più ambiguo; Marie Gillain, ragazza orfana che arriva dal convento avvolta nei panni bui delle persone mortificate, acquisterà chiarore e per una scena sarà vestita di rosso-passione, prima di tornare ai toni scuri. Tutto sul set è quiete, luminosità, eleganza, armonia operosa: il mondo è fuori. Fotografato da Giuseppe Lanci, prodotto da Grazia Volpi con i francesi e con Raiuno, il primo film d'amore dei Taviani traspone il romanzo scritto da Goethe nel 18081809 (l'edizione italiana migliore è quella Rizzoli, con un saggio di Pietro Citati): uno di quei grandi romanzi che, come «La principessa di Clèves» di Madame de la Fayette, «Adolphe» di Benjamin Constant o «Che fare?» di Cernycevskij, per il fatto di teorizzare anche sui sentimenti amorosi sono stati assunti come esemplari ed hanno influenzato nel tempo la vita dei loro lettori. «Le affinità elettive» racconta il conflitto tra ragione ed emozione, tra progetto e destino, nell'intrecciarsi di due coppie: i ricchi signori Edoardo e Carlotta, amatisi da ragazzi, si sposano per realizzare nella maturità i desideri della giovinezza, per costruire nella solitudine, lontani dalla società, un piccolo regno impeccabile, una perfetta felicità coniugale; ma con l'arrivo di Ottone, architetto ospite della villa, e di Ottilia, figlia adottiva di Carlotta, passioni incrociate dissolvono la coppia originaria formando due diverse coppie; e il prevalere dei sentimenti sul tentativo di ricomporre l'iniziale equilibrio porta solitudine, morte. Vuol dire che l'idea tanto contemporanea di rinchiudersi negli affetti privati è anch'essa un'utopia, fallimentare come altre utopie? PAOLO TAVIANI: «Il film vuol dire di meno e di più. Tema essenziale è il contrasto insanabile tra l'aspirazione a mettere ordine, a controllare razionalmente la realtà, e la forza della Natura che sconvolge, travolge, capovolge i progetti umani. Edoardo e Carlotta credono nella felicità, vogliono raggiungerla con la razionalità. Ma tutt'e due si innamorano d'altri, la Natura è più forte. Goethe amava applicare le leggi naturali al mondo umano: si vedranno in una scena, al microscopio, le molecole vorticanti in una danza misteriosa, le sostanze chimiche unite da un'affinità fatale che si cercano, si attraggono, si assimilano e ricompaiono in forme nuove, inattese. "Le affinità elettive" lo amiamo da almeno trentanni: nei Settanta avevamo lavorato per mesi a un copione che trasferiva il romanzo ai giorni nostri ma sentivamo che l'immissione del presente era inessenziale, la struttura era già un cristallo assoluto. Il progetto è rimasto nel cassetto per tanto tempo». VITTORIO TAVIANI: «Goethe era sessantenne e innamorato d'una ragazza quando scrisse il romanzo; dopo le utopie, l'epica, il vitalismo, fece un'opera in penombra, dietro le persiane. Per questo, forse, noi lo facciamo oggi che siamo sessantenni: ogni stagione ha la sua canzone. Ma, nel nostro lavoro, la fiducia nell'uomo e nei suoi progetti è sem- pre stata unita alla consapevolezza della fragilità della volontà umana di fronte all'imprevedibilità della Natura e della Storia, al caso, al Kaos, al mistero. Questo è il tema centrale di tutti i nostri film: articolato a volte nella politica, a volte nei sentimenti». Nell'amore irresistibile, adesso. Però dai lettori giovani, e magari di sinistra, «Le affinità elettive» è stato spesso usato come abbi romantico per l'adulterio: se la passione è invincibile... VITTORIO TAVIANI: «Il romanzo è la madre di tutte le guerre d'amore, ma i nostri personaggi sono limpidi, non prevedono tradimento né corruzione né cattiveria. Non è una storia di trasgressioni né di astuzia ma di innocenza e di sofferenza: i protagonisti sono sorpresi e angosciati da quanto accade». C'è una scena in cui i quattro sono a letto insieme? PAOLO TAVIANI: «No: in cui ciascuno desidera stare con chi davvero ama. Edoardo, facendo l'amore con Carlotta, sogna di amare Ottilia; Carlotta, abbracciata a Edoardo, sogna di stringere Ottone. I quattro si confondono e si amano nello stesso letto in modo immaginario. Da quella notte d'amore tra coniugi nascerà un bambino per certi segni somigliante agli altri due amati: e questo allontana dal film ogni naturalismo». Il film è molto diverso dal romanzo? VITTORIO TAVIANI: «E' in parte diverso. Il romanzo si svolge in un anno indefinito del diciottesimo secolo in un luogo indeterminato della Germania. Il film si svolge nel 1807-1812 nel Granducato di Toscana, in quell'epoca napoleonica in cui le leggi consentivano di divorziare. Nel film, i protagonisti sono tutti giovani; nel romanzo, sono tre cinquantenni e una ragazza. A Goethe, ospite in un castello, era stata raccontata la storia d'una donna che aveva amato e perduto l'amore, che dopo la morte era divenuta santa e autrice di miracoli; pensò di fame una novella da inse¬ rire nel "Meister", poi si rese conto che poteva diventare un romanzo autonomo e lo completò con altri episodi». PAOLO TAVIANI: «Per il nostro film, l'affresco sociale della parte centrale del romanzo sarebbe stato un di più di documentarismo storico, l'abbiamo eliminato. Abbiamo cambiato anche il finale: in Goethe il cerchio si chiudeva perfettamente, per noi i cerchi possono pure restare aperti. Nel film miracoli non ne accadono. Ottilia si lascia morire d'inedia, Edoardo la raggiunge nella morte, il loro amore trova compiutezza dopo la vita. Carlotta e Ottone rinunciano ad amarsi, lei con forza, lui con malinconia: ma forse si ritroveranno, perché l'amore si esprime sempre in modi diversi da quelli immaginati». Per voi come s'è espresso? Personalmente, le passioni e i tormenti di «Affinità elettive» vi sono noti o ignoti? VITTORIO TAVIANI: «Io li ho conosciuti, in maniera diretta o indiretta». PAOLO Taviani: «Non c'è alcun nostro film nel quale io non mi ritrovi». Lietta Tomabuoni I due fratelli in Toscana, per il primo lavoro sentimentale della loro storia cinematografica Le affinità elettive I e Qul a destra Fabrizio Bentivoglio e Jean Hugues Anglade nel film. Sopra Isabelle Huppert Paolo e Vittorio Taviani con la loro protagonista, Isabelle Huppert

Luoghi citati: Bracciano, Crespina, Firenze, Germania, Lucca, Pisa, Siena, Toscana