Il genio-obiettore dell'atomica rossa

il caso. Ritrovato l'articolo-denuncia che costò la carriera a Kapitsa il caso. Ritrovato l'articolo-denuncia che costò la carriera a Kapitsa Il genio-obiettore dell'atomica rossa Ripudiò il «mostro», Beria e Stalin lo esiliarono MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Era il più grande fisico sovietico, uno dei più grandi del mondo in assoluto. Ma quell'articolo - con il titolo «Energia Atomica» - non fu mai pubblicato. E' rimasto sepolto negli archivi del Centro di conservazione della documentazione moderna (Tksd) insieme a tutto l'arredo di documenti, lettere, risoluzioni che ai tempi sovietici accompagnava i divieti, la censura, in base a un codice di regole che nessuno ha mai scritto, ma la cui ferrea necessità nessuno poteva contrastare. I motivi del divieto sono contenuti nella risoluzione del Dipartimento per la scienza del Comitato centrale del Pcus che qui riproduciamo (li pubblica la rivista Istoriceskij Arkhiv, n. 6). Lo stile è quello classico dell'epoca. Ma è la storia della «disgrazia» del suo autore che solleva interrogativi ancora in gran parte irrisolti. Piotr Kapitsa scrisse quell'articolo nel 1954, dopo nove anni vissuti in quasi totale isolamento nella sua dacia di Nikolina Gora. Stalin era morto un anno prima, Beria era stato ormai liquidato. Il nuovo padrone del Cremlino stava diventando Nikita Krusciov. Kapitsa ritenne che le ragioni del suo isolamento fossero finite e che egli poteva ormai ridare segno della sua esistenza e del suo genio alla comunità scientifica internazionale. Aveva ragione. Il 28 gennaio 1955 gli fu infatti restituito il posto di direttore dell'Istituto di fisica dell'Accademia delle Scienze che gli era stato tolto nel 1946. Ma perché l'esilio? Perché il potere sovietico rinunciò per tanti anni a valersi del suo cervello? All'inizio degli Anni 40 la sua autorità era indiscussa. Stalin e Beria sapevano che in Inghilterra un gruppo di fisici stava attivamente lavorando attorno alla potenza dell'atomo. Kapitsa venne inserito nel¬ lo speciale Comitato che doveva dirigere le ricerche in quella direzione. Lo spionaggio sovietico'era impegnato allo spasimo per catturare il massimo d'informazioni sullo stato delle ricerche in Occidente e in Germania. Gli storici del progetto atomico sovietico hanno ormai ricostruito le fasi salienti di quella angosciosa competizione sotterranea il cui esito - l'equilibrio nucleare - avrebbe segnato il mondo nei decenni a venire. Gli agenti sovietici da Londra cominciarono a mandare i primi dispacci top secret nel settembre 1941. L'uso militare dell'energia atomica era già stato teoricamente individuato. Nell'ottobre di quell'anno Piotr Kapitsa, in un discorso pubblico durante una manifestazione antifascista a Mosca, fa un cenno esplicito alla possibilità di usare l'energia dell'uranio per costruire una bomba di potenza inaudita. Da questo segnale indiretto si evincono due còse: sebbene Kapitsa non fosse uno specialista di energia nucleare, egli era stato messo al corrente delle informazioni segrete in possesso di Beria. In secondo luogo egli si trovava in quel momento in testa all'elenco dei fisici cui il partito contava di affidare lo sviluppo del progetto atomico sovietico. C è una traccia precisa di questa supposizione. Nel mar¬ zo 1942 Lavrentij Beria inviò a Stalin un documento analitico contenente i nomi dei fisici che, a suo avviso, avrebbero dovuto essere inclusi nel progetto. Kapitsa vi figurava al primo posto, assieme a Skobelzyn e Slutskyn. Eppure un anno dopo, nella primavera del 1943, il progetto verrà affidato all'accademico Kurciatov. Il nome di Kapitsa sparisce dalla lista. Lo stesso Kapitsa racconterà nelle sue memorie che egli stesso presentò le dimissioni dal Comitato Speciale e dal Consiglio Tecnico che si occupavano segretamente della bomba atomica. Ma non spiegò le ragioni di quelle dimissioni (che Stalin accettò soltanto al secondo tentativo). Cos'era accaduto? C'era alla base, probabilmente, un conflitto, forse personale, con Beria, l'onnipotente capo politico cui Stalin aveva affidato l'intero progetto. Non è escluso che vi fosse anche un dissenso, più o meno esplicito, sull'uso militare della potenza nucleare che si andava delineando. C'è una eco di questo in una frase che egli collocò proprio all'inizio del suo arti¬ colo mai pubblicato, scritto quando ormai l'Urss aveva già fatto esplodere la sua prima bomba termonucleare: «Davvero sta accadendo che per la prima volta nella storia dell'umanità la scoperta di nuove forze naturali si ritorce contro di essa?». Se Kapitsa aveva espresso queste idee già nel 1942, è logico che Beria non poteva tenerlo nel progetto, tanto meno consegnare il progetto nelle sue mani. Un Oppenheimer russo non avrebbe potuto esistere nell'Unione Sovietica del 1942. Ma l'esito fu sconcertante. Come scrive su Istoriceskij Arkhiv Serghei Ilizarov, «accadde che Kapitsa fu l'unico fisico sovietico di rilievo mondiale a rimanere escluso dal progetto atomico». Dalle memorie di Krusciov si evince che Stalin non gli perdonò quelle dimissioni. Un giorno, discutendo dell'enorme eco prodotta nel mondo dall'esplosione della prima bomba sovietica, Krusciov - che non era informato dei dettagli commentò di fronte a Stalin il fatto che molti, in Occidente, ritenevano che il cervello dell'operazione fosse stato Kapitsa. «Stalin - racconta Krusciov - s'infuriò e rispose che Kapitsa non aveva assolutamente a che vedere con questa storia e che non se n'era occupato affatto». Non c'è da stupirsi dunque se Piotr Kapi¬ tsa fu privato di tutti gl'incarichi e costretto a vivere in isolamento, pur mantenendo il suo rango e i privilegi di membro dell'Accademia delle Scienze. Poteva accadergli di peggio. Nella sua dacia continuò le sue ricerche in altra direzione, quelle che egli stesso chiamò «elettronica delle grandi potenze» e che, secondo l'accademico Khalatnikov, «anticiparono l'idea dell'arma laser». Ma l'ostracismo contro di lui rimase in vigore fino alla morte di Stalin. Le sue lettere alla direzione sovietica, Stalin incluso, in cui proponeva di prendere in considerazione il risvolto militare (non nucleare) dei suoi lavori, rimasero senza risposta. Krusciov lo «riabilitò», ma nemmeno lui poteva permettere, nel 1954, che qualcuno in Urss mettesse in discussione il valore della Bomba. Giulietta Chiesa rente delle informazioni segrete in possesso di Beria. In secondo luogo egli si trovava in quel momento in testa all'elenco dei fisici cui il partito contava di affidare lo sviluppo del progetto atomico sovietico. C è una traccia precisa di questa supposizione. Nel mar¬ frase che egli collocò proprio all'inizio del suo arti¬ fatto che molti, in Occidente, ritenevano che il cervello dell'operazione fosse stato Kapitsa. «Stalin - racconta Krusciov - s'infuriò e rispose che Kapitsa non aveva assolutamente a che vedere con questa storia e che non se n'era occupato affatto». Non c'è da stupirsi dunque se Piotr Kapi¬ proponeva di prendere in considerazione il risvolto militare (non nucleare) dei suoi lavori, rimasero senza risposta. Krusciov lo «riabilitò», ma nemmeno lui poteva permettere, nel 1954, che qualcuno in Urss mettesse in discussione il valore della Bomba. Giulietta Chiesa

Luoghi citati: Germania, Inghilterra, Londra, Mosca, Unione Sovietica, Urss