«Per la Bosnia è giusto sparare» di Marco Tosatti

Mentre i serbi deridono le minacce del mondo, Giovanni Paolo II urla Mentre i serbi deridono le minacce del mondo, Giovanni Paolo II urla «Per la Bosnia è giusto sparare» Il Papa: difendersi è un diritto dell'uomo CITTA' DEL VATICANO. Sulle labbra del Papa torna una parola difficile, pesante: guerra giusta. Ma quello che sta accadendo in Bosnia sembra - anche nell'opinione della Santa Sede - lasciare poco spazio a qualcosa di tipo diverso dall'intervento militare. «E' sempre la possibilità ultima ha spiegato ieri Giovanni Paolo II, in un breve scambio di battute con i giornalisti alla fine del breve periodo di vacanza a Introd, prima del ritorno a Castelgandolfo -, è sempre la possibilità ultima, ed è sempre il principio della guerra giusta, che è quella difensiva». La dottrina della Chiesa, da Paolo VI in poi, ha circondato di limitazioni e riserve anche questo concetto, basato sull'istinto naturale della sopravvivenza. «Anche questa - ha aggiunto il Papa, riferendosi alla "guerra giusta", di autodifesa - è brutta, ma è cosi. Se uno attacca e vuole calpestare il diritto alla vita, il diritto di esistere, c'è il diritto alla difesa». Papa Wojtyla vive con un'intensità speciale il dramma dell'ex Jugoslavia. «Soprattutto - ha aggiunto - noi siamo vicini a quelli che soffrono, di qualsiasi parte siano. E vediamo quanto soffrono ogni giorno, lo vediamo in televisione». Nel settembre dello scorso anno Giovanni Paolo II aveva cercato di portare il suo personale contributo alla soluzione della guerra, programmando una visita teoricamente «impossibile» a Sarajevo, resa poi impossibile in pratica dall'opposizione della Chiesa ortodossa di Pale, e dalle cannonate serbe. Ma il desiderio di arrivare nella capitale bosniaca non è spento. «Un anno fa io ho vissuto questo problema di Sarajevo e continuo a viverlo. Spero che alla fine si arriverà ad estinguere Sarajevo come punto di partenza, simbolico naturalmente, delle tragedie europee di questo secolo». A Sarajevo nel 1914 si accese la miccia della Prima guerra mondiale. Un intervento è necessario anche per il nunzio della Santa Sede in Bosnia, mons. Francesco Monterisi, che l'ha espresso pubblicamente quattro giorni fa in un'intervista al quotidiano dei vescovi «Avvenire». «L'opzione per i metodi di pace, di dialogo e di trattativa - affermava il diplo¬ matico, illustrando quella che è evidentemente la posizione consolidata dei Palazzi Vaticani sull'argomento - deve essere preferita 999 volte su mille. Ma quando si è di fronte a situazioni gravi come quella attuale, e visto che le ripetute trattative non hanno dato esito, si può pensare anche a un intervento della comunità internazionale». Un Papa interventista? Il portavoce vaticano, Navarro Valls ha tenuto ieri a precisare che «la priorità non è di natura politica, strategica o militare ma è di natura umana: le sofferenze incredibili di queste persone, in una dimensione che non si vedeva dal '44. Donne che continuano a essere violentate, donne separate dai mariti, bambini che perdono i genitori. Dall'emergenza freddo di quésto inverno si è passati a quella del caldo, ma sempre senza nessuna assistenza per le popolazioni». E c'è il timore che la tracotanza dei serbi, e l'impotenza del resto del mondo servano di esempio. Per questo la Santa Sede non è contraria a un intervento. «Almeno per prevenire - sono parole del nunzio, Mon¬ terisi - che in futuro si determinino altre situazioni del genere. E' necessario però che l'intervento sia veramente finalizzato a difendere le popolazioni e sia proporzionato all'obiettivo di disarmare l'aggressore. In sostanza un intervento di tipo preventivo e deterrente». Una posizione condivisa persino dall' Abbè Pierre, certo non un «falco». Navarro ha parlato di «virtù impazzite» - citando Chesterton in riferimento al pacifismo di chi rifiuta in ogni caso e situazione il ricorso alle armi. E ha smentito che vi sia qualche cosa di concreto nelle voci di una «mediazione» vaticana. Il nunzio ha incontrato i serbi di Pale, ma «con riluttanza, non perché si. dubitasse della buona fede delle persone, ma perché non q'erano spazi in quanto le invasioni ormai erano in atto. Ribadisco che non c'è nessuna mediazione. Un termine che in diplomazia ha un senso univoco: due parti debbono chiederla. Purtroppo non c'è nessuna mediazione». Marco Tosatti

Persone citate: Abbè Pierre, Francesco Monterisi, Giovanni Paolo Ii, Navarro, Navarro Valls, Paolo Vi, Papa Wojtyla

Luoghi citati: Bosnia, Citta' Del Vaticano, Introd, Jugoslavia, Sarajevo