Chiaro, fresco, dolce ghiaccio di Enrico Benedetto

Società' e Cultura Gli espedienti dell'uomo per trovare refrigerio: una storia in Francia j| Chi f dl hi Chiaro, fresco, dolce ghiaccio Privilegio antico coltivato dai potenti PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il più megalomane fu l'imperatore romano Iìliogabalo, che in piena estate esigeva una montagna di neve in cortile per rinfrescarsi. Seguono i califfi che si facevano portare a Baghdad, nel X secolo, meloni sotto ghiaccio. Il viaggio? Mille chilometri. E se i Vangeli nulla ci dicono su una predilezione di Gesù per le granite, sappiamo che non pochi fra i suoi conterranei gustavano nell'afa estiva le nevi del Monte Hermon. La gerarchia ecclesiastica, in ogni caso, ne trapiantò volentieri l'abitudine in Europa. Papi e cardinali integrarono il biblico refrigerio della Parola divina con quello, più prosaico, di acqua e bibite ghiacciate. Mazarino, che nel 1659 ne rimase sprovvisto mentre negoziava sul litorale basco il Trattato dei Pirenei, per procurarsele ricorse a un oneroso stratagemma. Regalò a Don Louis d'Aro - il negoziatore spagnolo - una balena, ricevendone in cambio l'agognato ghiaccio: consegna bisettimanale a dorso di mulo garantita per l'intera durata delle discussioni. Non è escluso, peraltro, che la materia prima arrivasse da una sacra ghiacciaia iberica. Per esempio quella annessa alla cattedrale di Siguenza. Meno raffinati ma più sitibondi di Mazarino, i combattenti della Guerra Civile spagnola ricorsero ancora nel '35'36 a nevieri e ghiacciaie naturali per procurarsi acqua fresca. Come, qualche anno più tardi, per non aggravare il consumo elettrico di una Berlino in guerra, contro la calura estiva i gerarchi nazisti ricorreranno a blocchi di ghiaccio prelevati dai prigionieri - in condizioni facilmente immaginabili - nei Laghi della Pomerania. Meno truce dell'hitleriano, quello in uso a Buckingham Palace nell'800 arrivava da salubri distese ghiacciate d'oltreoceano. Il che non impedì a un malizioso cubetto d'infilarsi, il 21 settembre 1835, nell'abito della futura Regina Vittoria provocando riferiscono le cronache - «grande tumulto». L'elenco potrebbe continuare a lungo. Ma già cosi fa radiare dai presunti privilegi dell'uomo contemporaneo il poter tramutare il caldo in freddo, non fosse che per un whiskyno «on the rocks» o un gin tonic - come dicono gli americani - «ice cold». Chi se ne delizia, sappia che i convitati di Trimalcione lo precedono di quasi due millenni, e che comunque nel 1771 l'Encyclopaedia Britannica segnalava: «Chiunque affitti una casa in Italia pretende il suo bravo magazzeno per il ghiaccio». Se il geografo Xavier de Planhol non avesse trascorso 47 anni a raccogliere un vero thesaurus sulla refrigerazione dalla Kamchatka al Cuneese (la grotta del Mondolè) e da Polifemo - «E' l'acqua ghiaccia, che per me l'Etna (...) immacolato di neve fornisce come divina bevanda» Teocrito, Idillio XI - a Giorgio Washington, trovando infine nell'editore Fayard un complice stoico per pubblicarne le 474 pagine e le oltre 1000 note, quasi nulla sapremmo in materia. Giacché «L'eau de neige/Le tiède et le frais» è la prima ricerca globale sull'argomento a memoria d'uomo. Malgrado i nostri simili abbiano prodigato dall'epoca egizia talenti ed ingegno per otte- nere una gradevole frescura, la storia ricorda infatti più volentieri il cammino inverso. Vale a dire l'arte di scaldarsi. Che ha pure un nume tutelare - Prometeo - laddove sino al consumistico Dio Frigorifero o Dea Aria Condizionata mancano divinità pagane per rappresentarci le gioie della glaciazione domestica. Si obietterà che i due percorsi sono troppo squilibrati per ricevere trattamento eguale. Di massa il primo, ultraelitario almeno nel buon tempo antico il secondo. E' indubbio. Per convincersene, basta rileggere la descrizione fornitaci dal console inglese Claudius Rich che nei primi anni dell'800 attraversa il Kurdistan guadagnandosi un invito a colazione da parte del pascià di Solaymanyie. Ascoltiamolo: «Accanto al mio ospite si trovava, inginocchiato, uno spaventevole curdo che mescolava una mistura biancastra in un ampio recipiente aggiungendovi senza posa neve fresca. Bastava che il pascià volgesse il capo verso di lui e il cerbero lo imboccava con una mestolata del prodigioso frappé. Scopersi di avere al mio fianco un servo inselvatichito come il suo compare, che ben presto m'ingozzò con yogurt diluito alla neve». Lussi analoghi, apprendiamo, si concesse il Feroce Saladino, il Gran Turco (che per complicare le cose esigeva la neve di due inverni prima, ritenendola più pura). E, con una variante significativa, lo stesso Profeta Maometto. Tradizione vuole che Allah gli avesse inviato due messaggeri che apertogli il torace - ne lavarono il cuore con la neve. In fondo, lo stesso Eden ebraico, cristiano e islamico tradisce la meteoropatia dei suoi primi fedeli, impiantati su regioni aride. Il «sudore della tua fronte» - ovvero il caldo non è forse il primo riscontro della cacciata dal Giardino? Se il cartaginese Tertulliano usava la formula «Che il Signore ti raffreddi!» dobbiamo quindi essere comprensivi. Controprova: nelle loro credenze autoctone i popoli celtici e gli scandinavi in generale ipotizzavano inferni gelidi e paradisi torridi. A patto di avere tra le mani un nativo delle Spitzbergen, il fuoco eterno può essere dunque ricompensa e non solo dannazione. Ma ritorniamo al carattere elitista del fresco a mezzo neve per negarlo, con Xavier de Planhol, almeno in parte. Os¬ serva un trattato francese di dietetica pubblicato nella Serenissima in data 1586: «E' da trent'anni circa che l'uso della neve fa furore a Messina. Laonde ciascuno ormai, e persino gli artigiani poveri, vuole pane, vino e neve». Altri viaggiatori più o meno coevi c'informano che a Napoli scoppierebbe una rivolta popolare se la bianca visitatrice e il suo modello di lusso per ricchi e nobili - il ghiaccio non venisse distribuito ogni giorno. Incurante di autorevoli pareri medici secondo i quali l'acqua fredda provocava impotentia coeundi le citiamo, en passant, un giudizio complementare, attestato nel Perii del primo '900, ove si raccomandava la neve andina per «castigar los ardores de Venus»), la plebe finì per democratizzare il freddo. A Roma, nel '500, troviamo traccia di 1578 fra contratti e licenze per chi stoccava, tra¬ sportava, commerciava neve e ghiaccio. E apposite strade nivali - esenti da dogana - allogavano l'Urbe alle principali fonti di approvvigionamento sull'Appennino. Il Regno d'Italia smantellò, complici i progressi viari e tecnologici, quell'ingegnoso sistema papalino: la nevi; arrivava nella capitale in treno dall'alpino. (), talora, dalla Norvegia. E arriviamo al crepuscolo della ghiacciodipendenza. La corrente elettrica, in Italia come altrove, l'avrebbe presto uccisa. I frigo a vapore erano un esotismo alla .lules Venie, ma quelli con la spina contagiarono Nuovo e - solo nell'ultimi- dopoguerra - Vecchio Mondo Addio pozzi, capanni, colatoi di ghiacciaio, tecniche certosine por giocare con gli elementi della filosofia presocratica. Arrivavano i Bosch, i Rex, gli Ignis..; la monoporzione di inverno da chiudere in cucina. Munita di temibile appendice artica (il freezer) per i più abbienti. I 15 milioni di tonnellate di ghiaccio che ancora nel 1907 producevano gli Usa evaporeranno - è il caso di dirlo come neve al sole. Ma viene un sospetto. Se «bere freddo» costituisce una innegabile ancorché oggigiorno puramente meccanica vittoria sulla natura, la vera sfida Anni '90 non sarà «bere caldo»? Ovvero vincere se stessi (impresa assai piti difficile), come fanno i beduini e i cultori del tè rinfrescandosi «per contraddizione»? Forse. A meno di voler proporre compromessi tipo «temperatura ambiente». Che saranno fisiologici ma non sempre apprezzati. Già l'Apocalisse ammoniva, metaforicamente ma non troppo: «Possa tu essere freddo o bollente. Ma giacché sei tiepido, ti vomiterò dalla mia bocca». Enrico Benedetto Da Polifemo a Hitler eia Maometto a Saladino meloni «innevati» e whisky «on the rocks» ■ ÉÉ * . mi 1 s> j| Qui accanto, un venditore di ghiaccio, a sinistra, un'immagine del Monte Bianco George Washington sopra, Adolf Hitler