LA GUERRA PERDUTA

Mladic, macellaio per vendetta LA GUERRA PERDUTA tri predoni europei commisero: quello di puntare tutto sulla ignavia dell'America, sempre molto restia a entrare nei perenni conflitti europei. Se invece continueranno a mangiarsi il carciofo bosniaco foglia per Ioglia, sostando ogni volta abbastanza a lungo per raffreddare le nostre fcbbriciattole interventiste, la Bosnia è loro. Il grande, incolmabile vantaggio strategico dei serbi è che noi facciamo televisione e loro fanno la guerra. Noi prendiamo il giornale. Loro prendono ostaggi, fi, non avendo gli occhi velati dai buoni sentimenti, hanno capito da tempo quel che noi facciamo finta di non sapere: che per Sarajevo, Zepa, Gorazde, Bihac non esiste una praticabile e indolore soluzione militare Onu, Nato, europea o americana. Possiamo piangere e filosofeggiare quanto ci ag¬ grada sull'impotenza dell'Onu, come se l'Onu non fosse sempre stato un sacco vuoto e riempito soltanto dalla forza americana, tra la Corea di Truman e il Golfo di Bush. Possiamo commentare sarcasticamente le «mezze misure- adottate ancora una volta da Londra ieri. Ma tutto il nostro raffinato, commosso digrignare i denti non cambia il fatto che i serbobosniaci stanno vincendo a mani basse la guerra. Lo hanno capito in realtà benissimo anche i generali e i capi di Stato occidentali, compreso il presidente Chirac che vuol farci dimenticare Mururoa e il presidente Clinton, che dice una cosa al mattino e ne fa una diversa alla sera e non soltanto sulla Bosnia. Ma i governanti europei e americani non sono più insensibili o più vigliacchi eli noi editorialisti sdegnati o dei direttori di telegiornale. La loro vera, grande debolezza non è militare, ma è di visionepolitica strategica. Non è soltanto il coraggio di fare la guerra che difetta, è il coraggio di dire che la guerra è persa da tempo e il nostro compito è di ritagliare dalla sconfìtta militare dei bosniaci la migliore pace possibile per loro. Chi prova pietà per la sorte dei musulmani bosniaci, vittime di una forza più grande e spietata della loro, deve avere il coraggio di usare la ragione e di far tacere per un momento il cuore e i titoli. Di fronte a una forza armata padrona di tutte le carte, come quella serbobosniaca, l'unica alternativa seria sta fra un conflitto aperto, totale, a macchie di leopardo, che nessuno di noi vuol combattere, e una cattiva pace. Non una pace giusta, equa, che non è più raggiungibile, ma una «pace possibile-, che garantisca la fine della strage e il mantenimento di un simulacro di autonomia bosniaca, magari in una Sarajevo «città 1 internazionale- e protetta davvero. Non ci sono lacrime e articoli di fondo che possano oggi modificare la realta del campo di battaglia, che salvino la vita di un solo bambino a Bihac o Sarajevo. C'è soltanto il negoziato condotto con piena umiltà,e coscienza dei rapporti di forza creati sul campo, coscienza dei crimini commessi. Il dovere più generoso verso le vittime di quei crimini, oggi, è quello di porre fine alla -inutile strage» jugoslava, come fece Henry Kissingerncl 1973, accettando l'umiliazione dell'America, e dunque dell'Occidente, a Saigon con una pace ignobile, ma pur sempre pace. Il resto, come ha detto anche il vertice di Londra ieri con il suo mezzo bastoncino brandito davanti a Gorazde, è soltanto la pietà pelosa, se non addirittura l'arroganza di un Occidente deciso a combattere i serbi fino alla morte dell'ultimo bosniaco. Vittorio Zucconi fffnSwwffil SE L'UOMO SI RIBELLA le piste perfettamente preparate nel weekend; se siamo alla vigilia di un lungo ponte di primavera, e si mette a piovere improvvisamente, imprechiamo contro il destino cinico e baro che ci rovina le vacanze. Durante le quali, pero, spesso si va in cerca di situazioni anchedi disagio estremo in luoghi esotici e lontani: ad esempio, con il trekking himalayano, per il quale si è disposti ad affrontare difficoltà di ogni tipo, fatica, freddo. Ma solo se fanno parte del pacchetto acquistato dall'agenzia di viaggio. E' come se la natura, con la sua relativa imprevedibilità, i suoi disagi, ma anche la sua «novità», venisse tollerata ormai soltanto come parte di una situazione totalmente pianificata. Non sarà questa stessa volontà di chiudere la natura interamente dentro i nostri piani adscdlssvzcc anche la base profonda della devastazione ecologica del pianeta? E' vero che la civiltà si è sviluppata anche e soprattutto come lotta contro le minacce e i disagi che provengono da una natura «selvaggia-; ma la volontà di espellere del tutto i ritmi naturali (a cominciare dalle stagioni) dalla nostra vita, elicsi esprime nell'insofferenza per i disagi tutto sommato sopportabili del caldo e del freddo, del vento e della pioggia, è un altro segno del fatto che la nostra lotta per «sottomettere» le forze naturali ha raggiunto un livello di guardia, ormai autocontraddittorio, dove l'interlocutore natura è sul punto di essere completamente distrutto, lasciandoci soli con la monotonia ripetitiva delle nostre macchine. Gianni Vattimo LA STAMPA QliolUliewii fònetatQ net As'c>~ DIRETTORE RÉSTOKSA1IILE K/io Mauro VICEDIRETTORI I.iikii/11 Mundi), Luisi La Spina (.:id l.erner, Mari-elio Solici REDATTORI CAPOCENTRALI Yillurni Siilmtlin, Rallenti llt-llalti Prunai Tropea, Dario Cmto-llina ART DIRECTOR _ Angelo Kinalcli EDITRICE LA STAMPA SPA PRESIDENTE (■invaimi Agnelli VICEPRESIDENTI v illnrio Caissnlli di Chiusami Imbellii Cullila AMMIN1STRATI IRE DELEGATO E DIRETTORE GENERALE l'auln Palliselo AMMINISTRATORI Lia in, Aiiuri, Luca Corderò ili Montezemiilo Giovanni Giovnnnim Kianci-Mo Panili Mallinli. Altierlo Nicolello STABILIMENTO TII'OGRAFICO La Slampa, via Marencu :!2, Turino STAMPA in FACSIMILE La Stampa. v.G. Brunii SI. Turimi STT sri. v. (' IV^enli 130, Roma STS i-pa. Quinta Strada 35, (ninnili Nuova SAME ipa.v. iella Giustizia 11. Milana L'Unione Sarda spa, *M Elma». Cagliari ( l IN(K.^i7iNaTTi.\ l'I IlIil.K ita' Pulilikumpnss Spn v. Cantucci 29. Milann. tel. 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