Nuovi veleni su Di Pietro E Salomone sente Cossiga

Nuovi veleni su Di Pietro E Salomone sente Cossiga Nuovi veleni su Di Pietro E Salomone sente Cossiga L'INCHIESTA SULL'EX PM AMILANO NCORA una cosa...», fa mettere a verbale Antonio Di Pietro. E' il 2 luglio, è quasi l'una di notte, e da 16 ore e passa l'ex magistrato più famoso d'Italia si trova davanti a Salamone e Bonfigli, i due pm bresciani che lo hanno messo sotto inchiesta. Quella «cosa», rivela il settimanale «Panorama», è l'ultima «mossa calunniosa» che si sta tentando contro Di Pietro. Una mossa che tira in ballo Aldo Molino, mentre i due pm sono a Roma per sentire l'ex presidente Cossiga, un tempo legatissimo al giudice simbolo di Mani pulite. Ma partiamo dal «complotto». Dice Di Pietro nelle ultime pagine del suo chilometrico verbale: «Un imputato (di Mani pulite, ndr) avrebbe intenzione di denunciare che mi avrebbe consegnato del danaro». L'ex pm fa anche un nome, quello del professor Aldo Molino, e dà una cifra, 600 milioni. Replica Molino, che non ha mai presentato alcuna denuncia: «Non voglio neppure rispondere. Siamo alla follia che caratterizza questo Paese di questi tempi». Anche il difensore di Di Pietro, l'avvocato Massimo Dinoia, non vuole aggiungere altro. Ma Di Pietro quel nome a verbale lo ha fatto. Ha parlato di Aldo Molino, quattro mesi da latitante negli Stati Uniti fino alla consegna (nelle sue mani) il 26 settembre del '93. Molino in realtà era ricercato con un ordine d'arresto chiesto dal magistrato Fabio De Pasquale, un collega di Di Pietro che indagava sull'affare Eni-Sai, un giro di assicurazioni con tangenti annesse per svariati miliardi. La consegna nelle mani di Di Pietro crea qualche imbarazzo tra i due magistrati. Non si parlano per lungo tempo, evitano di incontrarsi. Va avanti così per mesi. Il 6 edicembre dell'anno scorso Di Pietro lascia la magistratura. Lo stesso giorno De Pasquale ottiene una raffica di condanne al processo Eni-Sai. Anche per Aldo Molino, che si prende sei anni di carcere. Ma c'è di più, in questo giallo (di oggi) che lega Di Pietro a Molino. Da alcune intercettazioni effettuate due anni fa su ordine di De Pasquale, risulta una telefonata a Molino negli Stati Uniti, mentre era latitante, fatta da un noto avvocato di Milano, Giuseppe Sbisà. Sbisà, che sarà a sua volta arrestato, dice a Molino di non preoccuparsi, che per sistemare tutto c'è un certo ((Antonio». Quell'Antonio non è stato mai identificato con certezza. Insi nuazioni velenose attribuiscono a Di Pietro quel riferimento. La vicenda sembrava destinata a scomparire nel nulla. E nessuno se ne sarebbe più ricordato. Se Di Pietro non avesse parlato di Molino in quel chilometrico verbale, ricordano quella storia da seicento milioni, l'ennesima trappola. E una denuncia contro di lui mai fatta. Quello di Molino è solo uno dei tanti capitoli su cui stanno indagando i due magistrati bresciani Salamone e Bonfigli, da mesi alla ricerca di una verità tra veleni, dossier anonimi, con/i e insinua¬ zioni. Un altro dei tanti capitoli li ha portati ieri per la seconda volta in missione a Roma, per una trasferta improvvisa per un interrogatorio alle sei di mattina, a palazzo Giustiniani, dove hanno l'ufficio gli ex presidenti della repubblica. Interrogatorio all'alba per Francesco Cossiga, un tempo legatissimo ad Antonio Di Pietro. Da lui i due pm bresciani hanno voluto sapere se conosceva i motivi delle clamorose dimissioni dalla magistratura di Di Pietro. Quelle dimissioni che Cossiga aveva già avuto modo di definire, in un'intervista, «un tremendo atto di libertà». Non dice nulla ai giornalisti, al termine dell'interrogatorio, Cossiga. Sfila sorridente davanti alle telecamere con un completo beige e sorride. Nulla di più. Nessuna esternazione, questa volta, sul suo amico di un tempo. Segno che i rapporti tra i due si sono ulteriormente raffreddati. Raffreddati a tal punto che Cossiga, quando Di Pietro scrisse il suo commentario alla Costituzione, accettò di firmarne la prefazione sostenendo che «Di Pietro è un politico anche se non lo sa, e lo dimostra con questo libro». Salvo poi rimangiarsi la prefazione. Finito il faccia a faccia con l'ex Presidente, Salamoile e Bonfigli hanno incontrato nuovamente Ugo Dinacci, l'ex capo ispettore del ministero della Giustizia già interrogato sull'ispezione misteriosa contro Di Pietro. Quella nata dalle rivelazioni di Giancarlo Gorrini della Maa, e chiusa in un amen, 24 ore prima che Di Pietro gettasse la toga. Prima di lasciare Roma i due magistrati, accompagnati nella loro trasferta nella capitale da agenti della Digos bresciani, hanno voluto salutare il capo della polizia Masone. E da oggi saranno nuovamente a Brescia, per mettere mano alla loro inchiesta aperta oramai su mille fronti. Uno, rivela «Panorama», tocca anche Sergio Cusani. Il finanziere condannato a 8 anni di carcere ha ricevuto indfatti un avviso di garanzia. I magistrati vogliono sapere dei suoi rapporti con Giancarlo Gorrini della Maa. Fabio Potetti

Luoghi citati: Brescia, Italia, Milano, Roma, Stati Uniti