Usa e Europa preparano la risposta

Usa e Europa preparano la risposta Usa e Europa preparano la risposta Sì ai bombardamenti, no alle truppe di terra IL VERTICE DI LONDRA GLONDRA LI Stati Uniti sono d'accordo, la Gran Bretagna è d'accordo, persino la Francia che avrebbe voluto misure più drastiche è d'accordo. All'offensiva delle forze serbe contro le enclaves protette dall'Onu si può rispondere soltanto con massicce incursioni e bombardamenti aerei, e non con altre misure - la vendila di armi ai bosniaci o un diretto coinvolgimento militare americano - che potrebbero invece compromettere le ultime speranze di una tt'rra disperata. Oggi, dalla conferenza di Londra sulla Bosnia, i! mondo si attende una parola di speranza che vada al di la dei piani militari ormai limati alla perfezione e che per la prima volta prevedono scenari di confronto diretto con i serbi bosniaci; ma dall'incontro, che oltre alla difesa di Gorazde potrebbe anche decidere un'azione per aprire la via di Sarajevo che passa per il monte Igman, sarà difficile trovare una formula magica. Ministri degli Esteri, ministri della Difesa, capi di stato maggiore discuteranno a Lancaster House tutti gli scenari possibili e forse anche quelli che le tre potenze occidentali - protagoniste di febbrili contatti negli ultimi giorni hanno già scartato. Ai cinque Paesi del cosiddetto «gruppo di contatto» - Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Germa¬ nia - si affiancano i principali attori dell'Unione Europea e della Nato, nonché i Paesi che hanno fornito caschi blu: Italia, Canada, Olanda, Bangladesh, Spagna, Turchia, Belgio, Ucraina, Danimarca e Norvegia. Il segretario generale dell'Onu, Boutros Ghali, ha già avuto ieri pomeriggio colloqui con il primo ministro ingle¬ se Major, che ha anche presieduto una riunione di gabinetto per mettere a punto l'agenda definitiva dei lavori. «Penso che ci stiamo avvicinando a una conclusione», ha detto il ministro degli Esteri britannico Rifkind, reduce da Washington. Il messaggio che viene dagli Stati Uniti, dove il presidente Clinton è fortemente contrastato dal Congresso repubblicano, è che la superpotenza non può correre il rischio d'imbarcarsi in «un nuovo Vietnam». No all'invio di truppe, quindi, e no anche a un appoggio logistico per l'intervento auspicato da Parigi; ma sì - e un sì energico - all'ipotesi dei bombardamenti. «La prima cosa da fare - ha detto il segretario alla Difesa William Perry dopo il suo arrivo a Londra, a conferma del ruolo che gli Stati Uniti intendono comunque assumere - è distruggere la difesa aerea serba che potrebbe minacciare i nostri aerei». Si tratterebbe di fissare una nuova linea di demarcazione attorno a Gorazde e di agire - senza ulteriore discussione - alla prima violazione. «Il rischio di un'escalation esiste», ha ammesso ieri il ministro britannico della Difesa Michael Portillo, ricordando gli avvenimenti di maggio quando i serbi bosniaci presero centinaia di caschi blu in ostaggio proprio in replica ad alcune incursioni aeree. Questa volta non si tratta di «punzecchiare» le forze del generale Mladic nelle zone del fronte, ma di colpire obiettivi talora ben distanti, come depositi di munizioni, ponti, posti di comando; ed è chiaro che la reazione serba non potrà mancare. Ma le alternative - un ritiro dei caschi blu o un rafforzamento del contingente Onu a Gorazde - sono secondo Portillo molto più pericolose. La Francia, in particolare, avrebbe proposto l'invio a Gorazde di altri mille caschi blu, con gli elicotteri americani che ora Washington nega. Il compromesso non è stato facile; ma tutti sanno che il tempo gioca un ruolo importante. Per ora Gorazde non è direttamente minacciata, anche perché Mladic avrebbe bisogno di almeno 10 mila uomini per travolgere le difese di quella cittadina, presidiata da tremila soldati bosniaci. Ma la situazione potrebbe rapidamente cambiare. Fabio Galvano Major accoglie a Londra il segretario dell'Onu Ghali

Persone citate: Boutros Ghali, Clinton, Fabio Galvano Major, Ghali, Michael Portillo, Mladic, Portillo, Rifkind, William Perry