Alla fiera di Cuore tiro a segno sul Nemico di Michele Serra

A Montecchio l'ottava «Festa» richiama migliaia di simpatizzanti, con Michele Serra & C. A Montecchio l'ottava «Festa» richiama migliaia di simpatizzanti, con Michele Serra & C. Alla fiera di Cuore tiro a segno sul Nemico" POLITICA E SBERLEFFO MONTECCHIO DAL NOSTRO INVIATO Il Giudizio Universale, quello è temporaneamente sospeso. Troppo rischioso. Troppo disinibito. Era il sondaggione fatto in casa, per il popolo di Cuore. La hit parade degli odii e delle repulsioni. La galleria degli orrori allestita dalla sinistra emotiva. Il rudimentale referendum dove raccogliere pareri e fantasie su come sistemare, possibilmente con verdetti definitivi, nemici ed avversari. Meglio soprassedere, hanno pensato qui a Montecchio. Dovessero ripetersi recenti incidenti di percorso, riaffiorare pulsioni sadico-sessuali su Veroniche e affini, onirismi trucibaldi che sognano apocalittiche torture da esercitare sull'intero parentado del Grande Fratello, invocazioni cimiteriali per vecchi e nuovi antagonisti. Meglio lasciar perdere. Nella grande riserva indiana del cuorismo il giorno del Giudizio può attendere e pazientare ancora un po'. Anche perché tutto il resto è ammesso nella zona franca dove si celebra l'ottava Festa di Cuore. Se il cuorista italico viene ogni anno fin qui, si accampa con la sua tendina sotto un sole implacabilmente crudele, si squaglia nell'afa ammorbante, teme 1 arrivo di acquazzoni capaci di trasformare i sentieri di polvere in rigagnoli fangosi, macina chilometri ogni giorno per raggiungere lo spazio di «Rock e sudore», chiacchierare «con Fazzioli e Kalimero nell'osteria "I nipotini di Stalin"», dondolarsi con i ritmi deH'«Industrial rock dei Metallurgica Vigano», ristorarsi con lo spettacolo «Facce ride», «comici allo sbaraglio», deliziarsi con le battute di David Riondino e Paolo Hendel, scatenarsi con i «Modena City Ramblers», se insomma il cuorista italico decide di sorbirsi ogni anno tutto questo, forte deve essere la motivazione. E quale motivazione più forte di raggiungere la «zona franca», l'agognata terra promessa in cui non valgono censure e autocensure, il luogo dell'espressività senza freni dove non è in vigore la filosofia del realismo e del compromesso moderato, la poh- tica delle buone maniere, le fatiche del riconoscimento reciproco, il rifiuto della demonizzazione? Il cuorista è l'uomo (e la donna) di sinistra senza freni inibitori. E' l'uomo (e la donna) di sinistra che al congresso del pds, mentre dal palco parlava Berlusconi e D'Alema andava a stringergli ospitalmente la mano, sentiva il sangue ribollire, torcersi le viscere, fremere il sistema nervoso, eppure doveva mostrarsi imperturbabile, tollerante fino allo spasimo, signorilmente irreprensibile per quaranta, interminabili minuti. Ma che con Cuore ritrova un cuore. Se vuole fischiare, fischia. Se vuole dileggiare, dileggia. Se intende sghignazzare, sghignazza. Nel cuorismo ritrova la libertà d'azione garantita dall'extra-territorialità, la terra di nessuno tenuta insieme da una doppia legittimità. Una è la gioventù, accompagnata dalla retorica giovanilista e adolescenziale della smoderazione, della sventatezza, della sana e naturale avversione verso tutto ciò che sa di meschino e di compromissorio. L'altra è la satira: si può forse chiedere alla satira di inchinarsi alle leggi del bon ton politico, alle coazioni della rispettabilità e della buona creanza, ai vincoli imposti dal lessico della tolleranza? Giovanilismo più satira più sinistra: ecco gli ingredienti base del minestrone cuorista. Un'identità sostitutiva e complementare rispetto all'identità della sinistra politica. La sinistra politica si fa tentare dall'interventismo in Bosnia? Qui a Montecchio una parte del popolo cuorista ulula durante un dibattito sulla Bosnia, rivendica la simbologia del pacifismo integrale e anti-in- terventista per principio, rifiuta addirittura di scaricare tutte le colpe sui serbi: «E quello che fanno i fascisti croati, allora?». La sinistra politica apparecchia tavoli delle regole con gli emissari di Berlusconi? E allora ecco fiorire t-shirt, cartelli, indicazioni toponomastiche a base di «Biscione, no grazie», «Berluscazzone», simboli della Fininvest sormontati da un segnale di divieto in bella evidenza. Certo che è uno scherzo (c'è pure lo spazio del mago Otelma, nell'Helzapoppin della festacontro), scherzosa irriverenza, scherzosa simulazione della guerra civile. E' satira, dopotutto. E a nessuna vittima del cuorismo verrebbe in mente di replicare le invettive craxiane quando a una Festa dell'Unità servirono una poco raccomandabile «trippa alla Bettino». Quella era la festa di un grande partito che si chiamava pei. E dove mai si trova il più volte fantasticato, temuto, deplorato «partito di Ci/ore»? Da nessuna parte. Eppure fa impressione la metamorfosi facciale del comico Paolo Hendel quando si affronta seriamente il problema del «partito di Cuore». Vulcanico battutista, stavolta Hendel si fa serissimo, compunto, il volto atteggiato a gravità riflessiva: «Quando ai tempi di Tango osammo raffigurare Natta nudo, non ci immaginavamo di metter su qualcosa che è stato molto importante. Migliaia e migliaia di giovani che ogni anno, da otto anni, vengono qui per stare insieme, vorranno pur dire qualcosa». Cuore, negli anni Ottanta, voleva dire «resistenza umana». Espressione un po' pomposa e deliberatamente esagerata che tuttavia, come ricorda Michele Serra, rendeva bene «il clima d'assedio in cui questa sinistra si sentiva imprigionata,' là rótta di collisione con i codici dominanti nella società e nella politica». Oggi invece, dice Serra, «prevale piuttosto la sensazione, la rassicurante sensazione che una sinistra tutto sommato continua ad esistere». E anche con ragionevoli possibilità di successo politico. Ma in gjf quel caso il popolo di Cuore perderebbe una parte di sé. Verrebbe preso dalla vertigine sancita dalla sentenza coniata dal direttore Claudio Sabelli Fioretti: «Certo, per noi è meglio perdere battaglie appassionanti piuttosto che vincere battaglie di merda». Popolo composito e partiticamente variegato, dove il pidiessino va in solluchero per Riondino accanto al compagno rifondatore e il cattolico di sinistra e del volontariato, sorride assieme all'anticlericale impenitente davanti al piccolo stand dove vengono esibiti i prodigi delle «Madonnine in lacrime», la tribù dei cuoristi ritrova nel sentimentalismo dell'eterno perdente la sua ragion d'essere. Detesta il successo e ancor più la via maestra, il sacrificio emotivo indispensabile per procurarselo. «L'anno scorso c'era un monitor con l'immagine di Berlusconi che urlava come un ossesso "vergogna". Chi l'avrebbe detto che un anno dopo già sarebbe finito»: questa di Sabelli Fioretti è l'unica battuta che non fa ridere il popolo cuorista. Stretto in un connubio inestricabile con il Nemico di turno, tutto può sopportare il cuorista tranne che rinunciare a immaginare il Nemico come qualcosa di mostruoso e di mostruosamente forte, un Cattivo cui augurare tutto il male possibile e immaginabile (il «Giudizio Universale»), il Corruttore Massimo da bersagliare con tutti i mezzi. E se la politica dei tavoli e delle regole richiede uno stile del tutto inedito sul piano dell'immagine e della comunicazione, qui, nella tana del cuorismo, si offre lo spazio compensativo dove la sinistra della «resistenza umana» riassapora il gusto delle emozioni collettive fondamentali. D'Alema, Prodi e Veltroni verranno a Montecchio a guadagnarsi le simpatie nella zona franca di Cuore. La riserva indiana dove ancora batte un cuore rosso antico. Pierluigi Battista Allo stand delle «Madonne in lacrime» ridono insieme cattolici e anticlericali Una zona franca a sinistra senza doveri di galateo Vìncono gioventù e satira Anche D'Alema e Prodi nella riserva indiana gPmeno acce illonl'anvangondoncuosmragcesil sbilscomao" Romano Prodi e David Riondino, protagonisti al festival di Cuore

Luoghi citati: Bosnia, Cuore, Modena, Montecchio