Max Biaggi, il re scomodo di Enrico Biondi
l'iridato verso il gp d'Inghilterra e un contratto miliardario PERSONAGGIO UN CAMPIONE POCO AMATO l'iridato verso il gp d'Inghilterra e un contratto miliardario Max Biaggi, il re scomodo Odia stare in ombra, ama la ribalta e per conquistarla si fa tanti nemici EBBENE sì, sono un personaggio scomodo. Perché vinco. E' il destino di chi è più forte. Non piaccio? Pazienza. Però il vero Max ancora non lo conoscete, ma non ho fretta, mi aspettano 8-9 anni ad alto livello prima della pensione». In queste poche parole c'è tutto Massimiliano Biaggi, 24 anni appena compiuti, romano autentico, che domenica a Donington con la sua Aprilia sarà chiamato ancora una volta a difendere il titolo mondiale 250. Quando corre è impressionante: veloce, sicuro, spettacolare, duro con gli avversari. Ma quando SuperMax scende dalla moto si macchia del peccato più grosso: non riesce a «legare» con gli altri piloti. Canta fuori dal coro. Con Loris Reggiani non corre buon sangue sebbene lavorino per la stessa azienda; con Gramigni (toscanaccio verace e lingua tagliente) è venuto alle mani; con Capirossi, poi, c'è tutto un campionario di frecciate, battute, battutacce anche pesanti. E visto che quest'anno Loris è salito in 500, Max si è azzuffato verbalmente sia con Locatelli, suo compagno di squadra, che con Lucchi, collaudatore Aprilia che ha avuto il torto di metterlo in ombra durante le prove del Gran Premio d'Italia al Mugello. Già, l'ombra. Max la odia: gli piacciono i titoloni sui giornali, le passerelle in tv, essere al centro dell'attenzione. E i nemici aumentano. Lo accusano di essere irruente, al limite della scorrettezza. Si difende: «Non è vero e tutti lo sanno. In pista si va per vincere: anch'io ho subito scorrettezze, ma non mi sono mai lamentato. Romboni mi tamponò ad Assen nel '93, ero secondo, mi ruppe le marmitte e fui costretto a ritirarmi: non gli dissi nulla. Vorrei tanto che anche gli altri facessero lo stesso. Invece no: subito ad accusare. Non è giusto. Per questo motivo e perché ho bisogno più di altri della massima concentrazione, «AnperòSonMa mi isolo e non mi curo di risultare simpatico. Certo se mi conoscessero meglio potrei andare a genio a più persone». Del suo privato si parla e si conosce poco. «Sono un ragazzo normalissimo, come tanti altri; il meglio di me lo dò alla gente che mi apprezza per quello che sono. Per diventare miei amici basta frequentarmi. E la cosa non è difficile. Giro per Roma tranquillamente; sì, c'è chi mi ferma quando mi riconosce, ma non sono ancora così famoso da sognare la privacy ad ogni costo. Ho tanti amici fuori dalle piste, gli stessi da quattro o cinque anni, andiamo in giro, facciamo baldoria. Ecco, con loro mi sento nel branco, a volte il capo. Essere campione del mondo non mi ha cambiato la vita, rimangono le basi di sempre, una famiglia sana con la quale sono cresciuto, senza grilli per la testa». Al motociclismo è arrivato tardi, a 18 anni, per scherzo. Giocava a calcio nella Trionfai Doria, società oggi scomparsa. Poi un amico lo invita a provare a Vallelunga la moto avuta in regalo dal padre. Un amore a prima vista. «Mi sono accorto che andavo fortissimo con una moto di serie. Una persona, Salvatore Mangione, mi nota e mi dice: Per me tu sbagli due o tre cose, dovresti fare così, così e così ma mi raccomando, vacci piano, non è semplice. Pensava ci volessero mesi, migliorai nell'arco di due giri...». A quel punto entra in scena il padre: «Mi fa una proposta: Ti dò un anno di tempo, o combini qualcosa oppure smetti tutto e mi dai una mano in negozio (di abiti da lavoro ndr). I risultati mi hanno dato ragione». Primo nel campionato italiano ezze ntato co» mo Sport Production (1990), 1° nell'Europeo (1991), 5° nel Mondiale '92 con una vittoria, due secondi e due terzi posti, 4° nel '94 (con la Honda), campione del mondo nel '95. Ma per Max il successo non è tutto. Lui non vuole che se ne parli, ma il Biaggi tra le mura domestiche è diverso. Innanzitutto un cuore d'oro, sempre disponibile ad offrire il suo impegno per chi è meno fortunato. Un impegno in prima persona, come diventare donatore di midollo osseo perché toccato da un grave caso di famiglia (un nipotino è affetto da leucemia) ma anche dalla vicenda-Fortunato. E ancora partite di calcio a scopo benefico, in ospedale a trovare chi soffre. Chissà, se molti lo conoscessero più a fondo... «Ma io sono cosi, che cosa credete? Volete conoscere il vero Max? Fate un salto a Roma, dalle parti della Balduina, e chiedete di me. Vedrete, diventeremo amici». Rimpianti? «Uno solo, non aver finito gli studi. Mi sono fermato al secondo anno di Istituto Tecnico Industriale. La cultura è alla base di tutto». Se si eccettua il '94, Biaggi e Aprilia hanno sempre corso insieme creando un binomio vincente che continuerà anche nel '96. Max aumenterà il suo impegno di promoter, in cambio riceverà un fiume di dollari (più di 2,5 miliardi di lire) che ne faranno uno tra i dieci piloti più pagati del mondo e l'assicurazione di un trattamento privilegiato. Oggi, a Noale, ci sarà l'accordo. I tuoi nemici? «Fuori dal circuito ho solo amici. In pista solo avversari. Tanti, pronti a togliermi il Mondiale. Io quest'anno me li scelgo gara per gara. Ieri Waldmann, domani Harada, dopodomani chissà. Il giapponese più del tedesco è il mio punto di riferimento. Comunque non c'è problema: chi vuole si faccia avanti, sono qui che aspetto». Enrico Biondi «Anch'io ho subito scorrettezze però non mi sono mai lamentato Sono antipatico perché vinco» Ma fuori pista è generosissimo Massimiliano Biaggi, 24 anni, ama la popolarità appena conquistata
Luoghi citati: Aprilia, Inghilterra, Italia, Noale, Roma
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