Brasile avanti con un colpo di mano
In Coppa America esce l'Argentina, eliminata dopo i rigori e un mare di polemiche In Coppa America esce l'Argentina, eliminata dopo i rigori e un mare di polemiche Brasile avanti con un colpo di mano Tulio «imita» Maradona MONTEVIDEO DAL NOSTRO INVIATO Dalla mano di Diego al braccio di Tulio. Dai rigori di Pasadena a quelli di Rivera, francobollo nell'estremo Nord-Est dell'Uruguay. Dopo aver messo alla porta i campioni uscenti dell'Argentina, la Coppa America lancia lo sprint fra roventi polemiche e stravaganti remake. Siamo alle semifinali: stasera a Montevideo, Uruguay-Colombia (senza Fonseca, stirato); domani a Maldonado, Brasile-Usa. L'equilibrio regna sovrano. In assenza dei tempi supplementari, banditi dal regolamento, tre semifinaliste su quattro sono uscite direttamente dalla lotteria dei rigori: la Colombia (1-1, poi 6-5 al Paraguay); gli Usa (0-0, poi 4-1 al Messico); il Brasile (2-2, poi 64 all'Argentina). Unica eccezione, i ruvidi uruguagi, eversori della non morbida Bolivia (2-1). Freddo polare, stadi semivuoti, livello modesto. Se gli Stati Uniti sono la sorpresa, il migliore dell'Uruguay è sempre il principe Francescoli, 34 anni a novembre, ex Cagliari, ex Torino, e il migliore della Colombia, quasi sempre il «napoletano» Rincon, dal momento che Valderrama più dei dieci all'ora non fa e Asprilla continua a mangiarsi gol anche a merenda. E i portieri. Mamma mia. Visti autogol comici: del colombiano Higuita contro il Brasile, del messicano Campos, maglia numero nove, contro il Venezuela. Così così, gli arbitri. Un pianto, il peruviano Tejada, quello di Brasile-Argentina: la sfida più elettrica e appassionante di tutto il rodeo. Non a torto, a Buenos Aires parlano di furto, di vergogna, di bottino sfilato dal borsello. E la tv, nostalgica, dedica spot su spot a Diego Maradona: mancano 73 giorni alla fine della squalifica, al suo ritorno. Raccontata per sommi capi, nell'arena-pollaio di Rivera è andata così. Campioni del Sud America subito a segno con Balbo, pareggio di Edmundo (su splendida iniziativa di Roberto Carlos), raddoppio di Batistuta (33 gol in nazionale, a uno dal record di Maradona), con la complicità di Taffarel, Argentina in dieci dal 44' del primo tempo (espulso Astrada). Ripresa: prima di farsi cacciare per aver inveito all'indirizzo della terna, il et Passarella toglie Balbo e Batistuta, e arma un catenaccione gigante; al 35' l'episodio chiave: su cross di Jorginho, Tulio controlla di braccio e insacca di sinistro, salvo festeggiare come la più pudica delle vergini. Clamoroso. Grottesco. Inaudito. Arbitro e guardalinee non fanno una piega. La memoria corre al gol di mano che Maradona rifilò agli inglesi ai Mondiali del 1986. E poi dicono che il Brasile non ha santi in paradiso. Forse è vero: li ha in terra, alla Fifa (Havelange). Avanti pure. Mancano sì e no cinque minuti, quando viene cacciato anche Cesar Sampaio, brasiliano. Rigori, dunque. Taffarel ne para due, a Simeone e a Fabbri, distante, uno solo: ad André Cruz. Decide Edmundo, detto l'animale. Fra i più pimpanti, l'indiavolato Juninho e il quasi interista Roberto Carlos. Gran tiro, ficcanti sventagliate a «cambiare» settore. Un'ala, più che un terzino: proprio il disunpegno difensivo rappresenta il punto debole del suo repertorio. In teoria, su Roberto Carlos doveva operare Zanetti, interista a tutti gli effetti. In teoria. giacché all'atto pratico l'argentino, generoso ma pasticcione, è sistematicamente soverchiato. Il et Zagallo azzecca il cambio (dentro Tulio, una punta in più, fuori Leonardo), Passarella invece esagera: va bene togliere, sotto assedio, uno fra Balbo e Batigol, ma perché tutti e due? L'Argentina (due espulsi allenatore compreso, quattro ammoniti) vivacchia sulla mira dei cecchini «italiani», Batistuta quattro reti, Balbo tre. Tempi durissimi per Passarella. Il popolo non lo ama, Maradona trama nell'ombra, il goffo embargo ai gay, il tonfo delle riserve contro gli Usa (3-0), lo smacco di lunedì formano un circostanziato ventaglio di accuse. Se per ora non rischia il posto, lo deve, paradossalmente, al «furto» del 22, un alibi a prova di esonero. A un anno esatto dai rigori mondiali con l'Italia (17 luglio 1994-17 luglio 1995), il Brasile imbattuto da 25 partite, ultima sconfitta il 17 novembre 1993, 2-1 con la Germania - si conferma di gran lunga la squadra più brillante, oltre che la più feconda e la più protetta. Aldair e Dunga sono la tradizione, Juninho e Savio garantiscono il futuro. L'assenza di Romario e Bebeto è stata mascherata dalle risorse di Edmundo e Tulio. Resta un mistero: la «scomparsa» di Ronaldo, 19 anni a settembre, il fenomeno dei fenomeni, il capo cannoniere del Psv Eindhoven. Cinque minuti con l'Ecuador, alla prima uscita, e poi basta: in panca, a marcire. Maradona direbbe: c'è lo zampino della Cia. Di sicuro, non c'è nella marcia degli Usa. Invitati come il Messico, in quanto membri di una federazione distinta da quella sudamericana, stanno bruciando le tappe. L'ossatura mondiale, l'impronta lasciata da Bora Milutinovic, il lavoro dell'attuale et Steve Sampson, il contributo dei giocatori di stanza in Europa, l'eccellente tenuta fisica, una buona organizzazione di base. Roberto Beccantini Ll Sb ( ) M Lalas con Sorber (a sin.) e Moore festeggia la qualificazione Usa alle semifinali di Coppa America dopo il 4-1 ai rigori sul Messico (in alto l'eroe, il portiere Friedel) Domani gli statunitensi sfidano il Brasile. Stasera c'è l'altra semifinale tra Uruguay e Colombia
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