Zeffirelli: un cecchino ci uccide
Zeffirelli; un cecchino ci uccide Il regista termina oggi le prove di «Carmen», accusa la burocrazia e loda le donne Zeffirelli; un cecchino ci uccide «Ci invidiano l'Arena, ma noi le siamo ostili» VERONA. «Il grande rischio dell'Italia è la burocrazia, inefficiente, parassitaria, stupida, piena di steccati. Mi fa paura l'imbecille, preferisco piuttosto un duello all'ultimo sangue, un nemico che mi punta contro l'arma. La burocrazia è un cecchino». Franco Zeffirelli conclude stasera le prove di «Carmen», un'impresa affascinante e disperante, come definisce questa sua regia di esordio areniano. Con il fiatone. Una settimana fa impiegarono oltre tre ore, i bravissimi macchinisti dell'Arena, per portar fuori le scene del secondo atto. Ora il tempo s'è ridotto a 35 minuti per l'allenamento e perché molte sovrastrutture sono state eliminate. La colpa del ritardo è, appunto, della burocrazia, che ha obbligato a lunghe procedure che hanno rallentato l'allestimento, concordato già il 7 agosto dell'anno scorso, e ha fatto lievitare i costi. Quanto venga a costare questa «Carmen», dotata del cast migliore al mondo oggi, diretta da Daniel Oren (Denyce Graves, Cecilia Gasdia, Sergej Larin e una Lotte Leitner nella «modesta» parte di Frasquita) non si sa. «Costa di più...» replica Zeffirelli, rispetto a qualsiasi ipotetica ci¬ fra domandata. Ma il costo è economico, per i ritardi appunto, ed è artistico e psicofisico, proprio per la burocrazia. «In Italia siamo tutti colpevoli para così altri colpi Zeffirelli perché portiamo idee e poi non possiamo realizzarle. Perché un'Arena, un teatro straordinario che non ha pari al mondo, sarebbe un fiore all'occhiello di qualsiasi presidente francese. Da noi neppure un gemito, se non ostilità. I nostri politici li conosco bene, ho fatto il senatore di Catania. Non capiscono che qui il pubblico viene come i pellegrini alla Mecca. Mi assumerò il compito di gridare al vento, magari nel deserto: italiani, svegliatevi». Ma le cifre Zeffirelli non le dice anche perché, ricorda, la spesa dell'allestimento verrà ammortizzata in almeno due anni e questa «Carmen» «la vedo già girare per il mondo in versione carro di Tespi». Ha fatto le cose in grande, non c'è che dire, Zeffirelli. Ha persino inserito, d'accordo con Oren (che aspetta meno sordina per la migliorata orchestra) un brano di balletto con Carla Fracci, oltre a quello con El Camborio, Lucia Real e Paco Romero. Ha messo i carabineros a cavallo, che seminano il panico tra le coriste, 250 donne assatanate nella scena del tumulto, provocando persino un conflitto sindacale. Ma soprattutto ha dato l'anima giusta a Carmen, protagonista di quella che, dice, è «un'opera che si fa più fatica a sbagliare che a farla bene». Carmen è vista da Zeffirelli come il prototipo della donna moderna, che il regista esalta in ogni modo durante la lunghissima conferenza stampa. E' estrema nella sua disperata necessità di essere libera, non per il sesso, sempre praticato, ma nell'impegno d'amore, nel suo conflitto - che è poi quello di tutte le donne moderne - tra il destino d'amore e il destino d'indipendenza. Carmen è la donna di oggi ed è Denyce Graves, con la sua marcia in più, le sue radici nelle piantagioni dell'Alabama, quel suo sguardo che dichiara il conflitto interiore, quei suoi atteggiamenti mai volgari ma con una carica incredibile di sensualità. Se la burocrazia trattiene e frena anche l'Arena che, senza tasse sui biglietti sarebbe l'unico teatro italiano con i conti in verde (non al verde), per Zeffirelli questa sua «Carmen» testimonia il potenziale del teatro lirico italiano. Come sarà? Il regista si sente partoriente: «Speriamo - dice - che nasca un bambino intelligente, se non bellissimo». Intanto invita a giudicarlo solo dopo la terza serata. Francesco Ruffo 3;f|| Cecilia Gasdia è nel cast della «Carmen» che avrà come direttore d'orchestra il maestro Daniel Oren
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