Una suite per Parsifal

9k m GLI HOTEL LETTERARI. «Des Palmes» di Palermo: amori e delitti, spie e leggende Una suite per Parsifal F ATTI di sangue e storie romantiche, imbrogli politici e affari di cosche. Con la sua aria un po' fatiscente e delabré, con le sue vetrate liberty e gli stucchi dorati il Grand Hotel et des Palmes, nella sua vita più che centenaria, ne ha viste proprio di tutti i colori. Se ne sta come un vecchio signore blasonato, addormentato nel centro di Palermo. Il suo registro degli ospiti ha visto sfilare personaggi di ogni tipo, ma sempre eccellentissimi: da Francesco Crispi (che nel 1893 fece dell'albergo il quartier generale da cui diresse le operazioni contro le sommosse dei Fasci siciliani) agli scrittori del Gruppo '63 (che vi si riunirono per concertare l'assalto alla cittadella delle lettere); dal musicista Nikita Magaloff ai registi Marcel Carnet e Francis Ford Coppola (vi alloggiò, con il suo letto portato espressamente dall'America, mentre girava 11 Padrino e rimane ancora il ricordo delle sue libagioni), da Lucky Luciano a Charles Poletti, capo del Comando militare alleato in Italia. Molti tra i frequentatori dell'Hotel negli ultimi quarant'anni, sedotti da Toti Librizzi, storico barman de II Gattopardo, il caffè dell'albergo, sono stati indotti a disegnare uno schizzo: queste centinaia di disegni saranno a giorni esposti in una mostra nella hall, attorno al busto di Wagner, e raccolti in un catalogo con la prefazione di Roselina Salemi. Fu proprio il grande musicista tedesco uno dei primi a scoprire il fascino dell'ex casa InghamWithaker, trasformata in albergo nel 1874. In elegante mise da viaggio, con maniche a sbuffo e camicia col fiocco, arrivò a Palermo seguito dalla moglie. Cosima Liszt era molto più austera e di eleganza classica. La presenza di Wagner sollevò gli entusiasmi dei palermitani che si riversarono in piazza per acclamarlo. I coniugi furono ospitati nel salone grande dove si affacciavano due enormi camere da letto. Wagner, proprio alle Palme portò a termine il «Parsifal» su una spinetta andata poi perduta durante la seconda guerra mondiale. Durante il suo soggiorno venne a trovarlo - e a ritrarlo - il pittore Pierre-Auguste Renoir. Di altre visite la direzione dell'albergo preferirebbe non ricordare alcunché. Ad esempio, di quel cadavere precipitato nella fastosa Sala degli Specchi in una poltiglia di vetri e sangue e di cui non rimane che un orologio da polso di marca inglese. Lo conserva il cinquantenne signor Giovanni Di Carlo, «manutentore unico» ovvero l'aggiustatutto in servizio parmanente al Grand Hotel da quando era un ragazzino (soprannominato il «Topo d'albergo» per la sua conoscenza di tutti i cunicoli, le cantine, i ripostigli dell'albergo siciliano). Se la rammenta come se fosse ieri quella memorabile nottata del '61 quando lo sconosciuto rimase lì a penzolare sull'intelaiatura di ferro che sostiene il lucernaio sopra la Sala, orgoglio dell'Hotel. A raccogliere il corpo inerte, oltre a Di Carlo, c'erano due strani tipi, arrivati prima della polizia, i quali decretarono che quella massa informe era piombata sulle sedie e sui tavoli «ancora viva» e la portarono via di tutta fretta. L'«americano», in questo modo venne chiamato il defunto dal personale delle Palme, probabilmente un agente segreto venuto per spiare riunioni di mafia, cercando di sfuggire a qualcuno che era entrato nottetempo nella sua camera, aveva scavalcato la finestra che dava sulla Sala degli Specchi e aveva fatto un volo di parecchi metri. Il mistero di quella morte e dei solerti soccorritori non si è mai chiarito. Le indagini sono state tanto rapide e superficiali che non sono stati nemmeno ritirati gli effetti personali ed è rimasto l'orologio come un reperto mai schedato. Nella rete di corridoi delle Palme, le morti inquietanti sono state più d'una. Luglio è il mese più crudele nella storia dell'ai bergo: nella camera 224 - che mantiene in parte ancora oggi il massiccio mobilio del tempo - lo scrittore Raymond Roussel, autore di Locus solus, alle 10 del giorno antecedente la festa di Santa Rosalia, patrona di Palermo, il 14 luglio del 1933, fu trovato in un mare di tubetti di Rutonal, Declonol, Soneryl. Qualche giorno prima aveva chiesto al suo auti¬ sta, ottenendone un rifiuto, di tagliargli le vene. Ma poi fu rinvenuto senza vita, su due materassi buttati per terra, in camicia bianca e calze nere. Anche questo decesso fu lasciato nel vago e nell'incerto, con l'inchiesta aperta e chiusa in un sol giorno e con l'esclusione della «responsabilità di terzi». Quattro anni più tardi, ancora in luglio, una spia inglese chiamava invano soccorsi da una stanza del secondo piano: ma era agonizzante, aveva un coltello piantato nella schiena fino all'impugnatura. Meno oscuro il tuffo nel vuoto nella trafficata via Roma di un giovane studente :he, qualche tempo fa, ha scelto per suicidarsi proprio questo albergo-monumento. \, L'ultimo grido che ha risuonato a lungo tra i velluti e le moquettes un po' spennacchiate è molto meno drammatico degli altri. Il re dell'horror, Dario Argento, è rimasto prigioniero, per il blocco della serratura, nella suite numero quattro dai pesanti tendaggi: a liberarlo è intervenuto, come al solito, il «manutentore unico» delle Palme. Tra le vicende che hanno segnato la storia siciliana, se non italiana, e che hanno avuto come teatro il Grand Hotel, un posto particolare merita la cosiddetta «Beffa delle Palme» del 1960. Maturò proprio qui, nei salottini dell'albergo dove si aggirava Silvio Milazzo, fondatore dell'Unione Siciliana CristianoSociale, che si sforzava di tenere in piedi un governo regionale con un'anomala maggioranza comprendente neofascisti e comunisti. Milazzo, assieme al delfino Ludovico Corrao (attuale senatore progressista), s'incontrò segretamente nella stanza 129 con il dicci Carmelo Santalco, sindaco di Barcellona Pozzo di Gotto, per ottenerne l'appoggio comprandone il voto. La riunione, intorno al letto di Santalco, venne però clamorosamente denunciata da quest'ultimo l'indomani, a Palazzo dei Normanni, e la sua parola venne suffragata da testimonianze e registrazioni raccolte da agenti del Sifar che si erano per l'occasione travestiti da facchini e camerieri. L'albergo, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, divenne un crocevia frequentatissimo di politici locali e mafiosi. Per questi ultimi era di fatto riservato un tavolo speciale nella sala del caminetto. Lì si svolse, tra l'altro, nell'ottobre del 1957, la riunione segretissima dei boss italo-americani che decisero l'eliminazione di Albert Anastasia, prerequisito per controllare il traffico di droga. Arrivarono in massa i maggiori esponenti dell'onorata società, da Frank Ga rofalo a Santo Sorge, Genco Rus so, Vincenzo Rimi e Charles Orlando, che otto anni più tardi verrà arrestato nottetempo, durante una maxiretata antidroga proprio in una stanza delle Palme. L'albergo in quella circostanza pullulava di spie, microfoni distribuiti in tante camere, poliziotti travestiti. Al tavolo della sala caminetto, dove per decenni i capicosca hanno stabilito alleanze, fatto e disfatto governi, si sono seduti anche quasi tutti i maggiori uomini politici siciliani. Tra i frequentatori più assidui non sono mancati personaggi dalle discusse biografie come Lima, Gioia e Ciancimino. Ma questo viavai di boss, killer, spioni e politici corrotti non ha impedito che alcuni clienti del prestigioso albergo s'innamorassero del clima che si respirava tra quelle stanze, tanto da non volersene mai staccare. E' il caso di Agostino Fausto La Lumia di Renda, barone, nella cui mente folle era cresciuta la convinzione di essere stato concepito nella camera 124 dell'hotel. Proprio per questo, per quasi mezzo secolo, chiedeva sempre la stessa stanza dove celebrava singolari riti amatori, con candele attorno al letto e preghiere a profusione. Finché non venne dichiaralo pazzo e rinchiuso altrove. Un fascino speciale, evidentemente, l'hotel lo esercita sui baroni siciliani. Un altro fra essi, infatti, il barone Di Stefano, grande amico di Sciascia, Guttuso, ma anche di Lucky Luciano, oggi novantenne, da quarantanni alloggia nella stessa stanza, servito e riverito da un personale che lo considera e lo protegge come un monumento prezioso. Affezionatissima all'albergo anche, mutatis mutandis, la «principessa», una signorina in realtà senza quarti di nobilita, ma con una bellissima presenza. Anche lei abitava al Grand Hotel in pianta stabile, svolgendo la professione di «coperta», ponendosi cioè a disposizione, in tutti i sensi, dei clienti freddolosi e solitari. Una situazione che parve imbarazzante e infamante ad un direttore venuto da Varese che decise di far piazza pulita. Il signor Monti diede quindi il benservito alla «principessa». Ma la cosa finì in tribunale e la signorina vinse la causa (la Domenica del Corriere le dedicò una delle sue famose copertine). Il direttore, per l'umiliazione, sloggiò. Mirella Seni Una storia lunga 120 anni con Wagner il Gruppo 63 e i boss della mafia 9k mi chiarito. Le indagini sono state tanto rapide e superficiali che non sono stati nemmeno ritirati gli effetti personali ed è rimasto l'orologio come un reperto mai schedato. Nella rete di corridoi delle Palme, le morti inquietanti sono state più d'una. Luglio è il mese più crudele nella storia dell'ai yche giorno prima aveva chiesto al suo auti¬ pall'impugnatura. Meno oscuro il tuffo nel vuoto nella trafficata via Roma di un giovane studente :he, qualche tempo fa, ha scelto per suicidarsi proprio questo albergo-monumento. \, L'ultimo grido che Il barman Toti Librizzi coi disegni dei clienti, e alla sinistra la hall Richard Wagner; a sinistra, Francis Ford Coppola, qui sotto Raymond P.ùussel, suicida nell'albergo

Luoghi citati: America, Barcellona Pozzo Di Gotto, Italia, Lima, Milazzo, Palermo, Varese