Un grembo per riposarsi nella musica di Purcell

F B A R N U M LO SPETTACOLO DELLA SETTIMANA Un grembo per riposarsi nella musica di Purcell LA verità è che ad Alghero c'ero andato per vedere il cinema, e ad essere precisi una rassegna di film dedicata a uno di quei temi che se inizi a parlarne non finisci più: come si traduce un romanzo in film. Se si può, e come si fa, e quando è meglio il libro, e quando è meglio il film: con un po' di lubrificante alcolico ci puoi anche passare la nottata. Su uno schermo montato dentro una specie di forte hanno, tra l'altro, proiettato Dracula, quello di Coppola, dal libro (bellissimo) di Bram Stoker. Gran film: l'unico in cui siano riusciti a fare una scena che in un colpo solo è una scena di sesso, una scena di sangue e tu la vedi e ti commuovi. Cioè: l'unico a parte Duello al sole. Va be', c'ero andato per il cinema, però poi ho scoperto che mentre sullo schermo davano un altro libro-film [Il branco, una storia che ti toglie il fiato) a trecento metri da li, in una piazzetta di Alghero, succedeva una cosa da non crederci, e cioè rappresentavano il Didone e Enea ai Purcell. Così son salito per una stradina che rutilava negozi di coralli e pantofoline in sughero e sono arrivato nella piazzetta. Che roba. L'opera era già iniziata, tu arrivavi lì, ti fermavi dietro le transenne, ed entravi automaticamente in quella bolla di mondo altrove, un incantesimo, una cosa da realtà virtuale. Ha qualcosa, quella musica, che se ne frega del tempo, e dei secoli, che arriva da centinaia di anni fa e dopo due minuti è già lì per te, e quel che senti è che è come un grembo, il grembo che tu ti eri sempre sognato, un nido per qualsiasi tua stanchezza. E' una storia di dolore, lui che lascia lei, vecchia storia, l'amore che finisce, micidiale storia, ma quel che senti non è, propriamente, dolore, ma l'orma del dolore custodita come un gioiello in una teca di cristallo. La tragedia è presente, ma di una presenza che non è l'ovvio essere lì: una cosa più complicata, sublime: in un modo analogo sono pre- senti le persone che non ci sono più, negli oggetti che hanno lasciato dietro di sé. La poltrona del nonno che non c'è più, la camicia da notte di lei che se n'è andata senza svegliarti, quelle cose lì: ci sono e non ci sono più, simultaneamente, il nonno e lei, con una leggerezza... Non ci metti molto a pensare che è su quella musica che si dovrebbero ballare, sempre, le tragedie tutte, minuscolo e immense, tutte. Se solo si fosse capaci. Intorno, la piazza, era uno spettacolo. Qualche testa a spiare, dietro le persiane del terzo piano, il filo con la biancheria appesa, nella casa di fronte (mutande, calzini, un telo da mare con agghiaccianti crostacei occhialuti, altre mutande, finalmente i jeans), le finestre di fianco chiuse, illuminate dalla tristezza sconfinata di una luce al neon. Ogni tanto dalle vie laterali sbucavano quelli in motorino, ed era chiaro che non se l'aspettavano, si trovavano a tradimento, d'improvviso, in quella bolla di Paradiso e allora c'era quello che masticava un oh cazz... e metteva al minimo, e quello clie invece aveva la ragazza dietro e allora doveva fare il macho, per cui sghignazzando sgasava alla grande, mentre lei rideva ma diceva dai cosa fai, e loro non lo sanno, ma su quel palcoscenico stavano raccontando proprio la loro storia, non per portar sfiga, ma è probabile che poi finisca così, non c'è niente di male che finisca alla fine così, lui se ne andrà, o lei, qualcuno se ne andrà, e l'altro crederà di morire, certo sarà difficile che, comunque, trovi la forza e la bellezza, dentro di sé, per dire quel che dice Didone, alla fine, quando Enea è partito, e per lei tutto è finito, per sempre, e allora dice alla sua confidente e ancella una frase bellissima, che sarebbe bellissima anche se non ci fosse arrivata confezionata in una musica meravigliosa come quella che le trovò Purcell, una frase che in inglese fa Remember me but forget my fate, cantata come un lamento nobilissimo, lì nell'opera, e lento, se la traduci in italiano diventa Ricordati di me. ma dimentica il mio destino. Quella piazzetta, lo dico come post scriptum, era la piazzetta davanti al teatro. Un teatro piccolo ma elegante, è rimasto chiuso per anni, adesso finalmente l'hanno restaurato ed è lì, coi suoi palchi e la sua forma a ferro di ca- vallo, tutta in regola: però il Didone e Enea l'hanno fatto fuori, davanti, proprio davanti. Sono usciti dal teatro e hanno fatto il Paradiso in piazza. E allora ho pensato che ci avrei voluto portare Muti, in quella piazza. Avrebbe trovato da ridire sull'esecuzione, sicuramente, ma non è questo il punto. Avrei voluto che capisse quella cosa dell'uscire dal teatro e finire in mezzo alla vita qualunque. Non vorrei che si mettesse a fare i concerti davanti alla Scala, cerchiamo di capirci, sarebbe una fesseria. E' con la testa che bisogna uscire dai teatri. Starsene asserragliati in templi inaccessibili, murati vivi nel culto di un passato irrecuperabile, non è il modo migliore per difendere la cultura e la musica in questo Paese. E aspettarsi, restandosene arroccati lì, che ci pensi la tv, è sciocco. Qualcuno può anche venirti a salvare, naufrago nel mare della stupidità: ma se poi tu ti rifiuti di scendere dal tuo relitto, cos'altro si dovrebbe fare? Alessandro Ba ricco Enea e Didone nella piazzetta in mezzo al bucato Vorrei che anche Muti uscisse con la testa fuori dai teatri

Persone citate: Alessandro Ba, Bram Stoker, Coppola, Paradiso, Purcell

Luoghi citati: Alghero