Su quel «maestro» non cali il sipario

Su quel «maestro» non cali il sipario Lettera del Pannunzio a Castellani, a 10 anni dalla morte dello studioso Su quel «maestro» non cali il sipario «Caro sindaco non dimentichiamo Passerin D'Entréves» L'AMICO DI GOBETTI C»E' sempre un accorato ™ richiamo alla memoria «civile» negli inviti di Pier Franco Quaglieni, direttore del «Pannunzio» a «non dimenticare». Un richiamo che suona pressappoco come un «Non mollare»: ossia una preoccupazione a non disperdere il patrimonio di moralità che viene da uomini che hanno segnato la storia recente di Torino e d'Italia. L'ultimo appello al sindaco è di questi giorni. Una lettera con carta intestata: «Egregio professo Valentino Castellani...». Due cartelle scritte a macchina che invitano il Comune a ricordare ufficialmente, anzi a commemorare con forza, la figura di Alessandro Passerin d'Entrevès, scomparso dieci anni fa. «Una figura di spicco della cultura subalpina, uno dei pochi veri maestri e studiosi di rilevanza davvero internazionale che abbia avuto Torino negli ultimi cin- quant'anni». Vita intonsa quella del docente valdostano che ha onorato con l'esempio e gli studi la nostra Università e con tanti suoi saggi di limpida scrittura il nostro giornale di cui ò stato a lungo collaboratore. Uomo indipendente, cultura liberal-democratica. Ventenne si laureò nel 1922, lo stesso anno in cui anche Gobetti conseguì la laurea. Nomi noti nella cultura torinese: Passerin d'Entrevès, Umberto Morra di Lavriano, Guglielmo Alberti. Nell'intreccio dei loro epistolari, degli scambi di visite, di incontri ora dall'uno ora dall'altro sollecitati, si possono leggere parecchi decenni di accadimenti, in un'Italia diversa da quella ufficiale. Ci sono i segni, in filigrana, di una precocissima avversione al regime fascista e di un modo comune di raccordarsi anche a livello internazionale con gli ambienti più vivi della cultura democratica. Non stupisce di trovare, appena chiusa la parentesi bellica, Alessandro Passerin d'Entrèves prefetto di Aosta difensore con l'amico e compagno di studi Federico Chabod, dell'autonomia della Valle dai tentativi di annessione da parte della Francia. Ma, come ricorda Norberto Bobbio, «la politica non era la sua vocazione» Tornò ai libri, alla ricerca: fu chiamato a ricoprire la cattedra di «studi italiani» a Oxford. Nel '57 rientrò a Torino per insegnare dottrina dello Stato e poi filosofia della politica. Fu preside della facoltà di Scienze politiche negli anni caldi della contestazione studentestesca, dal '69 al '72: molti suoi allievi lo ricordano sereno e deciso, nei momenti cruciali, a far prevalere sempre le ragioni dell'intelligenza e della cultura sulla volgarità della violenza, foss'anche soltanto verbale. Visse a lungo nella bella casa di via ai Ronchi a Cavoretto, tormentato alla fine dalla cecità e dalla quasi immobilità, lui che amava le passeggiate e le escursioni in montagna, lui divoratore di libri. Ha ragione Quaglieni a chiedere che il Comune di Torino non dimentichi questo testimone di civiltà. [p. p. b.] Alessandro Passerin d'Entrèves

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