La mina-Bosnia a Palazzo Chigi

Si decide la linea per il vertice di Londra. L'opzione militare massima: duemila volontari Si decide la linea per il vertice di Londra. L'opzione militare massima: duemila volontari La mina-Bosnia a Palazzo Chigi Cresce il partito interventista, ma il governo frena ROMA. E' una vera e propria lezione di strategia militare quella che Lamberto Dini ha ricevuto ieri dal ministro della Difesa Domenico Corcione, dal capo di Stato maggiore Guido Venturoni e dal segretario generale della Farnesina Ferdinando Salleo, in vista del Consiglio dei ministri convocato per stamane alle dieci. Nella riunione di oggi il presidente del Consiglio dovrà fissare l'orientamento che il governo italiano terrà al vertice di Londra venerdì, cui parteciperanno i Paesi del Gruppo di contatto (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Russia) con l'aggiunta di Italia e Olanda. Al di là degli aspetti militari, Dini dovrà tener conto del clima politico: un'ondata «interventista» si è abbatutta su Palazzo Chigi in queste ore. Tutti i partiti politici, ad eccezione dei verdi e di Rifondazione comunista, spingono perché l'Italia partecipi, anche militarmente, alla risposta della comunità internazionale ai crimini dei serbo-bosniaci. E le pressioni del Parlamento promettono di diventare sempre più forti nelle pressine 48 ore. Alleanza nazionale e altri membri del Polo chiedono con urgenza un dibattito in aula mentre già oggi si riuniscono al Senato in sessione congiunta le commissioni Esteri e Difesa. In tutto questo, Dini si trova a dover smussare i contrasti emer¬ si a Buenos Aires tra il suo ministro degli Esteri Susanna Agnelli, più favorevole a proseguire sulla via negoziale, e il presidente Scalfaro, che invece appare decisamente più interventista. Tanto che ieri fonti di Palazzo Chigi hanno voluto sottolineare la «piena sintonia» di vedute tra Dini e Scalfaro. Il compito del presidente del Consiglio, che si trova a gestire una crisi dagli esiti imprevedibili pur essendo sulla carta il capo di un governo puramente tecnico, è particolarmente arduo perché a fronte di pressioni politiche sempre più forti in favore di un intervento, le opzioni militari per l'Italia rimangono comunque estremamente esigue. Non solo: fino a questo momento la comunità internazionale non ha indicato di volere una partecipazione italiana. Fino a qualche giorno fa le ipotesi circa una possibile partecipazione militare dell'Italia si limitavano ad un appoggio aeronavale e dell'eventuale utilizzazione della brigata Garibaldi. «La situazione è ora drasticamente cambiata dopo l'occupazione delle due enclaves protette», ricorda il sottosegretario alla Difesa Carlo Maria Santoro. «Tutti i piani elaborati finora sono saltati». Qualora dal vertice di Londra emergesse la decisione di reagire ai serbo-bosniaci di Karadzic, assicurando la protezione dell'enclave di Gorazde e il passaggio di aiuti umanitari verso Sarajevo, quali opzioni realistiche esistono per l'Italia? Rimane in piedi la possibilità di schierare i duemila bersaglieri della brigata Garibaldi, tutti volontari ben addestrati, secondo fonti della Difesa, e che rappresentano quanto di meglio l'Eser¬ cito è in grado di offrire in questo momento. Questo contingente italiano potrebbe, in linea di principio, essere integrato alla fòrza di rapido impiego franco-anglo-olandese in tempi rapidi. Questa ipotesi, del resto, ha già il sostegno del pds (vedi la proposta Fassino che i quindici Paesi più ricchi inviino ognuno duemila uomini). «Bisogna fare in modo chi. questa forza prevalentemente francese - aggiunge Gian Giacomo Migone, presidente della Commissione Esteri del Senato - «di¬ venti una cosa europea, alla qua le l'Italia possa partecipare». I militari, tuttavia, non incoraggiano un intervento militare diretto dell'Italia. E continuano a prediligere un'altra via: appoggio, attraverso l'uso delle nostre basi, di una più intensa campagna aerea contro i serbi di Bosnia guidata dagli Stati Uniti. >3 Andrea di Robilant Consiglio, che si trova a gestire una crisi dagli esiti imprevedibili pur essendo sulla carta il capo di un governo puramente tecnico, è particolarmente arduo perché a fronte di pressioni politiche sempre più forti in favore di un intervento, le opzioni militari per l'Italia rimangono comunque pazione militare dellItalia si limitavano ad un appoggio aeronavale e dell'eventuale utilizzazione della brigata Garibaldi. «La situazione è ora drasticamente cambiata dopo l'occupazione delle due enclaves protette», ricorda il sottosegretario alla Difesa Carlo Maria Santoro. «Tutti i aiuti umanitari verso Sarajevo, quali opzioni realistiche esistono per l'Italia? Rimane in piedi la possibilità di schierare i duemila bersaglieri della brigata Garibaldi, tutti volontari ben addestrati, secondo fonti della Difesa, e che rappresentano quanto di meglio l'Eser¬ tesi, del resto, ha già il sostegno del pds (vedi la proposta Fassino che i quindici Paesi più ricchi inviino ognuno duemila uomini). «Bisogna fare in modo chi. questa forza prevalentemente francese - aggiunge Gian Giacomo Migone, presidente della Commissione Esteri del Senato - «di¬ basi, di una più intensa campagna aerea contro i serbi di Bosnia guidata dagli Stati Uniti. >3 Andrea di Robilant «Nessun impegno prima di aver sentito le Camere» Dini: con le armate non si risolve nulla«Siamo pronti agli aiuti umanitari e al negoziato»Lamberto Dini A lato, Scalfaro prenderà nessun impegno di nessun tipo se non dopo aver sentito le Camere»!' Ma com'è possibile che in un quadro così incerto l'unica cosa certa sia l'inopportunità di mandare l'esercito? «Veda, ci sono cose su cui non tutti riflettono. Per esempio: non riusciamo a far pervenire a quelle popolazioni neanche gli aiuti umanitari, perché non c'è accesso. E' impossibile mandare gli aerei, perché sparano sugli aerei, quindi non c'è accesso agli aeroporti, a meno che non sia concordato con le forze del posto. Quindi è una situazione terribilmente complessa e difficile. Le ripeto: dobbiamo mantenere la Berlusconi: è ore di agire E Fini si schiera al suo fianco Contrari solo Verdi e Rifondazione ROMA. All'improvviso l'Italia si è resa conto della gravità del problema Bosnia. F. ora, anche la destra è per l'intervento. Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini hanno fatto la loro scelta e sono scesi in campo con fermezza a favore di un intervento portunità di un intervento armaimmediato di un gontigonlc formto da 2000 uomini ciascuno perquindici Paesi più industrializzaIeri Veltroni aggiungeva: «Nopossiamo continuare a guardacome se fosse un film. E' una spir «Nessun impegno prima di aver sentito le Camere»