Lina le mie emozioni da buttare di Simonetta Robiony

La Sastri si confessa, «non ho mai saputo sfruttare le intuizioni che ho» La Sastri si confessa, «non ho mai saputo sfruttare le intuizioni che ho» Lina: le mie emozioni, da buttare Dopo il film «Celluloide» di Lizzani reciterà in teatro Gilda Mignonette ROMA. Le riprese del film di Lizzani su «Roma città aperta» sono appena finite: da poche ore Lina Sastri ha smesso i panni di Anna Magnani e ha cominciato a pensare a quando, la primavera prossima, prenderà quelli di Gilda Mignonette, in una commedia musicale che Armando Pugliese sta ancora scrivendo. Strano. La storia di Anna Magnani comincia proprio dove finisce quella di Gilda Mignonette: l'Italia del dopoguerra, gli americani che vanno e vengono, la miseria, le speranze, la morte. Gilda Mignonette, la Regina degli Emigranti, una sciantosa napoletana arricchitasi in America tra le due guerre, muore infatti sulla nave dove ha caricato marito, valigie, la carrozzella su cui è finita paralizzata e la Rolls-Royce, proprio in vista di quella Napoli appena liberata dagli alleati. Anna Magnani, fino a quel momento attrice di rivista, viene trasformata nella più famosa maschera di tragica umanità che il nostro cinema abbia mai prodotto, grazie al sodalizio con Rossellini cominciato proprio in quel periodo. Una coincidenza? Lina' Sastri sostiene di sì. Anzi. Di non averci neanche pensato. Come non ha pensato al fatto che per la prima volta nella sua carriera interpreta due donne prese dalla vita, di carne ed ossa, e non personaggi inventati dagli sceneggiatori. Per di più donne di spettacolo tutte e due, e di gran temperamento. «E' che ce l'ho dentro da tanto tempo queste storie, che non avevo fatto caso alle coicidenze. Ad Anna Magnani, me lo ricordo benissimo, devo la mia prima apparizione televisiva: mi chiamarono all'ultimo momen- to in uno spettacolo che la celebrava dove io cantai, e non l'avevo mai fatto in pubblico, una canzone napoletana, "Reginella", la stessa che poi canto anche in questo "Celluloide" di Lizzani. Gilda Mignonette, invece, saranno sei sette anni che la propongo ai produttori per farne un film perché sono convinta che, proprio grazie alle canzoni napoletane, potrebbe diventare un successo internazionale. Ma un film in costume costa e poi nessuno mi crede, allora la faccio in teatro e non ci pensiamo più». Attrice d'istinto più che di scuola, occhi di carbone acceso ma fisico inconsistente, Lina Sastri attraversa da anni il mondo dello spettacolo italiano senza una caratterizzazione precisa: fa teatro, e in teatro fa i classici, ma lo fa a modo suo. Fa cinema, da «Mi manda Pico- ne» a «Piccoli equivoci», ma anche questo lo fa come vuole lei. Canta, ed è andata perfino a Sanremo, ma certamente non è una cantante. Si definisce un'artista, ma si tormenta per non esser capace di portare fino in fondo la sua vocazione. Colpa dell'impossibilità, sostiene, di separare la vita privata, e quindi il cuore, da quella professionale, che è la carriera e il denaro. L'anno scorso, racconta, aveva pensato addirittura di smettere. Poi, invece, ha sposato il ballerino argentino Ruben Celberti e la sua casa è piena di fotografie del loro matrimonio con lei col velo bianco che lo bacia appassionatamente. Il cinema l'ha rivoluta al suo posto e tra pochi giorni comincia a girare «Vite strozzate» di Ricky Tognazzi in cui è biondo platino, fa la parte di una strozzina e ha un nome maschile: Sauro. Infine si prepara a incidere un nuovo disco di canzoni napoletane che dovrebbe registrare a ottobre, se la convincono gli arrangiamenti. «Io lo so che tutti portiamo davanti il nostro bancariello e ognuno di noi, sul bancariello suo, ci mette quello che ha da vendere: la testa, il culo, i soldi, il potere, la tecnica. Io, sul bancariello mio, ci ho messo le emozioni, ma mi pare che non si vedono, che non sono abbastanza illuminate, che non piacciono più a nessuno queste belle emozioni mie». Perché? «E che ne so? E' come se non sapessi sfruttare le intuizioni che ho. La canzone napoletana antica? L'ho riproposta tanti anni fa, quando sembrava che non importasse più a nessuno, poi è arrivato Arbore e l'ha rilanciata in tutto il mondo. Nanni Moretti? In "Ecce bom- bo" facevo la schizofrenica, quella che quando cominciava a parlare spegnevano la luce, ma sono l'unica attrice a non essere entrata nel suo gruppo di amici fidati. La sottoveste? Per tanto tempo, al posto del vestito da sera, in palcoscenico mi sono ostinata a mettere la sottoveste, ma solo mò che l'hanno detto gli stilisti è diventata di moda e se la mettono tutte. E' che io mi butto a testa bassa nelle cose ma poi non le so utilizzare». Adesso però il cinema le ha offerto la grande occasione di riportare sullo schermo un mito come Anna Magnani. «E ho accettato subito perché era un onore. Ma il film non è su Anna Magnani: è su Rossellini e Sergio Amidei, cioè su Massimo Ghini e Giancarlo Giannini. E poi come la fai 'sta Magnani? Copi il suo modo di recitare? Ma quello non era il suo modo di essere nella vita, e comunque non so copiare. Ti metti a fare la romana? Io sono napoletana: non mi viene. La fai da dentro, prendendone lo spirito di libertà? Ma allora faccio quello che sono io, senza essere però né lei né me». Quante complicazioni, signora Sastri. Comunque, com'è finita? «E' finita che ho fatto quel che ho potuto. Con umiltà. Tanto quando fai un mito, non puoi avere successo: è sempre meglio lei di te. Fai Marilyn? Fai la Piaf? Fai la Duse? Ma che speranza hai di essere più bella, più affascinante, più brava di loro? Nessuna. Perciò mi sono data pace». Simonetta Robiony Dal canto al cinema con il tormento di troppe vocazioni non approfondite Sarà un'usuraia bionda e cattiva in «Vite strozzate» di Ricky Tognazzi ! I . L'attrice Lina Sastri in un momento della lavorazione del film, con il regista Carlo Lizzani

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