«Un uomo dei boss a capo delle assise»

É ReSSi° Calabria, presiedeva i processi Ligato e Scopelliti. Le accuse: «Favorì i mafiosi in carcere» ReSSi° Calabria, presiedeva i processi Ligato e Scopelliti. Le accuse: «Favorì i mafiosi in carcere» «Un uomo dei boss a capo delle assise» Giudice in cella dopo le rivelazioni di tre pentiti REGGIO CALABRIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE In principio era lo champagne, a fiumi, che correva nelle celle di quello che, a Reggio Calabria, tutti chiamavano, ma sottovoce, «l'albergo di via San Pietro», il carcere dove i personaggi piii in vista della 'ndrangheta reggina passavano le loro giornate. Quel carcere che, ieri mattina, ha aperto le sue porte nientemeno che al presidente di una delle sezioni di corte d'assise di Reggio Calabria, Giacomo Foti. L'accusa è pesante, collusione con la mafia. Con lui sono finiti in galera altri due personaggi affatto marginali, Raffaele Barcella, che del reclusorio reggino è stato agli inizi degli Anni Ottanta direttore, e Antonino D'Agostino, costruttore tra i più noti della Calabria. Per i giudici della direzione antimafia di Messina (competente per ciò che riguarda i magistrati reggini), il presidente di sezione di corte d'assise, il direttore del carcere e il costruttore sono sempre più coinvolti in quella che nel 1986 fu chiamata «carceri e champagne»: un'inchiesta condotta a Reggio Calabria. Allora finì in carcere, insieme con molti dei suoi più stretti collaboratori - tra sottufficiali e agenti della polizia peniten¬ ziaria - il direttore Barcella, accusato d'aver creato nel reclusorio un «buen retiro», dove gli uomini dell'allora cosca De Stefano più che espiare pene attendevano tra lauti pranzi ed altre amenità del genere il processo o la scarcerazione. Fu un'inchiesta che doveva, ma non riuscì, far luce su una serie di episodi. Tra essi anche l'uccisione di un sottufficiale delle guardie carcerarie, il maresciallo Filippo Sansone, assassinato in un agguato di chiare modalità mafiose con il quale, si disse, si volle chiudere la bocca a un uomo che intendeva ribellarsi al sistema di illegalità. Ma il carcere di Reggio Calabria, secondo l'inchiesta che ha portato ieri all'arresto di Foti e degli altri, era anche un «serbatoio» di manodopera alla quale D'Agostino, da imprenditore, attingeva quando doveva eseguire dei lavori edili. L'accusa in breve è quella che Foti, all'epoca e lino al 1987 giudice di sorveglianza, avesse stretto un patto di ferro con Barcella e D'Agostino per fornire a quest'ultimo manodopera a buon mercato, oltreché per favorire alcuni reclusi con permessi e licenze. Manodopera da impiegare in opere edilizie tra le quali anche quella relativa alla realizzazione del «Bonetti Park», un residence a Condofuri - sullo Jonio reggino - su un terreno, guarda caso, di proprietà del giudice Foti. Un mecca¬ nismo ben oliato, che portava intuibili benefici a tutti. A cominciare da Barcella, ineffabile direttore di un carcere-macchietta. Il processo per i fatti del 1986 a distanza di più di un decennio non si è ancora definito. Anzi, prosegue stancamente e proprio nelle scorse settimane è stato aggiornato per riscontrare le dichiarazioni di alcuni pentiti (tra i quali Giacomo Lauro) che hanno portato nuova linfa alle indagini su Foti e sul suo passato di giudice di sorveglianza. Le voci che pure circolavano non hanno corto bloccato Foti che è stato chiamato alla presidenza di una sezione d'Assise e s'è visto assegnare processi di primo piano, come quelli per l'uccisione del giudice Antonino Scopelliti e dell'ex presidente delle Ferrovie dello Stato, Lodovico Ligato. Lo stesso si può diro per Raffaele Barcella, sul quale l'arresto e le infamanti accuse lanciategli contro sono scivolate come gocce d'acqua su un cristallo. Reintegrato in servizio, ha fatto suo il detto che fa passare una rimozione per promozione. Barcella, dopo la scarcerazione e pochi anni di purgatorio, era fino a ieri responsabile dell'edilizia carceraria del Veneto. Diego Minuti É

Luoghi citati: Calabria, Condofuri, Messina, Reggio Calabria, Veneto